Il blog di Joe7

  1. DIVINA COMMEDIA DI NAGAI E DI DANTE: PARADISO, CANTO 12 (prima parte)

    Tags
    Divina Commedia
    By joe 7 il 20 Jan. 2024
     
    4 Comments   287 Views
    .
    PARADISO CANTO 12 (prima parte) - QUARTO CIELO DEL SOLE - SPIRITI SAPIENTI DELLA SECONDA CORONA: SAN BONAVENTURA, SAN DOMENICO
    (primo post: qui; precedente post: qui)

    San-Domenico
    San Domenico riceve il rosario dalla Madonna, che gli dice che con questo rosario sconfiggerà tutte le eresie. Di San Domenico si diceva che: "O parlava di Dio, o parlava con Dio".


    San Tommaso d'Aquino ha appena terminato di parlare, quando la prima corona di spiriti sapienti (detta da Dante la "santa mola", perché ruota orizzontalmente come la macina di un mulino) riprende a ruotare orizzontalmente attorno a se stessa: non fa in tempo a compiere un giro completo, che arriva una seconda corona di altre dodici anime, che la circonda, formando così due cerchi. Cantano in modo così armonioso che vincono le nostre Muse e le nostre Sirene (cioè i canti terreni), tanto quanto l'originale superi la copia, o quanto il raggio diretto superi quello riflesso.

    Le due corone sembrano due arcobaleni concentrici e degli stessi colori, l'uno riflesso dell'altro, che ricordano il mito di Iride inviata da Giunone/Hera sulla Terra (Iride era la messaggera degli dei: quando scendeva sulla Terra per recare un messaggio, tracciava appunto un arcobaleno. Nell'Eneide è appunto Giunone a mandare Iride). L'arcobaleno esterno è il riflesso di quello interno, come lo era il riflesso della ninfa Eco con tutte le altre voci (Dante si riferisce al mito di Eco, che, innamorata di Narciso e non corrisposta, fu consumata dall'amore fino a ridursi alla sola voce, che ripeteva sempre gli altri suoni). Inoltre l'arcobaleno è anche segno del patto tra Dio e l'uomo dopo il Diluvio Universale, con cui Dio promette a Noè che non ci sarà più il Diluvio.

    SAN BONAVENTURA

    San-Bonaventura
    San Bonaventura di Bagnoregio, francescano e Dottore della Chiesa.


    Le danze e i canti, pieni di felicità e di carità, terminano nello stesso momento, ad una volontà concorde, proprio come gli occhi che, obbedendo alla volontà, si aprono e si chiudono simultaneamente. Dall'interno di uno dei lumi appena giunti viene la voce di un beato, che induce subito Dante a prestarle la massima attenzione, come fa l'ago magnetico con la Stella Polare. Il beato è san Bonaventura (1218-1274), francescano e dottore della Chiesa.

    Il suo vero nome era Giovanni Fidanza e nacque a Bagnoregio (Viterbo) nel 1218. A otto anni ebbe una grave malattia, ma San Francesco lo guarì miracolosamente, segnandolo sulla fronte con la croce ed esclamando: “O bona ventura!”. Da qui il nome: "bonaventura" significa infatti "fortunato". Fu anche filosofo e teologo, tanto che fu chiamato Dottore Serafico. Il suo contributo alla dottrina teologica è importantissimo: espresse la necessità di subordinare la filosofia alla teologia, in quanto l’oggetto di quest’ultima è Dio, quindi è più importante della filosofia. Studiò e insegnò alla Sorbona di Parigi e fu amico di san Tommaso d'Aquino. La sua biografia su San Francesco è considerata la biografia ufficiale del Santo ed è chiamata Legenda Maior: ad essa si ispirò Giotto per il suo ciclo delle storie su San Francesco nella basilica di Assisi. Fu ministro generale dell'Ordine francescano, del quale è ritenuto quasi un secondo fondatore. Morì a Lione durante un concilio e per questo fu sepolto nella cattedrale della città. Nel 1434, in una traslazione in un'altra chiesa, la sua lingua fu trovata in perfetto stato. Nel 1562, sempre a Lione, la città cadde in mano agli ugonotti, che, essendo protestanti e odiando il cattolicesimo e le chiese cattoliche, le profanarono tutte, come pure i resti dei santi sepolti nelle cripte o sotto gli altari (essendo protestanti, aborriscono il culto dei santi). Furono così profanati anche i resti del corpo di San Bonaventura: furono distrutti e sparpagliati ai quattro venti. Però, prima di questo atto sacrilego, il 14 marzo 1490, a seguito della ricognizione del corpo del santo a Lione, fu estratto il braccio destro, per donarlo alla sua città d’origine, Bagnoregio, e, nel 1491, fu collocato nella concattedrale di San Nicola. Oggi il braccio di san Bonaventura è l’unica reliquia al mondo del santo. E' festeggiato il 15 luglio.

    SAN BONAVENTURA INIZIA L'ELOGIO DI SAN DOMENICO

    Il francescano San Bonaventura dice che l'ardore di carità lo spinge a parlare del fondatore dell'Ordine Domenicano, perchè il domenicano san Tommaso d'Aquino aveva appena parlato bene del fondatore del suo ordine, san Francesco: dal momento che entrambi combatterono per lo stesso fine, è giusto che la loro gloria risplenda insieme. Bonaventura spiega che la Chiesa, a quei tempi, appariva incerta ed esitante, quando Dio la soccorse facendo nascere questi due campioni, le cui azioni indussero il popolo cristiano a ravvedersi.

    e cominciò: "L’amor che mi fa bella (e (san Bonaventura) iniziò: "La carità che mi abbellisce)
    mi tragge a ragionar de l’altro duca (mi spinge a parlare dell'altro condottiero cristiano (san Domenico)
    per cui del mio sì ben ci si favella. (per il quale qui si parla così bene del mio (san Francesco).

    Degno è che, dov’è l’un, l’altro s’induca: (È giusto che, se si parli di uno, si parli anche dell'altro: )
    sì che, com’elli ad una militaro, (cosicché, poiché combatterono insieme,)
    così la gloria loro insieme luca. (anche la loro gloria risplenda all'unisono.)

    Da notare l'importante osservazione "l'amor che mi fa bella" (detto al femminile, perchè San Bonaventura parla della sua anima). Infatti, Dante qui fa capire che, se si vuole essere belli anche fisicamente, non solo dentro, bisogna per prima cosa amare. Chi non ama a poco a poco si imbruttisce. Se vi guardate attorno ve ne accorgete.

    L’essercito di Cristo, che sì caro (L'esercito di Cristo (la Chiesa), che a così caro prezzo (con la morte di Gesù)
    costò a riarmar, dietro a la ‘nsegna (fu riarmato, si muoveva dietro le insegne)
    si movea tardo, sospeccioso e raro, (lento, con esitazione e scarso di numero,)

    quando lo ‘mperador che sempre regna (quando l'Imperatore che regna in eterno (Dio)
    provide a la milizia, ch’era in forse, (provvide alla milizia che era in pericolo,)
    per sola grazia, non per esser degna; (non perché ne fosse degna ma per sua grazia;)

    e, come è detto, a sua sposa soccorse (e, come già detto (da Tommaso d'Aquino), soccorse la sua sposa (la Chiesa)
    con due campioni, al cui fare, al cui dire (con due campioni (Domenico e Francesco), le cui azioni e parole)
    lo popol disviato si raccorse. (indussero il popolo sbandato a ravvedersi.)

    TERMINI MILITARI NELLA CHIESA: NON SONO CONTROSENSI, ANZI NE SONO L'ESSENZA

    Da notare i termini militareschi con cui Dante indica la Chiesa: "esercito", "insegna", "milizia", "riarmare", termini oggi poco usati e poco compresi. Dio stesso è definito 'mperador, temine carico di significati militari e guerreschi nel linguaggio classico (Cesare era definito "imperatore", termine che significa "condottiero", "detentore del potere militare", "generale vittorioso", non solo "sovrano di un impero"); Domenico e Francesco sono definiti campioni della Chiesa (altro termine militaresco: il "campione" è un leale e generoso difensore), il cui scopo era quello di raccogliere l'esercito cristiano ("milizia") ormai sbandato ("sviato") e riorganizzarlo (raccorse"). Il linguaggio militaresco sottolinea come vita militia est ovvero «la vita è un combattimento» in primo luogo contro il proprio peccato e il male per affermare l’unico vero bene, quel Cristo che è via, verità e vita.
    Mi ricordo che alcuni pensavano che fosse un'eresia o una bestemmia parlare dei Cavalieri dello Zodiaco come erano definiti originariamente, cioè come "I Santi cavalieri di Athena": come se un santo fosse un uomo di pace e non dovesse mai essere un combattente. Invece il cristiano lo è. "Non sono venuto a portare la pace, ma la spada", dice il Cristo. E ancora: "Il regno dei Cieli è dei violenti", cioè di chi fa violenza verso se stesso per migliorare e combattere il peccato. Se non si combatte, in sostanza, non si vince.

    Cavalieri


    Infatti, la Chiesa è divisa in tre parti: la Chiesa Militante, cioè quella che combatte su questa Terra; la Chiesa Purgante, cioè la Chiesa che paga i suoi peccati nel Purgatorio, e la Chiesa Trionfante, cioè quella del Paradiso. Noi cristiani viviamo nella Chiesa Militante, in cui si combatte contro il peccato dentro di noi e attorno a noi (con la buona parola e con l'esempio): quindi si tratta di milizia, combattimento. Il cristiano che ha ricevuto la Cresima è chiamato Soldato di Cristo, che deve quindi combattere in suo nome. Si tratta del combattimento spirituale contro il diavolo e contro la parte malvagia che è dentro ciascuno di noi ed è attratta dal maligno. Una cosa che richiama sempre la battaglia: per esempio, San Massimiliano Kolbe, il santo francescano e martire di Auschwitz, aveva fondato la "Milizia dell'Immacolata", in cui i frati dovevano combattere (appunto, "milizia") con ogni mezzo giusto (preghiera, stampa, esempio, testimonianza, insegnamento, sacrificio) per testimoniare Cristo e salvare le anime attraverso l'aiuto dell'Immacolata, appunto la Madonna. E' la stessa lotta che sta facendo Dante nella Commedia: nell'Inferno riconosce le sue colpe, nel Purgatorio si purifica dalle sue colpe, nel Paradiso contempla la sua vittoria finale ottenuta con la Grazia di Dio, rappresentata prima da Virgilio, poi da Beatrice. In sostanza, per raggiungere il Paradiso si deve combattere confidando nell'aiuto di Dio: questo è il messaggio di Dante e della Chiesa.

    VITA DI SAN DOMENICO

    Bonaventura inizia a parlare di San Domenico: in quella parte dell'Europa dove lo zefiro (vento leggero e primaverile di ponente, cioè che viene da Ovest) dà inizio alla primavera, lì dove tramonta il Sole (quindi nell'Ovest dell'Europa), sorge la città di Caleruega (nel poema "Calaroga": è il paese natale di San Domenico, a nord della Spagna, nella regione di Castiglia). Caleruega, dice San Bonaventura, è sotto la protezione dello stemma di Castiglia:

    sotto la protezion del grande scudo (sotto la protezione dello stemma (di Castiglia)
    in che soggiace il leone e soggioga: (in cui il leone sta sotto e sopra (la torre)

    In sostanza, descrive lo stemma di Castiglia, che è questo:

    Stemma-di-Castiglia


    In quella città nacque san Domenico, il supremo difensore della fede cristiana, che fu benevolo con i suoi e spietato con i nemici:

    dentro vi nacque l’amoroso drudo (lì nacque l'amoroso vassallo)
    de la fede cristiana, il santo atleta (della fede cristiana, il santo difensore della Chiesa,)
    benigno a’ suoi e a’ nemici crudo; (benevolo coi suoi e crudele coi nemici;)

    "Drudo" significava "amante" in termine spregiativo (anche Dante lo usa in quel senso all'Inferno, nel Canto 18, parlando di Taide, nella bolgia degli adulatori: "Taïde è, la puttana che rispuose / Al drudo suo"). Ma qui Dante si riferisce al significato originario, cioè cavalleresco: "vassallo", "difensore". Anche "atleta" vuol dire "difensore"; inoltre, il verso parla di "crudeltà coi nemici": come detto prima, Dante usa qui dei termini militari, caratteristici del Cristianesimo. Il "nemico" con cui Domenico è crudele non sono nè gli uomini nè gli eretici, ma il peccato, e con esso il diavolo, che minaccia la vita eterna degli uomini, eretici e non. E' stato osservato che, mentre Francesco era paragonato a un Sole nascente e la città di Assisi era detta appunto Oriente, Domenico nasce invece nell'Occidente del mondo cristiano, per cui sembra che i due santi provengano da punti opposti per convergere entrambi al cuore della Cristianità.

    La mente di San Domenico fu subito piena di virtù, come fu chiaro nel sogno premonitore che la madre Giovanna fece mentre lo aspettava: la donna sognò di partorire un cane bianco e nero (i colori dell'Ordine Domenicano), con in bocca una fiaccola, che poi incendiava il mondo.

    San-Domenico
    San Domenico, col rosario e il tipico abito domenicano. Da notare il cane sottostante, bianco a macchie nere, con una fiaccola in bocca.


    Ben presto Domenico fu battezzato e nel battesimo ("sacra fonte") divenne sposo della Fede ("le sponsalizie fuor compiute al sacro fonte / intra lui e la Fede"). Le mistiche nozze tra Domenico e la Fede sono paralleli a quanto detto per le nozze tra San Francesco e la Povertà. La donna che fece da madrina (cioè testimone del Battesimo) fece anche lei un sogno rivelatore delle future imprese del santo (vide il bambino con una stella in fronte, simbolo della sua missione religiosa), per cui dal Cielo le venne l'ispirazione a dargli il nome "Domenico", cioè "del Signore". E fu "l'agricoltore che Cristo chiamò per coltivare il proprio orto", dice Dante per bocca di San Bonaventura.

    LA LOTTA DI SAN DOMENICO CONTRO LE ERESIE

    Domenico dimostrò sin dall'infanzia l'amore verso Cristo e i suoi insegnamenti (la povertà e l'umiltà), al punto che la sua nutrice spesso lo trovava disteso per terra, come se dicesse: "Sono nato per questo". Suo padre poteva ben chiamarsi Felice e sua madre poteva ben chiamarsi Giovanna, se il significato del suo nome (Giovanna = Grazia di Dio) è corretto. Il giovane Domenico si dedicò tutto agli studi filosofici, non certo per sete di ricchezze come fa chi studia il diritto canonico, bensì per amore di Dio:

    Non per lo mondo, per cui mo s’affanna (non per i beni terreni, per cui ci si affanna)
    di retro ad Ostiense e a Taddeo, (dietro i manuali di diritto canonico dell'Ostiense e di Taddeo,)
    ma per amor de la verace manna (ma per amore della sapienza divina)

    Ostiense e Taddeo erano Enrico da Susa, vescovo di Ostia (da cui il soprannome Ostiense) e il fiorentino Taddeo d'Alderotto: entrambi erano autori di apprezzati volumi di diritto canonico. San Domenico divenne presto un esperto teologo ("gran dottor si feo") e si servì della sua sapienza per difendere la Chiesa ("si mise a circuir la vigna", cioè a custodire la Vigna di Cristo, che è la Chiesa). Chiese al Papa il permesso di combattere le eresie. In questo passaggio, Dante critica il Papa:

    E a la sedia che fu già benigna (E al soglio pontificio, che un tempo era più benevolo)
    più a’ poveri giusti, non per lei, (verso i poveri giusti, non per errore suo)
    ma per colui che siede, che traligna, (ma per quello del Papa, che devia dalla giusta strada,)

    Domenico non chiese al Papa di poter lasciare un terzo o metà delle sue ricchezze (di Domenico) ai poveri, nè di occupare un seggio ecclesiastico vacante, nè di intascare le decime riservate ai poveri (qui Dante critica le avidità nella Chiesa). Chiese di combattere le eresie, in nome di quel seme (cioè la Fede) dal quale sono nate le ventiquattro piante (le 24 anime delle due corone) che ora circondano Dante. Ottenuto l'avallo papale, San Domenico iniziò a combattere efficacemente le eresie, in particolare quelle dei Catari o Albigesi, viste come "sterpi", cioè arbusti secchi e spinosi ("li sterpi eretici percosse / l’impeto suo"), soprattutto in Provenza (regione francese) dove esse erano maggiormente allignate ("dove le resistenze eran più grosse"). Il suo esempio fu poi seguito dai suoi confratelli, per cui nacquero da lui diversi "ruscelli" (i tre rami dei Domenicani - predicatori, suore e terz’ordine - e gli innumerevoli conventi fondati in Europa) che continuarono, dopo la sua morte, ad irrigare l'orto del popolo cristiano ("orto catolico"), così che le sue piante (i cristiani) siano ravvivate ("che i suoi arbuscelli stan più vivi.")

    BIASIMO DEI FRANCESCANI DEGENERI

    Bonaventura spiega che, se Domenico fu una ruota del carro della Chiesa che combatté e vinse la sua battaglia contro le eresie, Dante dovrebbe capire l'eccellenza dell'altra ruota (san Francesco), che san Tommaso aveva poco prima elogiato col suo discorso. Tuttavia, ora il solco tracciato da quella ruota è abbandonata, sì che ora "ch’è la muffa dov’era la gromma": la gromma è lo strato di tartaro che il vino buono forma sulle pareti interne delle botti, ma che diventa muffa, se la botte non è curata: immagine affine a quella del buon vignaiolo indicata prima. Quindi, Bonaventura - che è francescano - vuol dire che ora tra i francescani c'è il male al posto del bene. L'Ordine francescano, infatti, un tempo seguiva i passi del suo fondatore, ma oggi procede in senso opposto, anzi, sono tanto deviati che camminano a ritroso ("quel dinanzi a quel di retro gitta") e ben presto si distingueranno i francescani fedeli alla Regola da quelli degeneri ("il loglio"), che rimpiangeranno di non essere messi nel granaio. Certo, spiega Bonaventura, a cercare con cura si troverebbero ancora dei francescani fedeli agli insegnamenti di san Francesco, ma fra questi non ci sono certo Ubertino da Casale (capo dei Francescani Spirituali, bollato successivamente per eresia dal Papa) né Matteo d'Acquasparta (capo dei Francescani Conventuali, morto nel 1302, durante la redazione della Commedia; era vicino a Bonifacio VIII, il Papa più volte stigmatizzato da Dante, e fu molto coinvolto in faccende politiche), che vogliono rispettivamente inasprire e ammorbidire la Regola di San Francesco, in modo tale che sbagliano entrambi.

    BIBLIOGRAFIA

    https://divinacommedia.weebly.com/paradiso-canto-xii.html

    (Continua qui)

    QUI TUTTI I LINK SULL'ANALISI SU DANTE

    Edited by joe 7 - 27/1/2024, 16:49
      Share  
     
    .

Comments
  1. view post
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Member
    Posts
    408

    Status
    Offline
    Il tuo commento mi fa capire quanto il cantico del paradiso sia importante in questi nostri tempi bui.
     
    Top
    .
  2. view post
     
    .
    Avatar

    Senior Member

    Group
    Administrator
    Posts
    13,426

    Status
    Anonymous
    CITAZIONE (Andrea Michielon @ 21/1/2024, 10:04) 
    Il tuo commento mi fa capire quanto il cantico del paradiso sia importante in questi nostri tempi bui.

    C'è sempre speranza.
     
    Top
    .
  3. view post
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Member
    Posts
    105

    Status
    Offline
    Una mia collega dice che i Santi hanno un lato oscuro: ad esempio, San Cirillo da Alessandria fece segregare, seviziare ed umiliare una donna che lo aveva respinto.
    Inoltre, dice di essere diventata atea proprio leggendo la Bibbia perché, se Dio esistesse, non avrebbe permesso le atrocità che vi sono raccontate.
     
    Top
    .
  4. view post
     
    .
    Avatar

    Senior Member

    Group
    Administrator
    Posts
    13,426

    Status
    Anonymous
    CITAZIONE (Andrea Micky 3 @ 16/2/2024, 17:55) 
    Una mia collega dice che i Santi hanno un lato oscuro: ad esempio, San Cirillo da Alessandria fece segregare, seviziare ed umiliare una donna che lo aveva respinto.
    Inoltre, dice di essere diventata atea proprio leggendo la Bibbia perché, se Dio esistesse, non avrebbe permesso le atrocità che vi sono raccontate.

    Nessun santo ha un lato oscuro. Certo, sono peccatori come noi, ma il peccato loro l'hanno combattuto, non l'hanno mai assecondato. Per questo sono di esempio e sono intercessori presso Dio a nostro favore.

    Nessun santo è buono e malvagio nello stesso tempo: se no, sarebbe ipocrita, e l'ipocrisia porta all'Inferno.

    Questa storia di Cirillo d'Alessandria, poi, non l'ho mai sentita. Un santo non fa certo queste cose, se no non è un santo. Dove ha preso questa informazione, che è assai vaga? Chi sarebbe questa donna?

    Non ha senso dire: "se Dio esistesse, non avrebbe permesso le atrocità che vi sono raccontate". Dio, queste atrocità, le ha portate tutte su di sè sulla croce. La croce non è uno scherzo, nè una leggenda, nè un simbolo: è un fatto veramente accaduto, una cosa seria. Dio si è fatto uomo in Gesù Cristo, ha sofferto, è stato crocifisso ed è morto per tutti; e poi è risorto. Se si legge la Bibbia non credendo a questo, la si legge nel modo sbagliato.
     
    Top
    .