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  1. DIVINA COMMEDIA DI NAGAI E DI DANTE: PURGATORIO, CANTO 20 (prima parte)

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    Divina Commedia
    By joe 7 il 28 Jan. 2023
     
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    PURGATORIO CANTO 20 (PRIMA PARTE) - QUINTA CORNICE, AVARI E PRODIGHI - UGO CAPETO, RE DI FRANCIA
    (primo post: qui; precedente post: qui)

    Re-Luigi-Capeto
    Qui si parla della dinastia regale francese dei Capetingi, che durò per quasi mille anni: da Ugo Capeto (inizio del regno: 987) a Luigi Filippo (fine del regno: 1848). Ai tempi di Dante, regnava in Francia Filippo il Bello, uno dei peggiori regnanti della dinastia.


    Dante è sempre nella Quinta Cornice del Purgatorio, quella per gli Avari e i Prodighi: tra gli avari aveva incontrato papa Adriano V e vorrebbe continuare a parlargli, ma questi ha finito di dire quello che voleva dire e Dante si allontana, anche se resta insoddisfatto. Lui e Virgilio continuano a percorrere la Quinta Cornice, tenendosi stretti alla parete del monte, perchè le anime degli avari e dei prodighi sono tutte distese sull'orlo, verso il vuoto, e, piangendo, espiano il loro peccato di avarizia (la prodigalità è il suo riflesso), che è la causa dei mali del mondo, dice Dante, che maledice la lupa, il simbolo della cupidigia (che lui aveva già incontrato nel Primo Canto, alla Selva Oscura). Dante, anzi, chiede a Dio quando essa sarà scacciata dalla Terra.

    ESEMPI DI GENEROSITA'

    Mentre i due poeti camminano lentamente, Dante sente le anime che mormorano con voce lamentosa, citando l'esempio di Maria, che visse così poveramente da partorire Gesù in un'umile stalla. Bisogna precisare, però, che la Madonna non era povera, e nemmeno Giuseppe: un falegname, a quei tempi, era una persona molto richiesta. Quindi, il lavoro - e i soldi - a Giuseppe non mancavano: fu la necessità quella che costrinse i due coniugi a trovare riparo in una grotta a Betlemme (loro abitavano a Nazareth, più lontano). A quei tempi, il paese era pieno di gente venuta lì per il censimento. Quindi è più giusto dire che Maria accettò la condizione di povertà, di necessità, che ha dovuto affrontare durante il viaggio. Ma non visse mai da povera: nè lei, nè Gesù, nè Giuseppe. Non erano nemmeno ricchi: semplicemente, avevano tutto il necessario per vivere dignitosamente. E questa è la condizione migliore per vivere.

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    I penitenti ricordano anche Gaio Fabrizio Luscino: era un console romano delle origini di Roma, che rifiutò le offerte di corruzione dei nemici di Roma (i Sanniti e il Re Pirro) e preferì vivere poveramente con virtù, piuttosto che da ricco cedendo al vizio. Virgilio, nell'Eneide, lo indicò come esempio di austerità e di disprezzo della ricchezza. Un terzo esempio ricordato è quello della generosità di San Nicola di Bari (chiamato Niccolò nella Commedia), uno dei santi più conosciuti della cristianità. Si racconta che Nicola, un giorno, venne a sapere di un uomo che una volta era ricco, ma ormai era diventato povero: costui voleva avviare le sue tre figlie alla prostituzione, perché non poteva farle maritare decorosamente. Allora, Nicola prese una buona quantità di denaro, lo avvolse in un panno e, di notte, lo gettò nella casa dell'uomo per tre notti consecutive, in modo che le tre figlie avessero così la dote necessaria per il matrimonio. Un'altra leggenda narra che Nicola risuscitò tre bambini, che un macellaio malvagio aveva ucciso e messo sotto sale per venderne la carne. Per questo, san Nicola fu ritenuto sempre un santo benefattore e protettore dei bambini. E, come si sa, la sua fama diede origine al personaggio di Babbo Natale ("Santa Claus" in inglese).

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    San Nicola di Bari, che diede origine alla figura di Babbo Natale



    RE UGO CAPETO: LA SUA STORIA E LA SUA DISCENDENZA

    ugo-capeto
    Re Ugo Capeto (940-996), il primo dei Capetingi.


    Dante si rivolge all'anima che ha parlato e le chiede di dire il proprio nome; inoltre, vorrebbe sapere perchè è l'unica a citare questi esempi di liberalità. Inoltre, il poeta le promette di ricompensarla ricordandola sulla Terra, dove lui è destinato a tornare alla fine del suo viaggio. Il penitente risponde che esaudirà la richiesta: non perchè desideroso di essere nominato nel mondo dei vivi, ma per la grazia divina di cui Dante è evidentemente oggetto. Dichiara di essere il capostipite della dinastia francese dei Capetingi: re Ugo Capeto1. Una dinastia con molti sovrani di nome Filippo e Luigi, specificherà. Aggiunge che, attualmente, i Capetingi, purtroppo, danneggiano tutta la cristianità e raramente producono buoni frutti.

    FILIPPO IL BELLO CONTRO LE FIANDRE (BELGIO)

    In particolare, l'attuale re, Filippo il Bello, è il peggiore di tutti e spera che venga colpito dalla vendetta divina, durante il suo difficile conflitto con le terre delle Fiandre2 (in sostanza, l'attuale Belgio), che, nel tempo in cui è stata ambientata la Commedia, evidentemente era ancora in corso. Lo si vede da questo passaggio:

    Ma se Doagio, Lilla, Guanto e Bruggia (Ma se Douai, Lille, Gand e Bruges (sono città del Belgio/Fiandre)
    potesser, tosto ne saria vendetta; (potranno, la vendetta (contro Filippo il Bello) avverrà presto;)
    e io la cheggio a lui che tutto giuggia. (e io la chiedo a Colui (Dio) che tutto giudica.)

    Tuttavia, anche se e lo scontro sarà difficile, alla fine sarà Filippo il Bello a prevalere sulle Fiandre.

    LE ORIGINI DEI CAPETINGI

    Ugo Capeto continua a raccontare la storia della sua dinastia: anche se lui è nel Purgatorio per il peccato di avarizia, questo non è stato descritto da Dante, che anzi ne ha approfittato per fare "il punto della situazione" sulla dinastia Carolingia e sulla malvagità di Filippo il Bello. Tornando a Ugo Capeto, lui si definisce "figlio di un macellaio (beccaio nel poema) di Parigi". Invece, lui era di origini nobili (suo padre era Duca di Francia e Conte di Parigi; sua madre era la duchessa dei Franchi Edvige di Sassonia). Ma Dante ha voluto seguire la leggenda popolare dell'origine umile di Ugo Capeto. Questi continua la sua storia: dice che divenne re di Francia dopo la morte di tutti i Carolingi e, dopo che l'ultimo di loro si fece monaco ("renduto in panni bigi": cioè, "indossò la tonaca di monaco"), fece continuare da allora la dinastia Capetingia incoronando suo figlio Roberto il Pio (Roberto II).3

    LA DINASTIA CAPETINGIA: UNA DISCESA NEGLI INFERI

    Carlo
    Carlo I d'Angiò e Carlo di Valois


    I suoi discendenti non si segnalarono per grandi imprese, ma neppure commisero malefatte. Però, dopo l'annessione della Provenza4 da parte di Carlo I D'Angiò, duca e parente dei Capetingi (gli Angioini infatti erano un ramo cadetto dei Capetingi; il D'Angiò, inoltre, fa parte dei Principi Negligenti dell'Antipurgatorio citati da Dante), la dinastia iniziò una lunga serie di ruberie e violenze. Infatti, il D'Angiò invase il regno di Napoli, che era in mano alla dinastia degli Svevi (la corona tedesca) e mise a morte Corradino di Svevia, l'ultimo della dinastia degli Svevi. Inoltre, Ugo Capeto accusa Carlo I d'Angiò di aver ucciso San Tommaso d'Aquino. Infatti, il santo, chiamato al Concilio di Lione del 1274, morì durante il viaggio: secondo una voce diffusasi in seguito e priva di conferme, sarebbe stato fatto avvelenare proprio da Carlo d'Angiò, per timore di ciò che avrebbe detto contro di lui al Concilio. Ugo Capeto profetizza poi l'azione scellerata di Carlo di Valois, fratello di Filippo il Bello: infatti, nel 1301 papa Bonifacio VIII lo chiamò a Firenze per riportare la pace. Invece, Carlo di Valois favorì i Guelfi Neri, esiliando con violenza i Guelfi Bianchi, tra cui Dante. Il poeta dice che lui era "armato solo del tradimento" e colpirà duramente Firenze. E' un'impresa che non gli procurerà una terra, ma solo vergogna e disonore, come dice Ugo Capeto nelle terzine:

    Tempo vegg’io, non molto dopo ancoi, (Vedo che tra non molto)
    che tragge un altro Carlo fuor di Francia, (tempo un altro Carlo (di Valois) uscirà di Francia,)
    per far conoscer meglio e sé e ‘ suoi. (per far conoscere meglio se stesso e la sua casata.)

    Sanz’arme n’esce e solo con la lancia (Ne uscirà senz'armi, tranne che la lancia del tradimento)
    con la qual giostrò Giuda, e quella ponta (con cui si batté Giuda, e la userà in modo tale)
    sì ch’a Fiorenza fa scoppiar la pancia. (da fare scoppiare la pancia a Firenze.)

    Quindi non terra, ma peccato e onta (Per questo non otterrà una terra ma peccato e vergogna,)
    guadagnerà, per sé tanto più grave, (tanto più grave)
    quanto più lieve simil danno conta. (quanto meno grave egli considera tale danno.)

    "La lancia / con la qual giostrò Giuda" è l'arma del tradimento, usata da Carlo di Valois nella sua azione a Firenze del 1301-1302, che portò alla vittoria dei Neri. L'immagine cruda di Firenze cui Carlo "fa scoppiar la pancia" è ispirata a un passo degli Atti degli Apostoli (1,18), in cui Pietro, a proposito di Giuda, dice che "si impiccò, si squarciò nel mezzo e le sue viscere si sparsero in terra". Infatti Giuda si impiccò ad un albero e, dopo morto, la corda, o il ramo, si spezzò e il cadavere cadde lungo il burrone da cui era sospeso (l'albero era appunto sul ciglio di un burrone). La discesa era piena di rami sporgenti, che tagliarono le parti basse del traditore, facendone uscire i visceri.

    Giuda
    Giuda suicida: è mostrato con le viscere aperte, mentre il demonio gli prende la sua anima per portarlo all'Inferno. Opera di Giacomo Canavesio.


    Carlo di Valois, aggiunge Dante, con questa azione - cioè quello che ha fatto a Firenze - guadagnerà soltanto "peccato e onta" e "nessuna terra", perchè tentò, successivamente, di riconquistare la Sicilia, che una volta era stata francese, senza riuscirci. Infatti, dopo questo fallimento, Carlo di Valois fu soprannominato "senzaterra". Ugo Capeto continua la narrazione delle malefatte dei suoi discendenti, tutte dovute all'avarizia (la materia del canto e della Cornice) e quindi al desiderio di possesso: durante la battaglia dei Vespri Siciliani, al Golfo di Napoli Carlo II d'Angiò, figlio di Carlo I d'Angiò, cadde prigioniero degli Aragonesi (cioè gli Spagnoli, che ora comandavano il Regno delle Due Sicilie) nel 1284, nel tentativo di riavere le terre di Napoli e della Sicilia. Inoltre, nel 1305 Carlo II D'Angiò arriverà al punto di vendere la propria giovane figlia Beatrice ad Azzo VIII d'Este, signore di Ferrara, in cambio di soldi: proprio come fanno i corsari con le schiave ("veggio (Carlo II d'Angiò) vender sua figlia e patteggiarne / come fanno i corsar de l’altre schiave"), dimostrando in questo modo che l'avarizia ha del tutto soggiogato i Capetingi. Di tutto questo fece "ammenda" (dice ironicamente il Capeto) Filippo il Bello, occupando con la forza la Normandia (una regione a nord della Francia), il Ponthieu (la Bassa Piccardia, un'altra regione francese) e la Guascogna (una regione a sudovest della Francia, al confine con la Spagna; ora fa parte dell'Aquitania, un'altra regione francese. E' famosa per aver dato i natali a D'Artagnan).

    (Vista la vastità degli argomenti di questo canto, l'ho spezzato in due parti. Sabato prossimo posterò la seconda parte.)

    BIBLIOGRAFIA

    https://divinacommedia.weebly.com/purgatorio-canto-xx.html

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    1 Nel poema, Ugo Capeto si presenta col nome "Ciappetta", anzichè "Capeto". Infatti, questo nome, probabilmente, deriva dal francese "chapet", "piccola cappa". Ugo "Capeto", in effetti, indossava la piccola cappa da abate laico. Per spiegare questo, bisogna sapere che, alla morte del padre Ugo il Grande (duca dei Franchi e conte di Parigi) nel 956, Ugo Capeto ereditò non solo le cariche del padre, ma anche il suo titolo di abate dell'abbazia di Saint-Denis. Un titolo solo onorario, perchè rimaneva un laico. Però, a causa di questo titolo, Ugo portava una piccola cappa, il "chapet", appunto, come faceva suo padre. Da qui, il suo cognome Capeto. Ugo Capeto fu poi incoronato Re di Francia anni dopo, nel 987.

    2 La guerra tra la Francia e le terre delle Fiandre iniziò nel 1297 e si concluse nel 1305 (è da ricordare che la Commedia fu scritta tra il 1304 e il 1321, quindi poco dopo). Filippo il Bello (ufficialmente Filippo IV di Francia) invase la Contea delle Fiandre, intenzionato a stroncare le velleità indipendentistiche dei fiamminghi, alleati dell'Inghilterra. La vittoria fu facile; però la durezza del dominio francese spinse di nuovo le città fiamminghe sulla via della ribellione (a Bruges furono massacrati i sostenitori locali di Filippo il Bello), che alla fine divenne una guerra aperta: a Courtrai i fiamminghi colsero una clamorosa vittoria contro la cavalleria francese, aprendo la strada all'indipendenza delle Fiandre. Ma i fiamminghi erano in guerra anche contro gli Olandesi (i Paesi Bassi), che si allearono coi Francesi. La battaglia finale avvenne a Mons-en-Pévèle, nella Francia settentrionale: fu uno scontro feroce e combattuto sino all’ultimo. Anzi, i fiamminghi addirittura riuscirono a minacciare lo stesso re Filippo il Bello, il quale, difeso solo da cinquanta uomini, dovette combattere come un forsennato per non essere ucciso. La cavalleria francese salvò la situazione, respingendo i fiamminghi, che furono alla fine sconfitti e chiesero la pace, ottenendo una certa indipendenza come feudo francese. Solo nel 1830 il Belgio/Fiandre ottenne la piena indipendenza.

    3 Per essere precisi, all'inizio ci fu:
    - la dinastia Merovingia (la prima dinasta regale francese, dal 457 al 750: uno dei loro re, Clodoveo, si convertì al cattolicesimo e con lui tutta la Francia);
    - la dinastia Carolingia (dal 750 al 987: ebbe come re famosi Carlo Martello, Pipino il Breve e Carlo Magno). Qui Dante segue la leggenda che racconta che l'ultimo re carolingio fu costretto da Ugo Capeto a chiudersi in convento; questo, invece, era accaduto all'ultimo re dei Merovingi, Childerico III.
    - la dinastia Capetingia: dal 987 al 1848.

    4 La Provenza è la regione a sud della Francia, che ha come capitale Marsiglia e comprende anche la Costa Azzurra. Fu un regno indipendente - il Regno di Provenza - fino al 1246, in cui Beatrice, figlia del Re di Provenza, sposò il duca Carlo I d'Angiò, discendente di Ugo Capeto: da allora la Provenza fece parte del Regno di Francia. Ma Dante la chiama "rapina", perché il matrimonio fu concluso con la rottura fraudolenta del fidanzamento tra Beatrice e Raimondo di Tolosa, sia perché, in seguito, le truppe francesi invasero la Provenza, compiendo un vero e proprio atto di guerra.

    (Continua qui)

    QUI TUTTI I LINK SULL'ANALISI SU DANTE

    Edited by joe 7 - 4/2/2023, 17:15
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