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  1. DIVINA COMMEDIA DI NAGAI E DI DANTE: PURGATORIO, CANTO 23

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    Divina Commedia
    By joe 7 il 25 Feb. 2023
     
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    PURGATORIO CANTO 23 - SESTA CORNICE: GOLOSI - FORESE DONATI
    (primo post: qui; precedente post: qui)

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    Dante incontra Forese Donati, suo amico e rivale nella poesia, tra le anime purganti dei golosi, che sono incredibilmente rinsecchite e scheletriche.


    Dante, appena entrato nella VI Cornice, quella dei Golosi, guarda con curiosità le fronde dell'albero, i cui frutti le anime dei golosi non possono toccare. Virgilio lo avverte che il tempo che Dio dà ad ogni persona non può essere perduto in futilità come guardare le foglie ed è necessario andare avanti, senza indugiare. Il poeta segue il maestro e Stazio, che parlano tra di loro, finché sente delle anime che cantano, piangendo, il Salmo Labia mea, Domine1 in modo tale che fa venire a Dante e agli altri sia gioia che dolore. Chiede a Virgilio chi siano, e lui risponde che dovrebbero essere delle anime di penitenti.

    Poco dopo, i tre sono raggiunti da queste anime, che procedono spedite e li guardano sorprese, senza però fermarsi. Ciascuno di loro ha gli occhi scuri e incavati; i loro volti sono pallidi e scavati, a tal punto che la pelle aderisce tutta alle ossa del cranio. Nemmeno Erisìttone2 dimagrì così tanto. L'aspetto spaventosamente magro delle anime fa venire in mente a Dante la terribile storia di Maria di Eleazaro: durante l'assedio a Gerusalemme dell'imperatore romano Tito, gli ebrei della città non ebbero più cibo e accaddero fatti di cannibalismo: come quello, appunto, di Maria di Eleazaro, che divorò il proprio figlio.

    Il loro volto è così smunto che, con gli occhi, il naso e le sopracciglia, sembra di leggervi la parola OMO, formata dalla linea dei sopraccigli e del naso (la M maiuscola gotica) e dagli occhi (le due O che spesso venivano scritte negli spazi interni della M). Dante è sorpreso nel vedere che il profumo dei frutti, che pendono dall'albero, e dell'acqua, possano provocare quell'effetto così smunto in loro.

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    La "M" maiuscola gotica. Con un pò di immaginazione, la si può vedere nei volti dei penitenti, secondo Dante, rappresentata dalle sopracciglia, dal naso e dalle ombre ai lati degli occhi, coi due occhi che indicano due "O". Da qui la scritta sovrapposta "OMO".



    INCONTRO COL POETA FORESE DONATI

    Mentre Dante si chiede quale sia la causa della magrezza delle anime, una di queste fissa il poeta con degli occhi che, per la magrezza del viso, sporgono dal cranio, e dice felice: "Ma che grazia è mai questa per me?". Dante non lo avrebbe mai riconosciuto dall'aspetto, ma la sua voce gli fa capire subito che quel penitente, benché irriconoscibile in volto, è l'amico Forese Donati, poeta anche lui e cugino di Gemma Donati, che era la moglie di Dante.

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    Dante parla col Donati.


    Egli prega il poeta di non badare al suo aspetto stravolto, ma di spiegargli piuttosto le ragioni della sua presenza lì e chi sono le due anime che lo accompagnano. Prima di rispondergli, Dante gli dice che il suo volto, così scavato, lo induce a piangere non meno di quando vide il viso di Donati al momento della morte. Gli chiede la ragione per cui essi sono così smagriti. Infatti, chi è incuriosito per un altro motivo, risponde malvolentieri alle domande: perciò, solo dopo aver soddisfatto questa sua curiosità, egli potrà rispondere alla domanda dell'amico. Il Donati spiega che l'albero posto nella Cornice e l'acqua che sgorga dalla roccia hanno il potere di renderli magri fino all'estremo, scontando il peccato di gola. Infatti, il profumo dei frutti e la freschezza dell'acqua li tormentano con grande fame e sete, una pena che è più volte ripetuta nel girare intorno alla Cornice. Gli stessi penitenti, però, hanno desiderio di soffrire proprio come Cristo, quando fu posto sulla croce e disse "Elì", versando il Suo sangue per noi.3

    ESALTAZIONE DI NELLA; CONDANNA DELLE DONNE DI FIRENZE

    Donne
    Le donne medievali. Il Medioevo era stato un periodo che, essendo cristiano e religioso, amava la luce: per questo i colori dei vestiti erano sempre sgargianti, a differenza dei vestiti dai colori piuttosto tetri che noi indossiamo oggi.


    Dante ricorda che la morte di Forese è avvenuta meno di cinque anni prima, per cui, dal momento che l'amico peccò fino all'ultima ora e si pentì solo in punto di morte, non comprende come mai si trovi già in questa Cornice e non nell'Antipurgatorio, dove ci sono i penitenti dell'ultima ora. Donati spiega che ciò è stato possibile grazie a sua moglie Nella, che, dopo la sua morte, ha rivolto le sue preghiere a Dio e gli ha permesso di salire direttamente alla Sesta Cornice, senza neppure trattenersi nelle altre. Nella è molto cara a Dio, continua il Donati, visto che a Firenze lei è ormai la sola donna che si comporti rettamente. Le donne fiorentine, infatti, sono ormai dedite a pratiche disoneste, tanto da essere peggiori delle donne della Barbagia (è una regione centrale della Sardegna, famosa per l'arretratezza dei costumi) e in futuro la stessa Chiesa dovrà proibire loro esplicitamente di andare in giro a seno scoperto.

    Quali donne, barbare o saracene, continua il Donati, ebbero mai bisogno di un simile divieto? Ma se le Fiorentine sapessero cosa le attende, comincerebbero già a urlare: infatti il Donati prevede che su di loro si abbatterà un terribile castigo nel giro di pochi anni: gli anni necessari perchè ai neonati alla fine crescano i peli della barba (quindi circa dodici-quindici anni, quelli in cui i neonati iniziano ad essere adulti coi primi peli). Tuttavia, non si sa di preciso di che "castigo" parli il Donati.

    A questo punto, Donati ha finito di rispondere a Dante e gli chiede di nuovo il motivo della sua presenza e l'identità di chi lo accompagna, per soddisfare non solo la sua curiosità, ma anche quella di tutti gli altri penitenti, che lo osservano stupiti.

    DANTE PRESENTA VIRGILIO E STAZIO

    Dante risponde a Donati, commentando che, se il suo amico dovesse ripensare allo stile di vita da loro tenuto negli ultimi anni, questo dovrebbe farlo rammaricare non poco. Tuttavia, continua il poeta, pochi giorni prima, Virgilio lo aveva tratto dalla sua vita peccaminosa, quando in cielo c'era la luna piena, e lo ha condotto, con il suo corpo in carne e ossa, attraverso l'Inferno, dove ci sono i "veri morti", cioè i dannati. In seguito, Virgilio lo ha guidato su per la montagna del Purgatorio, "che drizza voi che ‘l mondo fece torti", cioè "che purifica voi che il mondo fece deviare". Virgilio gli ha anche promesso di fargli da scorta, fino al momento in cui lo affiderà a Beatrice, che gli subentrerà nel ruolo di guida e lo sostituirà. Dopo la presentazione, Dante indica a Donati e agli altri il suo maestro e ne dichiara il nome, poi presenta Stazio, spiegando che è lui quel penitente che, poco prima, ha terminato la sua espiazione e per il quale il monte era stato scosso dal terremoto.

    COMMENTO

    Ora la riflessione è passata dalla letteratura antica (i poemi epici di Stazio e di Virgilio) a quella contemporanea a Dante, in particolare quella comico–realistica. Lo stesso poeta fiorentino si era cimentato in componimenti giocosi, come nella tenzone con il senese Cecco Angiolieri (suo antagonista) o in quella con Forese Donati, suo amico e parente acquisito. Il Donati è il primo di una serie di poeti che Dante incontrerà nei Canti successivi. Le parole di elogio che Dante mette in bocca a Donati sulla sua vedova sono una sorta di ritrattazione delle ingiurie che Dante, in passato, aveva rivolto verso il Donati nella sua "Tenzone", specie nel sonetto: "Chi udisse tossir la malfatata", dove Dante insinuava che la moglie di Forese giaceva sola nel letto, trascurata dal marito, che si dedicava ad altre relazioni, o all'arte del rubare, tanto che la donna, quindi, restando sempre sola a letto, era sempre raffreddata.

    Non è solo una riparazione che Dante fa alla memoria dell'amico defunto e a Nella, ma è soprattutto un ripensamento di quella stagione di poesia comica che Dante aveva vissuto negli anni seguenti la morte di Beatrice e di cui Donati era stato, in parte, protagonista. La "Tenzone" era un aspetto di un più generale traviamento morale di Dante, che egli qui rievoca anche nelle successive parole all'amico, quando gli ricorda il loro stile di vita disordinato e gaudente, che poteva costare la dannazione e dal quale lo ha tratto, pochi giorni prima, quel Virgilio che presenta poi al Donati e alle altre anime, curiose di vederlo lì. Dante allude certamente agli amori sensuali e disordinati, di cui forse anche le "Rime petrose", un'altra sua opera minore, sono una testimonianza e che gli saranno rimproverati da Beatrice nel loro incontro futuro.

    Ma forse Dante si riferisce anche a quel peccato di natura intellettuale, che commise nell'affidarsi solo allo studio della filosofia, a scapito della teologia rivelata, per cui il superamento della poesia comica è anche il riconoscimento della pericolosità sul piano morale di quella fase, come dimostra il fatto che qui si dice chiaramente che Virgilio (che simboleggia la ragione naturale) lo conduce a Beatrice (che simboleggia la teologia), la sola in grado di fargli completare il viaggio ultraterreno.

    La polemica di Dante contro il declino dei costumi è parte della condanna politica di Firenze che già ha pronunciato nell'invettiva all'Italia del Canto VI e sarà lo stesso Donati a tornare sull'argomento nel Canto seguente.

    Rime
    "Le Rime" di Dante, l'opera a cui si fa riferimento qui. Ovviamente furono scritte prima della Commedia.


    IL DANTE DI NAGAI

    Non ci sono cambiamenti sostanziali, solo si notano due osservazioni che Nagai mette in bocca a Dante. La prima è questa:

    "Anche se si è morti, rimane sempre un legame con i propri cari ancora vivi"

    Dante lo dice in riferimento alle preghiere che Nella, la moglie di Donati, aveva fatto per il marito. Non c'è nulla di male in questa frase: però bisogna specificare che questo "legame" non c'è "sempre", come dice il Dante di Nagai: infatti, se l'anima è dannata, non ci sono più legami e ogni preghiera per i dannati è inutile (gli stessi dannati non la vorrebbero, tra l'altro). La seconda osservazione del Dante nagaiano è la seguente, che lui rivolge al Donati:

    "Fà presto a finire di purificarti, anche per dimostrare la gratitudine a quanti ti volevano bene e hanno pregato per te."

    "Fà presto", che senso ha questa esortazione? Che tra l'altro, il Dante della Commedia non dice mai al Donati? Come se si dovesse raggiungere il Paradiso grazie ai propri sforzi, e non grazie alla misericordia di Dio. Siamo sempre lì, al livello degli sforzi umani. Ancora una volta, Dio è stato messo in disparte. Il Donati non ha bisogno di sforzarsi, visto che vuole andare in Paradiso, quindi si impegna già. Ma questo non dipende dai suoi sforzi, per quanto grandi siano, ma dalla grazia di Dio. Lui resterà ad espiare, fino a quando Dio non dirà che il suo peccato è stato espiato. In Nagai è assente la visione di Dante, che è teocentrica (cioè in cui al centro di tutto c'è Dio).

    BIBLIOGRAFIA

    https://divinacommedia.weebly.com/purgator...anto-xxiii.html

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    1 "Labia mea, Domine": è il passo 17 del salmo 51 (50), che dice: "Domine, labia mea aperies / et os meum annuntiabit laudem tuam", cioè: "Signore, apri le mie labbra / e la mia bocca annuncerà la tua lode". Ai tempi di Dante, era un passo molto conosciuto, perchè lo si diceva nella Quaresima come espressione di penitenza; inoltre, ad ogni ora, nella liturgia questo versetto era ripetuto. Dante fa dire questo alle anime purganti che hanno peccato di gola, perchè così chiedono a Dio di aprire la loro bocca, che avevano usata smodatamente in vita solo per il cibo, perchè la usino solo per annunciare le Sue lodi.

    2 Erisìttone: re di Tessaglia, era empio e violento: aveva oltraggiato la dea Cerere (o Demetra), distruggendo il bosco sacro dedicato a lei, per farne una sala da pranzo. Fu condannato dalla dea a una fame perpetua che lo consumò. Alla fine, per placare la sua fame, divorò se stesso.

    3 Il riferimento è alle parole di Gesù sulla croce, quando disse: "Elì, Elì, lemà sabactani?" cioè: "Mio Dio, Mio Dio, perchè mi hai abbandonato?"

    (Continua qui)

    QUI TUTTI I LINK SULL'ANALISI SU DANTE

    Edited by joe 7 - 4/3/2023, 16:40
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    Questo canto é uno dei pochi che ricordo del purgatorio; tra l'altro, ho sempre pensato (e sperato) che sarei finito qui, visto che un po' il vizio della gola.
    Da piccolo immaginavo quali personaggi immaginari sarebbero finiti nei vari canti: qui ci vedrei
    bene Cico, che sebbene goloso é una brava persona, mentre Poldo Sbaffini lo vedrei meglio nell'inferno, vista la sua scarsa moralità.
     
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    CITAZIONE (Andrea Michielon @ 25/2/2023, 17:42) 
    Questo canto é uno dei pochi che ricordo del purgatorio; tra l'altro, ho sempre pensato (e sperato) che sarei finito qui, visto che un po' il vizio della gola.
    Da piccolo immaginavo quali personaggi immaginari sarebbero finiti nei vari canti: qui ci vedrei bene Cico, che sebbene goloso é una brava persona, mentre Poldo Sbaffini lo vedrei meglio nell'inferno, vista la sua scarsa moralità.

    Mah, chi può dirlo? Poldo non mi sembra tipo da finire all'Inferno, comunque.

    A scuola il Purgatorio l'abbiamo praticamente saltato, quindi non ricordo nulla: la Divina Commedia è stata solo accennata, con qualche canto principale, credo soprattutto dell'Inferno. Ma riscoprirla oggi mi ha fatto piacere, visto che, grazie a Nagai e a diverse fonti bibliografiche, posso fare adesso un approfondimento come quello che avrei voluto sentire allora. Così, sto un pò insegnando a me stesso. Se poi il lavoro piace anche a qualcun altro, questo mi fa piacere.
     
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    molto bello questo canto che hai trattato. interessante il riferimento personale a Dante ed al periodo in cui si dedicava alle poesie assieme al suo parente.
    complimenti per la trattazione
     
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    CITAZIONE (ironmaiden @ 27/2/2023, 11:11) 
    molto bello questo canto che hai trattato. interessante il riferimento personale a Dante ed al periodo in cui si dedicava alle poesie assieme al suo parente. Complimenti per la trattazione

    Sono io il primo ad essere sorpreso da Dante, ogni volta che scrivo questi post: analizzandolo e confrontandolo col manga di Nagai, vedo quanto la Divina Commedia sia un'opera davvero unica, ancora più di un capolavoro. Mi sembra impossibile che un uomo, per quanto di talento, sia stato capace di realizzarlo, come per esempio le poesie di Leopardi, che pure sono immense. Qui si tratta non solo di talento, ma anche di ispirazioni uniche, come quelle dei profeti. La Commedia non è un'opera come le altre, e non per niente a Dante hanno dato l'appellativo di "Il Poeta": come per dire che è impossibile andare oltre.

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