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  1. DIVINA COMMEDIA DI NAGAI E DI DANTE: PURGATORIO, CANTO 20 (seconda parte)

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    Divina Commedia
    By joe 7 il 4 Feb. 2023
     
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    PURGATORIO CANTO 20 (SECONDA PARTE) - QUINTA CORNICE, AVARI E PRODIGHI - UGO CAPETO, RE DI FRANCIA
    (primo post: qui; precedente post: qui)

    Re-Luigi-Capeto
    Qui si parla della dinastia regale francese dei Capetingi, che durò per quasi mille anni: da Ugo Capeto (inizio del regno: 987) a Luigi Filippo (fine del regno: 1848). Ai tempi di Dante, regnava in Francia Filippo il Bello, uno dei peggiori regnanti della dinastia.


    LO SCHIAFFO DI ANAGNI, LA DISTRUZIONE DEI TEMPLARI, LA CATTIVITA' AVIGNONESE

    schiaffo-di-anagni
    7 Settembre 1303: Sciarra Colonna, inviato del re di Francia, Filippo il Bello, schiaffeggia Papa Bonifacio VIII: è lo schiaffo di Anagni, che indica la fine del Medioevo e l'inizio dell'età moderna, in cui il potere politico, da adesso in poi, prevarrà sempre più con violenza su quello spirituale. In questo modo, si aprirà la strada, progressivamente, alle dittature totalitarie della Rivoluzione Francese5, del Comunismo e del Nazismo. Lo stesso Grande Fratello del romanzo "1984" di Orwell, che controlla tutto, è la conseguenza di questa deriva totalitaria, in cui Dio viene dopo Cesare.


    Il culmine di tali empietà, continua l'anima penitente del re di Francia Ugo Capeto, che racconta a Dante la storia dei suoi discendenti, sarà raggiunto sempre da re Filippo il Bello, che nel 1303 manderà i suoi emissari ad Anagni a oltraggiare papa Bonifacio VIII. Cristo, dice Dante, sarà catturato e deriso nella persona del suo vicario, ucciso nuovamente tra due ladroni (Sciarra Colonna e Guglielmo di Nogaret, i due inviati del re):

    Perché men paia il mal futuro e ‘l fatto, (E perché il male futuro e quello passato sembrino minori,)
    veggio in Alagna intrar lo fiordaliso, (vedo il giglio di Francia entrare ad Anagni (il fiordaliso era il simbolo del re di Francia)
    e nel vicario suo Cristo esser catto. (e vedo Cristo essere catturato nella persona del suo vicario.)

    Veggiolo un’altra volta esser deriso; (Lo vedo deriso un'altra volta;)
    veggio rinovellar l’aceto e ‘l fiele, (vedo nuovamente l'aceto e il fiele, (a Gesù crocifisso diedero aceto e fiele)
    e tra vivi ladroni esser anciso. (e vedo che viene ucciso tra due ladroni vivi (Guglielmo di Nogaret e Sciarra Colonna)

    È chiaro che qui Dante condanna l'offesa, perpetrata non solo alla persona di Bonifacio, ma soprattutto all'abito che egli indossa come vicario di Cristo in Terra: per cui, l'azione compiuta dai due complici di Filippo il Bello è sacrilega e degna della massima esecrazione. Inoltre, Ugo Capeto aggiunge che a questa infamia Filippo il Bello ne aggiungerà altre: Filippo, "nuovo Pilato", dopo aver portato il Papa come "suo schiavo" ad Avignone, porterà anche "le sue vele nel Tempio": significa che scioglierà l'ordine dei Templari. Infatti, Filippo il Bello obbligò il Papa Clemente V, prigioniero ad Avignone, a decretarne lo scioglimento. Così il re poté impadronirsi delle loro ricchezze (un altro esempio di avidità), condannando a morte, con un processo farsa, il loro capo, Jacques de Molay, che fu bruciato al rogo per false accuse di eresia nel 1314:

    Veggio il novo Pilato sì crudele, (Vedo il nuovo Pilato (Filippo il Bello) così crudele)
    che ciò nol sazia, ma sanza decreto (da non essere soddisfatto di ciò, ma, senza attendere il decreto papale6)
    portar nel Tempio le cupide vele. (portare le sue vele smaniose dentro il Tempio)

    Filippo il Bello, nella terzina, è paragonato a Pilato, perchè il re si proclamò, ipocritamente, estraneo ai fatti di Anagni e al fatto di aver abbandonato il papa nelle mani dei suoi nemici Colonna, quindi con un'immagine ancora relativa alla passione di Cristo. Poi è detto "portare le cupide (avide) vele nel Tempio", come un pirata che va all'arrembaggio dei tesori dei Templari: un'altra metafora che si collega all'ambito marinaro.

    jacques-de-molay
    18 Marzo 1314: Filippo il Bello osserva l'atroce fine di Jacques de Molay, l'ultimo Gran Maestro dei Templari.


    Ugo Capeto invoca per tutti costoro la vendetta e l'ira divina. In effetti, solo un mese dopo il rogo del Molay, Papa Clemente V morì. Inoltre, nell'inverno di quello stesso anno 1314, anche a Filippo il Bello toccò la stessa sorte: un giorno di autunno si recò per una battuta di caccia, ma fu colpito da un ictus improvviso e cadde da cavallo. Trasportato di corsa al castello di Fontainebleau, non si riprese dalla malattia e morì il 29 novembre 1314.

    ESEMPI DI AVARIZIA PUNITA

    Ugo Capeto spiega poi a Dante che gli esempi di liberalità, che il poeta ha sentito, sono pronunciati dalle anime solo di giorno, mentre di notte i penitenti citano quelli di avarizia punita. Tra questi esempi, c'è quello di:
    - Pigmalione: (da non confondersi con l'omonimo Pigmalione che si era innamorato della sua statua con fattezze femminili) Era il fratello di Didone, regina di Cartagine. All'inizio, Pigmalione e Didone regnavano nella città di Tiro, in Fenicia. Ma Pigmalione, per bramosia di oro e di potere, uccise il marito di Didone, Sicheo, e volle uccidere anche lei. Ma Didone riuscì a fuggire e fondò la città di Cartagine.

    - re Mida: Il famoso re che trasformava tutto in oro col suo tocco, pagò la sua avidità con una misera esistenza.

    - Acan: Un avido soldato dell'esercito di Giosuè, che, durante l'assedio a Gerico, rubò il bottino, nonostante questo fosse proibito perchè doveva essere nel tesoro sacro del Signore. Per punizione fu lapidato.

    - Anania e Saffira: una coppia di coniugi che si erano appena convertiti al cristianesimo al tempo degli apostoli, dopo la risurrezione di Gesù. Vendettero i loro possedimenti, come era uso comune: ma, invece di versare l'intera somma ricavata dalla vendita nella cassa comune degli Apostoli, ne trattennero una parte per avidità. Smascherati da San Pietro, morirono all'istante, come fulminati, davanti a lui.

    Anania-e-Saffira
    Anania e Saffira muoiono all'istante davanti a Pietro.


    - Eliodoro: Era il tesoriere del re della Siria, ed era avido: un giorno ricevette dal re l'ordine di spogliare del suo tesoro il Tempio di Gerusalemme (quindi a commettere sacrilegio per avidità). Ma, mentre si accingeva a farlo, fu ridotto in fin di vita dalla potenza di Dio. Nella Bibbia, nel secondo libro dei Maccabei (capitolo 3, versetti 7-40) si legge: "...apparve loro (a Eliodoro e ai suoi) un cavallo, ornato di una magnifica bardatura, con sopra un terribile cavaliere. Si spinse con impeto contro Eliodoro e lo percosse con gli zoccoli anteriori. (...) Davanti a lui comparvero altri due giovani, splendidi per bellezza e magnifici nel loro abbigliamento, i quali, postiglisi ciascuno da un lato, lo flagellavano ininterrottamente, sferrandogli numerose sferzate." Eliodoro, ridotto in fin di vita, si salvò per l'intercessione del Sommo Sacerdote Onia.

    Eliodoro
    L'Angelo a cavallo, che attacca Eliodoro, aiutato dagli altri due Angeli flagellatori. Dipinto di Raffaello.


    - Polinestore: All'inizio dell'assedio di Troia, il re Priamo aveva affidato il figlio minore, Polidoro, al genero, il re tracio Polinestore, per sottrarre il fanciullo all'eccidio che sarebbe seguito alla presa della città. Polinestore, tuttavia, appena gli giunse notizia della distruzione di Troia, avido delle ricchezze di Polidoro e sicuro che nessuno lo avrebbe più vendicato, uccise il fanciullo e gettò il suo corpo in mare. Le correnti, però, spinsero le spoglie di Polidoro sulle rive della Troade, dove Ecuba, la madre, le raccolse. Riconoscendo suo figlio, la donna, presa da rabbia cieca, impazzì e strappò gli occhi a Polinestore.

    - Licinio Crasso: Politico e comandante militare romano, fece parte del Triumvirato con Pompeo e Cesare. L'avidità di Crasso fu leggendaria: tanto che fu, in assoluto, la persona più ricca della storia romana, con una ricchezza oggi equivalente a circa 1 miliardo di euro. Sconfitto e ucciso dai Parti, fu decapitato dopo la sua morte e nella sua bocca fu versato dell'oro fuso.

    Tutti i penitenti citano questi esempi, con voce più o meno alta a seconda dell'affetto che li stimola: dunque Ugo Capeto non era l'unico a parlare quando Dante l'ha udito, ma, accanto a lui, le altre anime mormoravano a voce bassa.

    IL TERREMOTO AL PURGATORIO

    Dante e Virgilio si allontanano da Ugo Capeto e continuano a percorrere la loro la strada nella Cornice, quando il monte del Purgatorio inizia a tremare, con un tremendo rimbombo, e Dante si sente raggelare il cuore. Dice che di certo l'isola di Delo non fu scossa da un terremoto simile, prima che Apollo la rendesse stabile7. Subito dopo, tutte le anime del Purgatorio intonano a una voce Gloria in excelsis Deo. Virgilio rassicura Dante e gli promette la sua guida: i due poeti stanno immobili e in attesa, come i pastori che per primi udirono il canto degli angeli al momento della nascita di Cristo. Quando il terremoto cessa e il canto si interrompe, i due poeti riprendono il cammino, marciando fra le anime penitenti stese a terra, che intanto hanno ripreso a piangere. Dante è assillato dal desiderio di conoscere la ragione di quello strano fenomeno, tanto quanto non crede di essere stato mai in vita sua: non osa però chiederlo a Virgilio, per la fretta che lui mostra di avere e non vede nulla o nessuno che possa sciogliere i suoi dubbi. Solo dopo gli spiegheranno che il terremoto indicava la liberazione di un'anima dal Purgatorio e la sua salita al Paradiso, festeggiata da tutte le altre anime.

    COMMENTO

    Questo Canto completa il discorso di Dante intorno al peccato di avarizia. Ugo Capeto, re di Francia e capostipite della dinastia capetingia, è speculare rispetto a papa Adriano V, protagonista del Canto precedente. L'avarizia, il peccato più grave e la fonte della decadenza morale, è condannata attraverso due esponenti delle massime cariche nell'Europa cristiana: un sovrano e un pontefice. L'incontro con Ugo Capeto è preceduto dalla dura invettiva del poeta contro la lupa, simbolo del peccato di cupidigia, come già nel Canto I dell'Inferno, cui seguono gli esempi di povertà e liberalità recitati dalle anime dei penitenti, che, come apprenderemo in seguito, dichiarano di notte quelli di avarizia punita, unico caso nella Cantica in cui essi non sono presentati direttamente a Dante. Ugo Capeto, che Dante indica erroneamente come figlio di un macellaio, giunse al regno, nonostante le sue umili origini, e divenne avido di potere, salvo poi pentirsi dei suoi peccati e guadagnare la salvezza eterna. Non così si può dire per i suoi discendenti, pieni di avarizia. Dopo la chiosa di Ugo Capeto, e gli esempi di avarizia punita, il Canto si chiude col terremoto, che scuote il monte del Purgatorio, e col canto del Gloria da parte delle anime, che accende la più viva curiosità da parte di Dante.

    IL DANTE DI NAGAI

    Tutta la parte su Ugo Capeto è stata saltata da Nagai: c'è solo il canto Gloria in Excelsis Deo delle anime, subito spiegato a Dante.

    BIBLIOGRAFIA

    https://divinacommedia.weebly.com/purgatorio-canto-xx.html

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    5 Napoleone, unico nella storia, osò arrestare ben due Papi, Pio VI e Pio VII, deportandoli in entrambi i casi. Nemmeno Hitler osò tanto, anche se aveva intenzione di farlo.

    6 il decreto papale era il solo documento che poteva sancire lo scioglimento dei Templari: ma Filippo il Bello agì di sua iniziativa, prima ancora che fosse emanato il decreto.

    7 Dante allude al mito dell'isola di Delo. Era un'isola sacra ai tempi degli antichi Greci: si trova a sud della Grecia, ed ora è disabitata. E' un prezioso sito archeologico. Era scossa da frequenti terremoti, essendo vagante sul mare. Laggiù Latona, una titanide, vi partorì di nascosto i figli gemelli Diana (dea della Luna) e Apollo (dio del Sole), frutti dell'amore proibito tra lei e Zeus. Apollo, successivamente, rese stabile l'isola di Delo.

    (Continua qui)

    QUI TUTTI I LINK SULL'ANALISI SU DANTE

    Edited by joe 7 - 11/2/2023, 16:48
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    Bonifacio Viii si meritava lo schiaffo, essendo lui stesso un peccatore, ma ad essere lesa fu invece la sua carica: esatto?
    La fine di Filippo il Bello e Clemente V dimostra che la giustizia divina c'é e colpirà , presto o tardi, i colpevoli di cattive azioni.
     
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    CITAZIONE (Andrea Michielon @ 4/2/2023, 19:08) 
    Bonifacio Viii si meritava lo schiaffo, essendo lui stesso un peccatore, ma ad essere lesa fu invece la sua carica: esatto?
    La fine di Filippo il Bello e Clemente V dimostra che la giustizia divina c'é e colpirà , presto o tardi, i colpevoli di cattive azioni.

    Eh, non si può schiaffeggiare un Papa, che è il Vicario di Cristo. E, se, come uomo, fu un peccatore, non lo so: ma questo non ti autorizza a riempirlo di sberle. Con questo ragionamento, cioè di picchiare tutti i peccatori, si dovrebbero prendere a sberle tutti quanti, te compreso.

    Inoltre, dice il proverbio che "Dio non paga il sabato", cioè non fa giustizia subito, ma alla fine la fa. Dio non ha fretta.
     
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    Il ceffone da Anagni farebbe ridere, se non ci fosse da piangere
     
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    CITAZIONE (berlicche677 @ 2/7/2023, 12:39) 
    Il ceffone da Anagni farebbe ridere, se non ci fosse da piangere

    Adesso è visto solo come una curiosità: ma allora se ne capiva la gravità e le conseguenze, che portiamo ancora oggi.
     
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