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  1. DIVINA COMMEDIA DI NAGAI E DI DANTE: PARADISO, CANTO 12 (seconda parte)

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    Divina Commedia
    By joe 7 il 27 Jan. 2024
     
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    PARADISO CANTO 12 (seconda parte) - QUARTO CIELO DEL SOLE - GLI SPIRITI SAPIENTI DELLA SECONDA CORONA
    (primo post: qui; precedente post: qui)

    La-seconda-corona
    La prima e la seconda corona: immagine di Dorè.


    GLI SPIRITI DELLA SECONDA CORONA

    Il beato che, nel canto precedente, aveva fatto l'elogio a San Domenico, si presenta infine a Dante come Bonaventura da Bagnoregio (non si era ancora presentato), con una definizione curiosa:

    Io son la vita di Bonaventura / da Bagnoregio, (Io sono l'anima di Bonaventura / da Bagnoregio)

    Infatti, "anima" e "vita" sono la stessa cosa: "perdere l'anima" significa proprio perdere la vita, ma per sempre, cioè finire all'Inferno; "salvare l'anima" significa salvare la vita, ma per sempre, cioè andare in Paradiso. Bonaventura precisa che, nelle cariche ecclesiastiche che aveva ricoperto (infatti, oltre ad essere francescano, fu cardinale, maestro alla Sorbona di Parigi e per vent'anni fu ministro generale dell'Ordine Francescano), mise sempre in secondo piano i desideri mondani. Poi presenta gli altri 11 spiriti che formano la Seconda Corona
    di beati insieme a lui (della Prima Corona abbiamo già parlato nel Canto 10, che ho dovuto dividere in sei sezioni: si veda l'elenco qui). Il primo beato della seconda corona, ovviamente, è San Bonaventura; il secondo è Sant'Illuminato, descritto qui sotto. Seguiranno tutti gli altri.

    SANT'ILLUMINATO DA RIETI

    Francescano, accompagnò San Francesco alla visita al Sultano d'Egitto nelle Crociate. Fu anche il primo a percepire la presenza delle stimmate in San Francesco.

    SANT'AGOSTINO DA ASSISI

    Francescano e mistico: gravemente malato, vide in visione, a letto, l'anima di San Francesco salire al cielo dopo la sua morte. Si svegliò di soprassalto e disse: "Aspettami, padre, vengo anch'io con te!" e morì in quel momento, seguendo così San Francesco in Paradiso.

    Illuminato e Augustin son quici, (Qui (nella seconda corona) ci sono Illuminato da Rieti e Agostino da Assisi,)
    che fuor de’ primi scalzi poverelli (che furono tra i primi seguaci di Francesco che andarono scalzi in povertà,)
    che nel capestro a Dio si fero amici. (facendosi amici di Dio nel cinto francescano.)

    BEATO UGO DI SAN VITTORE

    Ugo-di-San-Vittore


    Ugo di San Vittore (1096-1141) fu teologo, filosofo, cardinale e vescovo cattolico francese. Fu tra i principali teorici della Scolastica (filosofia cristiana). E' venerato come beato e viene festeggiato l'11 Febbraio. Grande studioso, uno dei suoi motti era: "Impara tutto. Vedrai che in seguito nulla sarà superfluo. La conoscenza ristretta non è gioiosa."
    Grazie a Ugo e ai suoi scritti, si completò il processo di chiarificazione e razionalizzazione del testo scritto: infatti lui introdusse le spaziature tra le parole. Allora non c'erano spaziature: le parole erano tutte attaccate insieme, e bisognava capire da soli quando finiva una parola e iniziava un'altra. Per esempio: leparoleeranotutteattaccateinsieme.
    Ugo introdusse anche la punteggiatura, che prima non c'era: quindi introdusse la virgola, il punto, il punto e virgola, i due punti, eccetera. Purtroppo oggi questa cosa importantissima, cioè la punteggiatura, è trascurata, rendendo le frasi e i periodi poco comprensibili: non si capisce il soggetto, nè a cosa si riferisce quell'azione, eccetera. Ma questo non è tornare alla tradizione della scrittura prima di Ugo di San Vittore: questa è semplice ignoranza della sintassi e della grammatica.
    Ugo introdusse anche la divisione dei libri in capitoli con indici alfabetici: ovviamente non c'erano nemmeno quelli. I libri non erano suddivisi in capitoli e non avevano neanche un indice. Quindi, ringraziate il "buio Medioevo" quando scrivete.

    Ogni singola parola acquistò così indipendenza, e si crearono le condizioni per lo sviluppo della lettura silenziosa. Infatti, fino ad allora il testo si leggeva sempre a voce, mai in silenzio. La fama di Ugo di San Vittore fu molto vasta, sia per la sua sapienza, che per le sue esperienze mistiche. Fu chiamato "il secondo sant'Agostino" e aprì la strada a San Tommaso d'Aquino, sostenendo la connessione tra la ragione e la fede. La ricerca del sapere sacro e profano (cioè: non sacro, ma umano) si deve articolare così su due piani paralleli: il primo è quello della rivelazione e dell'illuminazione, che provengono da Dio (cioè il sapere sacro); il secondo è quello dell'investigazione affidata all'uomo, che si deve rivolgere alle cose esterne, alla sua anima e alla sua ragione (cioè sapere profano). Quello che la ragione non può spiegare, e che dev'essere pertanto oggetto di fede, è indicato come "mirabile": cioè, supera la ragione, senza mai negarla. Da questi presupposti, Ugo di San Vittore compose una duplice dimostrazione razionale dell'esistenza di Dio:
    1) esistenza di Dio a partire dalla certezza dell'anima, esistente e finita (cioè non infinita), che quindi deve partire da una causa creatrice, cioè Dio;
    2) esistenza di Dio a partire dalla certezza delle cose esterne, le quali, in quanto soggette alla caducità, presuppongono a loro volta un Creatore, appunto Dio.
    La natura è vista da Ugo di San Vittore come "l'autografo del libro di Dio", perchè creata e istituita da Dio perchè manifesti la Sua infinita sapienza (e quindi non va vista come una cosa da adorare e conservare come fanno oggi: la natura è una creatura, non un Essere da adorare!)

    Queste riflessioni di Ugo di San Vittore segnano una tappa del lungo cammino teologico-filosofico che porterà all'idea della natura come espressione del Pensiero di Dio: questo sarà il motore della rivoluzione scientifica del '600-'700, sviluppando la convinzione che la conoscenza delle leggi che regolano la natura fosse la strada maestra per avvicinarsi alla comprensione del Pensiero di Dio. Invece, una Natura scritta oggi con la maiuscola e adorata come un Essere superiore al posto di Dio non porterà a nessun progresso scientifico, ma porterà piuttosto a un regresso, con un pensiero e un modo di pensare che sarà equivalente a quello dell'Età della Pietra. Il secolo buio che stiamo vivendo è questo, non il Medioevo, che invece fu un periodo di luce.

    L'opera più importante di Ugo di San Vittore è il De sacramentis christianae fidei ("Sui sacramenti della fede cristiana"): una prima grande Summa Teologica medievale, in cui definisce i Sacramenti. Inoltre, sviluppa la chiave per la comprensione delle Sacre Scritture, distinguendo tra il significato letterale (quello che si legge) e il senso profondo oltre le righe (allegoria).

    PIETRO MANGIADORE

    Detto anche Pietro Conestore, fu il più famoso maestro di sacra dottrina del secolo 1000, insieme a Pietro Lombardo (Canto 10). Fu detto "Mangiadore", che significa "divoratore di libri", per indicare la sua vasta conoscenza. Insegnò teologia a Parigi, poi volle ritirarsi a una vita di preghiera e solitudine, lasciando ai poveri tutte le sue sostanze. Fu accolto nel monastero di San Vittore, ove morì tra il 1179 e il 1185.

    PIETRO DA LISBONA, o PIETRO SPANO, o PAPA GIOVANNI XXI

    E' l'unico Papa (a parte, ovviamente, San Pietro) citato da Dante in Paradiso: col nome laico, però, non con quello di Papa. Nacque a Lisbona e fu chiamato, oltre a Pietro da Lisbona, anche Pietro Spano, cioè "spagnolo". Visse nel '200 e studiò e insegnò medicina: successivamente intraprese la strada ecclesiastica, poi divenne cardinale e pontefice nel 1276. Cercò di conciliare i re Rodolfo d'Asburgo e Carlo d'Angiò, poi Alfonso X di Castiglia e Filippo III di Francia. Intraprese la Crociata contro i Saraceni. Condannò diverse dottrine filosofiche non cristiane. Morì a Viterbo il 20 maggio 1277. Di lui furono famosissime e assai diffuse nelle scuole medievali le Summulae logicales. Si trattava di un manuale di logica aristotelica, diviso in dodici trattati ("i dodici libelli" citati da Dante). Per oltre 300 anni (quindi fino al 1600, quasi) fu considerato un importante testo di riferimento per le università europee.

    In campo medico, la sua opera principale è il Thesaurum Pauperum ("II tesoro dei poveri"): una raccolta di rimedi per i mali più diffusi (infatti lui era anche medico). Fu trascritta in più versioni e tradotta in diverse lingue fino a tutto il '700. Curiosamente, Pietro da Lisbona/Giovanni XXI non è mai stato nominato santo dalla Chiesa. Non significa che non lo sia, ma solo che Dante lo ha messo in Paradiso, anche se non era un "santo ufficiale".

    IL PROFETA NATAN

    Natan
    Natan rimprovera il re Davide del suo peccato con Betsabea e dell'omicidio di Uria l'Ittita.


    Natan era profeta di corte e consigliere del re Davide. Annunciò a Davide l'alleanza che Dio stava facendo con lui: fu uno dei primi vaticini sulla futura venuta di Gesù. Più tardi, Natan rimproverò Davide per aver commesso adulterio con Betsabea, mentre lei era la moglie di Uria l'Ittita, la cui morte il re aveva anche organizzato per nascondere l'adulterio (dal Secondo Libro dei Re, capitolo 12, versetti 7-14). Natan presiedette anche all'unzione di re Salomone, il figlio di Davide.

    SAN GIOVANNI CRISOSTOMO

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    Una delle famose sentenze di Giovanni Crisostomo.


    “Crisostomo” significa “bocca d'oro”: lui fu chiamato così a causa della sua incredibile capacità di predicare. Nacque ad Antiochia (344-354) e divenne vescovo di Costantinopoli. Fustigatore dei costumi, nemico delle eresie, amato dal popolo, fu però odiato dai potenti. Infatti, l'imperatrice Eudossia e il patriarca di Alessandria, Teofilo, lo condannarono all'esilio: le persecuzioni subite ne provocarono la morte nel 407. Le sue ultime parole furono: "Gloria a Dio in tutte le cose".

    Le sue opere furono numerose. Fu un uomo innamorato della morale cristiana, vissuta come "amore in atto". Riteneva che il monachesimo non fosse la sola via per raggiungere la perfezione; la vita sacerdotale al servizio dei credenti e in mezzo alle mille tentazioni del mondo era per lui il miglior modo di servire Dio. Fu sepolto nella Basilica di San Pietro a Roma.

    Ci sono ancor oggi delle polemiche sugli scritti di Giovanni Crisostomo contro gli Ebrei: scritti che furono abilmente utilizzati dai nazisti, estraendoli dal contesto, per giustificare le loro atrocità. Ma sono invece comprensibili nel contesto in cui lui li scrisse: a quei tempi i cristiani (che erano ancora una minoranza) erano ferocemente perseguitati dagli ebrei, che minacciavano la loro fede e facevano credere che la religione ebraica fosse quella vera. Anche dopo l'Editto di Costantino del 313, infatti, i cristiani erano ancora una minoranza e gli Ebrei avevano degli appoggi potenti. I cenni delle persecuzioni, ed esecuzioni, degli ebrei contro i cristiani sono descritti anche negli Atti degli Apostoli: lo stesso ebreo San Paolo, prima di convertirsi, fu un feroce persecutore di cristiani. Se tanti ebrei si fecero cristiani, molti altri non solo rimasero ebrei, ma perseguitarono tenacemente i cristiani. Solo se si leggono questi scritti in quel contesto è possibile capire perchè il Crisostomo li realizzò. Non c'erano allora buoni rapporti tra cristiani ed ebrei: soprattutto da parte degli ebrei, che perseguitavano ferocemente i cristiani.

    SANT'ANSELMO D'AOSTA, o SANT'ANSELMO DI CANTERBURY

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    Statua di Sant'Anselmo, ad Aosta.


    Anselmo d'Aosta (1033-1109), noto anche come Anselmo di Canterbury (perchè morì laggiù; invece era nato ad Aosta, da qui l'altro nome), fu teologo, filosofo e arcivescovo di Canterbury. Era stato uno dei massimi esponenti del pensiero cristiano. E' noto soprattutto per i suoi argomenti a dimostrazione dell'esistenza di Dio, che influenzarono fortemente la filosofia successiva.

    Ricoprì un ruolo rilevante nella lotta per le investiture, in cui il Re d'Inghilterra pretendeva di interferire nelle decisioni della Chiesa nelle "investiture", vale a dire nelle elezioni dei sacerdoti e vescovi. Il re, infatti, avrebbe voluto dei religiosi più arrendevoli e concilianti coi suoi modi di pensare (adulterio, rapina, omicidi, eccetera), ottenendo così un cristianesimo addomesticato a suo uso e consumo.

    Ma la Chiesa, con Anselmo, gli negò sempre quel "diritto". Fu canonizzato (cioè, nominato santo), poi proclamato dottore della Chiesa. E' festeggiato il 21 Aprile. Fu sepolto nella cattedrale di Canterbury. Però le sue spoglie furono profanate durante il regno di Enrico VIII e con la nascita della sua Chiesa Anglicana (in questo caso, si può dire che il re vinse la sua "lotta alle investiture"). Gli anglicani furono feroci contro i cattolici: non solo uccidendoli e torturandoli, ma anche profanandone le chiese e le reliquie dei santi. Come avvenne appunto col corpo di Anselmo d'Aosta, di cui si persero per sempre le tracce a causa del fanatismo anglicano.

    ELIO DONATO

    Elio Donato fu un famoso maestro di grammatica latina (l'arte della scrittura, in sostanza, perchè allora il latino era la lingua più usata). Nella sua scuola studiò anche S. Girolamo. Durante il Medioevo, e quindi anche nel periodo di Dante, fu largamente utilizzato nelle scuole il suo corso di grammatica latina, distinto in due sezioni: la prima elementare (Ars Minor), la seconda più avanzata (Ars Maior). Non si parla di una sua beatificazione: ma Dante lo inserisce nel Paradiso lo stesso, anche se non è un santo "ufficiale".

    SAN RABANO MAURO

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    La colomba, il simbolo dello Spirito Santo. Infatti, Rabano Mauro compose uno dei canti più famosi dedicati allo Spirito Santo: il "Veni Creator Spiritus".


    San Rabano Mauro, abate e teologo, nacque a Magonza (Germania) intorno al 784 ed entrò nella famosa abbazia benedettina di Fulda. Divenne poi arcivescovo di Magonza e combattè le posizioni eretiche di Godescalco, o Gotescalco, suo ex-allievo. Costui proclamava la salvezza cristiana solo per alcuni e la dannazione eterna per gli altri, che non erano stati salvati da Cristo. Invece, Rabano disse chiaramente, seguendo il cristianesimo cattolico, che Cristo era venuto per salvare tutti, e non solo alcuni. Il protestantesimo, tuttavia, seguirà l'impostazione di Gotescalco.

    Rabano Mauro fu il più grande dotto del suo tempo: trasmise alla sua epoca tutto il sapere teologico dei Padri della Chiesa e contribuì alla vita spirituale dell’età carolingia. Si meritò il titolo di “Precettore della Germania”. Spiegò e commentò molti libri sacri del Vecchio e del Nuovo Testamento, utilizzando con sapienza le opere dei grandi Padri: s. Girolamo, s. Agostino e s. Gregorio Magno. Inoltre, scrisse vari manuali e omelie per l’educazione del clero; realizzò delle poesie e iscrizioni per chiese e sepolcri.

    Ma la sua opera più grande fu il “De Universo”: un compendio enciclopedico in 22 libri, con la descrizione di tutto il sapere del suo tempo. Compilò anche un "Martirologio", cioè un elenco dei santi venerati, con note della loro vita o del loro martirio. Gli viene attribuito il celebre inno “Veni Creator Spiritus”, qui sotto presentato.

    VENI CREATOR SPIRITUS (in italiano)
    Vieni, o Spirito creatore, visita le nostre menti, riempi della tua grazia i cuori che hai creato.
    O dolce consolatore, dono del Padre altissimo, acqua viva, fuoco, amore, santo crisma dell'anima.
    Dito della mano di Dio, promesso dal Salvatore, irradia i tuoi sette doni, suscita in noi la parola.
    Sii luce all'intelletto, fiamma ardente nel cuore; sana le nostre ferite col balsamo del tuo amore.
    Difendici dal nemico, reca in dono la pace, la tua guida invincibile ci preservi dal male.
    Luce d'eterna sapienza, svelaci il grande mistero di Dio Padre e del Figlio uniti in un solo Amore.
    Sia gloria a Dio Padre, al Figlio, che è risorto dai morti e allo Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli.
    Amen.


    Morì il 4 febbraio 856 a Magonza e le sue reliquie furono deposte nel monastero di S. Albano a Magonza. Successivamente, furono profanate e disperse dai protestanti. Nominato santo, è festeggiato il 4 Febbraio.

    GIOACCHINO DA FIORE

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    Gioacchino da Fiore, personaggio controverso, nacque a Celico, in provincia di Cosenza, nel 1130-45. Entrò nel ramo cistercense dell'Ordine benedettino e si recò in Terra Santa, per poi ritornare in Italia. Si convinse dell'inadeguatezza del monachesimo tradizionale di fronte alla crisi che attraversavano allora il mondo civile e quello ecclesiale. La sua analisi (detta "esegesi") della Bibbia fu l'occasione per proporre il radicale rinnovamento morale all'interno della Chiesa. Nel 1189, sui monti della Sila, fondò il monastero di S. Giovanni in Fiore, che divenne il centro del nuovo ramo dell'Ordine benedettino, chiamato Ordine Florense, che ottenne l'approvazione, con regolare bolla papale, da papa Celestino III. La vena riformatrice e l'ansia di purezza di Gioacchino attirarono molti francescani della corrente spirituale, ed il dono della profezia che gli veniva attribuito suscitò numerose opere attribuite erroneamente a lui, però con un carattere visionario più che profetico. Queste "opere" riunirono alcuni eretici di diverse provenienze in alcuni gruppi chiamati "gioachimiti" ed ispirati, più o meno liberamente, al pensiero di Gioacchino. Tutti questi elementi misero presto in moto la censura dell'ortodossia e la condanna delle idee di Gioacchino fu netta e decisa, fin dal concilio Lateranense del 1215, anche ad opera di S. Bonaventura (lo stesso santo che presenta a Dante proprio Gioacchino). Nel 1202, Gioacchino da Fiore morì a Canale, nei pressi di Cosenza: la sua salma fu trasportata e tumulata nella cripta di S. Giovanni in Fiore. Papa Onorio III, con una bolla del 1220, lo dichiarò perfettamente cattolico e ordinò che questa sentenza fosse divulgata nelle chiese.

    Sfrondata dai molti errori, opera per lo più dei suoi seguaci, la dottrina di profondo rinnovamento proposta dal beato Gioacchino si basa sulla profezia della "terza età". Ad ogni persona della Trinità, infatti, lui attribuiva un'età storica: all'età del timore - quella del Padre - si era succeduta, con l'Incarnazione, l'età della grazia che ora, sul finire del secolo (non è chiaro quale, comunque), doveva concludersi nell'età dello Spirito Santo, in cui alla chiesa delle gerarchie, vittima della corruzione, avrebbe dovuto sostituirsi la chiesa della spiritualità, guidata da un papa angelico.

    Le "profezie gioachimite" furono aspramente combattute da San Bonaventura, che ora invece è posto accanto a Gioacchino in perfetta concordia ("E lucemi da lato / il calabrese abate Gioacchino / di spirito profetico dotato", cioè: "colui che risplende al mio fianco / è l'abate calabrese Gioacchino da Fiore, / dotato di capacità profetiche"), in modo parallelo a quanto si è visto tra san Tommaso d'Aquino e Sigieri di Brabante nel Canto 10. L'accenno a Gioacchino da Fiore conferma ulteriormente il fatto che che in Paradiso i contrasti terreni sono ormai superati, come si è visto nell'episodio di Piccarda Donati (Canto 3), che nessun risentimento nutriva per chi l'aveva rapita dal chiostro.

    Il tratto che accomuna gli ultimi Spiriti Sapienti della Seconda Corona è l'essere stati difensori, con lo spirito profetico e la predicazione, della moralità in generale e della Chiesa in particolare. Come Natan rimproverò al re Davide i suoi peccati e Giovanni Crisostomo predicò contro l'immoralità della civiltà bizantina, così Gioacchino da Fiore sferzò la corruzione della Chiesa del suo tempo.

    CONCLUSIONE DEL CANTO

    Bonaventura conclude il suo discorso, spiegando che egli ha pronunciato l'elogio di san Domenico, paladino della Chiesa cristiana, per la cortesia di san Tommaso d'Aquino e le sue chiare parole su San Francesco, che hanno indotto lui e gli altri beati della seconda corona a danzare e a cantare.

    COMMENTO

    Si è parlato di canti simmetrici, anche se grande è la differenza nella presentazione dei discepoli dei due santi. San Tommaso fa, infatti, precedere alla vita di san Francesco un’ampia presentazione delle anime che costituiscono con lui la Prima Corona di beati, mentre san Bonaventura delineerà i discepoli di san Domenico (la Seconda Corona) in maniera più sbrigativa e a conclusione del lungo racconto. Inoltre, la contrapposizione interna nei Francescani, con la lacerazione tra Conventuali e Spirituali, che aveva dilaniato i frati minori nel Duecento ed è descritta da Dante, non compare nei Domenicani, che infatti hanno avuto nei secoli uno sviluppo meno tribolato. San Tommaso aveva sottolineato il carattere caritatevole dei francescani e la cultura dei domenicani; lo stesso fa San Bonaventura, presentando il "fare" francescano e il “dire” domenicano: con entrambi, comunque, Dio ha soccorso il suo popolo disperso.

    IL DANTE DI NAGAI

    Dante
    Nel manga, Dante piange nel vedere (a occhi chiusi) le vite di San Francesco e San Domenico; qui però non c'è nessuno che glieli racconta.


    Le due Corone di beati non sono state descritte nel manga: sono al massimo accennate come "corone di angeli". San Tommaso d'Aquino non presenta San Francesco a Dante, nè appare San Bonaventura per elogiare San Domenico. Qui Dante vede i due santi e le loro vite a occhi chiusi, piangendo: non ci sono intermediari. Inoltre, Beatrice dice che "tutti gli angeli che vivono nel Cielo del Sole si stanno radunando per darci il benvenuto, danzano e cantano per noi". Ma, nella Commedia originale, in questi canti non compaiono angeli: sono i santi che danzano e cantano. E non lo fanno per Beatrice o per Dante, come se facessero uno spettacolo per loro. Cantano e danzano per Dio. Anche qui, insomma, "Dio" è assente nel manga: persino in Paradiso non è citato...

    BIBLIOGRAFIA

    https://divinacommedia.weebly.com/paradiso-canto-xii.html

    (Continua qui)

    QUI TUTTI I LINK SULL'ANALISI SU DANTE

    Edited by joe 7 - 3/2/2024, 21:25
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    Ugo da San Vittore ha dato veramente un grande contributo alla scrittura.
    La frase di Giovanni Crisostomo che hai riportato mi pare molto adatta ai nostri tempi.
    Il cantico del paradiso si fa sempre più interessante.
     
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    CITAZIONE (Andrea Michielon @ 28/1/2024, 15:00) 
    Ugo da San Vittore ha dato veramente un grande contributo alla scrittura.

    Non lo sapevo neanch'io, infatti: l'ho scoperto per caso, analizzando il canto. Con la Divina Commedia scopri un mucchio di cose...

    CITAZIONE (Andrea Michielon @ 28/1/2024, 15:00) 
    La frase di Giovanni Crisostomo che hai riportato mi pare molto adatta ai nostri tempi.

    L'ho scelta apposta... ^_^
     
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