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  1. DIVINA COMMEDIA DI NAGAI E DI DANTE: PARADISO, CANTO 11

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    Divina Commedia
    San Francesco
    By joe 7 il 2 Dec. 2023
     
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    PARADISO CANTO 11 - QUARTO CIELO DEL SOLE - TOMMASO D'AQUINO PARLA DI SAN FRANCESCO
    (primo post: qui; precedente post: qui)

    San-Francesco
    San Francesco d'Assisi: letteralmente, un Altro Cristo.



    L'UOMO CHE SI PREOCCUPA DI COSE VANE

    Dante ha appena finito di ascoltare la presentazione della Corona dei Dodici Beati che gli ha fatto San Tommaso d'Aquino e osserva che i ragionamenti degli uomini sono fallaci e li inducono a volgersi alle cose terrene. Dante chiama questi ragionamenti "silogismi", cioè sillogismi: sono ragionamenti filosofici della scuola di Aristotele, basati sulla sola logica. Per esempio, "se M è A, e M è B, allora A sarà anche B". Per esempio: se M è una torta, e A sono i dolci, si ha: "la torta è un dolce", e se B sono gli alimenti, si ha: "La torta (M) è un alimento" si ha come conseguenza che tutti i dolci (A) sono alimenti (B). Oppure: "Tutti gli uomini sono mortali; Socrate è uomo; quindi Socrate è mortale." Non è che Dante condanni la logica aristotelica: condanna piuttosto la logica usata male, per giustificare dei pensieri insensati.

    O insensata cura de’ mortali, (O desiderio folle degli uomini,)
    quanto son difettivi silogismi (quanto sono fallaci i ragionamenti)
    quei che ti fanno in basso batter l’ali! (che ti inducono a volgerti verso il basso! (ai beni terreni)

    Di conseguenza, alcuni si dedicano agli studi giuridici (dietro a iura, cioè appunto gli studi giuridici), altri alle scienze mediche ("chi ad amforismi1 sen giva"). Altri si dedicano alle cariche ecclesiastiche ("seguendo sacerdozio"), altri ancora cercano di regnare con la violenza o con l'inganno ("regnar per forza o per sofismi"). Altri si dedicano ai furti ("rubare"), o agli affari politici ("civil negozio"), o al piacere carnale ("nel diletto de la carne involto s’affaticava") e all'ozio. Invece, Dante ora è libero da tutte queste cose ("da tutte queste cose sciolto"), accolto insieme a Beatrice nell'alto dei Cieli. Può sembrare strano che Dante metta insieme dei lavori normali (medico, giudice, governante), o addirittura vocazioni religiose, insieme ad attività illecite come il rubare, al tiranneggiare eccetera. Il punto è che, se si esclude Dio da ogni attività, sia lecita che illecita, persino nell'attività del sacerdozio, ogni attività allora diventa vana, perchè si tratta in definitiva di cercare solo se stessi.

    I DUBBI DI DANTE

    I dodici spiriti sapienti della prima corona si fermano, dopo essere tornati nel punto da cui erano partiti, simili a fisse candele ("come a candellier candelo", cioè come la candela di un candelabro). Tommaso d'Aquino riprende la parola, sorridendo, e in questo modo aumenta maggiormente il suo splendore. Tommaso dichiara che, leggendo nella mente di Dio, conosce i pensieri di Dante e sa che il poeta dubita riguardo a due sue affermazioni: la prima, quando quando aveva parlato del proprio Ordine Domenicano (in cui aveva detto che ci si arricchisce di beni spirituali, anche se ci sono Domenicani corrotti). Dal canto precedente, infatti, Tommaso aveva detto "u’ ben s’impingua se non si vaneggia":

    Io fui de li agni de la santa greggia (Io fui uno degli agnelli del santo gregge)
    che Domenico mena per cammino (che san Domenico conduce per il cammino,)
    u’ ben s’impingua se non si vaneggia. (dove ci si arricchisce di beni spirituali se non si devia dalla regola.)

    La seconda invece riguarda Salomone, che San Tommaso aveva dichiarato che fosse l'uomo più saggio mai vissuto. Sempre dal canto precedente:

    entro v’è l’alta mente u’ sì profondo (dentro vi è l'alta mente dove fu infuso un sapere così profondo,)
    saver fu messo, che, se ‘l vero è vero (che, se le Scritture dicono il vero,)
    a veder tanto non surse il secondo. (non ci fu un uomo più saggio di lui (Salomone).

    Eppure, alla fine della sua vita, Salomone era finito male, seguendo donne straniere che adoravano altri dei. Per cui è necessaria una spiegazione.

    LA SPIEGAZIONE DI TOMMASO D'AQUINO

    Per prima cosa, Tommaso spiega che la Provvidenza, che governa il mondo con l'infinita saggezza di Dio, al fine di rendere più salda e sicura la Chiesa, dispose la nascita di due principi che la guidassero e le stessero al fianco. Di questi, uno (san Francesco) fu pieno di ardore mistico di carità come i Serafini, l'altro (san Domenico) fu talmente sapiente da risplendere della luce dei Cherubini. Tommaso parlerà solo di Francesco, poiché le opere dei due ebbero un unico fine e quindi, lodando uno qualunque di essi, si lodano entrambi. Inoltre, San Domenico era stato il fondatore dell'ordine dei Domenicani, di cui faceva parte lo stesso Tommaso d'Aquino: quindi, lodando San Domenico, Tommaso avrebbe fatto un implicito elogio al suo ordine e un pò a se stesso.

    SAN FRANCESCO: LA NASCITA

    L'inizio della presentazione di San Francesco da parte di Tommaso ha una descrizione molto dettagliata del luogo dove visse il santo. Andiamo con ordine:

    Intra Tupino e l’acqua che discende (Fra il fiume Topino e il fiume Chiascio, che scorre)
    del colle eletto dal beato Ubaldo, (dal monte d'Ansciano ("colle eletto"), dove il beato Ubaldo pose il suo eremo,)
    fertile costa d’alto monte pende, (il fianco fertile di un alto monte (il Subasio), scende,)

    I fiumi Topino ("Tupino" nel poema) e Chiascio scorrono uno a destra e l'altro a sinistra di Assisi: per questo, San Tommaso li cita insieme. In particolare, si sofferma sul fiume Chiascio, perchè nasce da un monte, detto monte d'Ansciano, dove un santo, Ubaldo Baldassini, visse per un certo periodo da eremita. Qui è chiamato "beato" da Dante, ma era già stato canonizzato, cioè dichiarato santo, dalla Chiesa Cattolica nel 1192, più di un secolo prima di Dante. Più avanti ne parliamo. Infine, San Tommaso cita il monte Subasio: è il monte sul quale sorge Assisi, e ovviamente è tra i fiumi Topino e Chiascio. Sul Subasio c'è l'Eremo delle carceri, un monastero di grotte, dove san Francesco era solito rifugiarsi in meditazione coi suoi compagni. San Tommaso prosegue:

    onde Perugia sente freddo e caldo (dal quale monte Subasio Perugia sente il freddo e il caldo)
    da Porta Sole; e di rietro le piange (dal lato di Porta Sole; e dalla parte opposta del monte ("rietro") piangono,)
    per grave giogo Nocera con Gualdo. (perché in posizione più svantaggiosa, Nocera Umbra e Gualdo Tadino.)

    Sul Subasio, che è una montagna piuttosto estesa, dai pendii non troppo scoscesi e con un'altezza modesta, sorge anche la capitale, Perugia, che trae vantaggio dalla sua posizione, perchè è a ovest del monte Subasio: il monte copre il sole all'inizio della giornata, ma poi l'astro percorre tutto il suo arco ,illuminando Perugia. Inoltre, il freddo dell'inverno è ostacolato dal monte, che ne blocca i venti. Porta Sole, citata da Dante, è uno dei quartieri più antichi di Perugia, ed è nel punto più alto della città, chiamato appunto colle del Sole. Da lì si poteva sentire o il maggior caldo o il maggior freddo. Oggi Porta Sole non è più nella sua forma originaria, e ufficialmente è chiamata Porta dei Gigli: ma il nome originario, tra i perugini, rimane.
    Come ho detto, è il punto più alto della città: è a 494 metri sopra il livello del mare, e da lì si vede non solo tutta Perugia, ma anche Assisi. Porta Sole guarda a Oriente, dove sorge il sole: da qui il nome e la posizione vantaggiosa citata da Dante.
    Invece, i paesi di Nocera Umbra e Gualdo Tadino, che sorgono dal lato opposto del monte Subasio, a Oriente, sono in posizione svantaggiosa. Infatti, vedono per primi il sole, però poi la montagna ne copre il percorso, mettendoli subito in ombra; inoltre, in inverno il Subasio non li protegge dai venti, che evidentemente in quella zona sono costanti.

    Ora devo interrompere un momento il canto, per parlare del santo appena menzionato da Dante, Ubaldo Baldassini.

    SANT'UBALDO BALDASSINI

    190-Gubbio-SUbaldo
    La spoglia incorrotta di Sant'Ubaldo.


    Ubaldo Baldassini (1084–1160) nacque a Gubbio e fu vescovo del paese, e, prima di diventarlo, passò una vita da eremita proprio sul monte d'Ansciano. Dopo l'incendio di Gubbio del 1125, si adoperò per la ricostruzione del duomo e dell'ospedale. Aiutò la cittadinanza durante l'assedio a Gubbio voluto da undici città rivali (Perugia e altre) e trattò personalmente con Federico Barbarossa per evitare la distruzione della città. Colpito da malattia, continuò lo stesso senza sottrarsi, fino alla fine, ai suoi doveri vescovili. Domenica 15 maggio chiese l'estrema unzione e morì all'alba del 16 maggio 1160. Il suo corpo riposa incorrotto nella basilica di Sant'Ubaldo, a Gubbio, sul Monte Ingino.

    LA NASCITA DI SAN FRANCESCO

    Ora possiamo continuare la presentazione: dal fianco meno ripido del Subasio, continua San Tommaso, c'è Assisi, dove nacque un Sole per il mondo, cioè San Francesco: proprio come fa il Sole vero, che sorge talvolta dal fiume Gange ("talvolta": cioè all'equinozio di primavera, quando è più luminoso). Da notare che il Gange è in India. Quel punto ai tempi di Dante era considerato l'Estremo Oriente: il Giappone era ancora troppo lontano. Ai tempi di Dante, era solo il remoto "Cipango" citato da Marco Polo nel Milione, pubblicato nel 1298, poco prima della Divina Commedia. Marco Polo non potè andarci, perchè anche allora il Giappone/Cipango era un paese chiuso: gli stranieri, anche cinesi, non erano ammessi. Quindi ne sentì solo parlare alla corte del Kublai Khan. Inoltre, col paragone tra Francesco e il Sole, Dante ci sta comunicando l’analogia tra San Francesco e Gesù, che è il Sole per l’umanità: la stessa data di nascita di Gesù coincide con la festività del "Sol invictus" per i Romani, il 25 Dicembre: la data in cui le giornate cominciano ad allungarsi lentamente e le notti ad accorciarsi lentamente.

    Di questa costa, là dov’ella frange (Da questo fianco del monte, nel punto in cui esso)
    più sua rattezza, nacque al mondo un sole, (diventa meno ripido (cioè ad Assisi), nacque un Sole per il mondo (san Francesco)
    come fa questo tal volta di Gange. (come fa il Sole vero e proprio, che talvolta nasce dal Gange.)

    Perciò, continua Tommaso, se qualcuno parla di Assisi, non la dovrebbe chiamare così, ma "Oriente", visto che ha dato i natali al nuovo Sole, cioè il Santo. Da notare che Dante dice "Ascesi" anzichè "Assisi": nel dialetto del'Italia Centrale, infatti, Assisi era chiamata così. Ma non si può escludere che Dante facesse riferimento all'ascesi spirituale.

    Però chi d’esso loco fa parole, (Dunque, chi parla di questo luogo,)
    non dica Ascesi, ché direbbe corto, (non lo chiami "Assisi", poiché direbbe poca cosa,)
    ma Oriente, se proprio dir vuole. (ma lo chiami "Oriente", se proprio vuole parlarne.)

    SAN FRANCESCO SPOSA MADONNA POVERTA'

    Francesco-e-la-Povert
    Il matrimonio tra San Francesco e la Povertà.


    Francesco, continua Tommaso, era ancora molto giovane, quando cominciò a riverberare sulla Terra le sue benefiche virtù: infatti volle sposare una donna (la Povertà) alla quale nessuno vuole unirsi, come se fosse la morte, e a causa di essa venne in contrasto con il padre. Francesco si unì a lei in mistiche nozze, davanti al tribunale episcopale e al padre, spogliandosi dei beni e vivendo poi con la Povertà che amò sempre di più:

    Non era ancor molto lontan da l’orto, (Non era ancora molto lontano dalla sua nascita,)
    ch’el cominciò a far sentir la terra (quando Francesco cominciò a riflettere in Terra)
    de la sua gran virtute alcun conforto; (la sua luminosa virtù; )

    ché per tal donna, giovinetto, in guerra (infatti, ancora giovane, si scontrò (col padre) per una donna (la Povertà)
    del padre corse, a cui, come a la morte, (alla quale, come se fosse la morte,)
    la porta del piacer nessun diserra; (nessuno vuole unirsi;)

    e dinanzi a la sua spirital corte (e di fronte al tribunale episcopale)
    et coram patre le si fece unito; (e in presenza del padre le si unì in nozze;)
    poscia di dì in dì l’amò più forte. (in seguito, l'amò sempre di più ogni giorno.)

    Francesco, in rapporto a Madonna Povertà, viene descritto da Dante con un linguaggio cavalleresco-cortese ed erotico-carnale: lui si innamora e si sposa con Madonna povertà, disprezzata e reietta da tutti, e provocatoriamente Dante scrive che il Santo ha avuto un rapporto fisico con lei ("le si fece unito"). La povertà, dopo la crocifissione di Cristo, suo primo marito, era rimasta per più di millecento anni sola e disprezzata da tutti, e non era servito che Cesare durante la guerra civile con Pompeo la trovasse sicura e tranquilla in compagnia del pescatore Amiclàte2; non le servì dimostrarsi fedele e fiera, come quando aveva seguito, piangente, Cristo sulla croce, mentre Maria era rimasta ai piedi di essa. Tommaso precisa a questo punto che sta parlando di Francesco e di Madonna Povertà, unitisi appunto in mistiche nozze.

    SAN FRANCESCO, I FRANCESCANI E L'APPROVAZIONE DELLA REGOLA FRANCESCANA

    Francesco-e-il-Papa
    S. Francesco ottiene prima da Papa Innocenzo III l'approvazione a voce della Regola Francescana; poi otterrà da Papa Onorio III l'approvazione scritta.


    La concordia di Francesco e Povertà, il loro amore e il dolce sguardo dell'uno per l'altra suscitavano pensieri santi e indussero per primo Bernardo di Quintavalle a unirsi a loro e a seguirli scalzo, con lieta sollecitudine. Il suo esempio fu presto seguito da Egidio e Silvestro, che andarono dietro allo sposo per amore della sposa (aderendo all'ideale francescano di povertà); e Francesco fu a capo di quella famiglia, che ormai portava i fianchi cinti da una corda.

    La lor concordia e i lor lieti sembianti, (La loro concordia, il loro lieto aspetto,)
    amore e maraviglia e dolce sguardo (l'amore, la meraviglia e il loro dolce sguardo)
    facieno esser cagion di pensier santi; (producevano negli altri dei santi pensieri;)

    tanto che ‘l venerabile Bernardo (al punto che il venerabile Bernardo di Quintavalle)
    si scalzò prima, e dietro a tanta pace (fu il primo a togliersi le calzature e corse dietro a quella pace (seguì il santo)
    corse e, correndo, li parve esser tardo. (e, pur correndo, gli sembrava di essere lento.)

    Oh ignota ricchezza! oh ben ferace! (O ricchezza sconosciuta! O bene fecondo!)
    Scalzasi Egidio, scalzasi Silvestro (Egidio e Silvestro si tolgono anch'essi i calzari)
    dietro a lo sposo, sì la sposa piace. (e seguono lo sposo (Francesco), tanto piace la sposa (Povertà).

    Bernardo di Quintavalle fu il primo discepolo di San Francesco: fondò a Bologna, nel 1211, il primo convento francescano, ed assistette alla morte del santo. Egidio e Silvestro furono altri suoi seguaci: Egidio fu un uomo semplice e modesto, mentre Silvestro era stato il prete di Assisi e avrebbe seguito Francesco dopo un sogno, in cui il santo difendeva Assisi, minacciata da un terribile dragone. Francesco si recò poi a Roma per illustrare a papa Innocenzo III la sua severa Regola, e, nonostante fosse figlio di un mercante, Pietro Bernardone, non si vergognò della sua umile condizione e di fronte al pontefice si comportò con modi regali; il papa diede la prima approvazione - orale - all'Ordine.

    Indi sen va quel padre e quel maestro (In seguito quel padre e quel maestro se ne va (a Roma)
    con la sua donna e con quella famiglia (con la sua donna e con la sua famiglia,)
    che già legava l’umile capestro. (che già cingeva i fianchi con l'umile cinto.)

    Né li gravò viltà di cuor le ciglia (E la viltà d'animo non gli fece abbassare lo sguardo,)
    per esser fi’ di Pietro Bernardone, (essendo figlio di Pietro Bernardone,)
    né per parer dispetto a maraviglia; (né per essere tanto umile da suscitare meraviglia;)

    ma regalmente sua dura intenzione (ma, con atteggiamento regale, la sua severa Regola)
    ad Innocenzio aperse, e da lui ebbe (svelò a papa Innocenzo III e da lui)
    primo sigillo a sua religione. (ebbe il primo avallo al suo Ordine.)

    I seguaci aumentarono di numero, così papa Onorio III diede la seconda approvazione, stavolta scritta, con cui lo Spirito Santo coronò il santo volere di Francesco.

    Poi che la gente poverella crebbe (E dopo che i seguaci poveri aumentarono)
    dietro a costui, la cui mirabil vita (dietro a Francesco, la cui vita ammirevole)
    meglio in gloria del ciel si canterebbe, (si canterebbe meglio a gloria del Paradiso,)

    di seconda corona redimita (con una seconda corona venne coronata)
    fu per Onorio da l’Etterno Spiro (dallo Spirito Santo, attraverso papa Onorio III,)
    la santa voglia d’esto archimandrita. (la volontà santa di questo pastore.)

    "Redimita" è un latinismo, cioè un termine preso dal latino: in questo caso "redimire", cioè "incoronare", e vuol dire "coronata". "Archimandrita" invece è un grecismo, preso quindi dal greco, e significa "pastore". Si tratta di un linguaggio altamente letterario che impreziosisce il linguaggio di Tommaso.

    SAN FRANCESCO VA A CONVERTIRE I MUSULMANI

    Francesco-e-il-Sultano
    San Francesco propose al Sultano la prova del fuoco: lui si sarebbe gettato nel fuoco nel nome di Gesù, un musulmano lo avrebbe fatto nel nome di Allah: chi non si farà nulla avrà ragione e il suo Dio sarà il Vero Dio. Il Sultano rifiutò la prova. Immagine presa qui.


    San Francesco, continua Tommaso, si recò poi in Terrasanta, presentandosi davanti al Sultano, ma trovò quelle genti non ancora pronte alla conversione:

    E poi che, per la sete del martiro, (E dopo che, per desiderio del martirio,)
    ne la presenza del Soldan superba (alla presenza superba del Sultano d'Egitto,)
    predicò Cristo e li altri che ‘l seguiro, (predicò Cristo e i suoi discepoli)

    e per trovare a conversione acerba (e dopo che, avendo trovato quei popoli restii alla conversione)
    troppo la gente e per non stare indarno, (e per non stare lì invano,)
    redissi al frutto de l’italica erba, (era tornato in Italia,)

    San Francesco, seguendo le Crociate, andò dal Sultano Malik al-Kamil nel 1219. Nella vita di san Francesco d’Assisi narrata da san Bonaventura, si narra che San Francesco, insieme al suo compagno, Pietro di Cattanio, si recò in Terrasanta al seguito delle Crociate “tra gli infedeli, a portare con l’effusione del suo sangue, la fede nella Trinità”. La spinta che muove San Francesco a recarsi nei luoghi in cui imperversava “una guerra implacabile” tra Cristiani e Saraceni era la conquista della “sospirata palma del martirio” e la conversione degli infedeli. Non è che San Francesco avesse voglia di morire in senso masochistico: piuttosto, voleva testimoniare Cristo anche quando era rischioso. "Martirio" significa infatti "testimonianza". L’incontro con le guardie del Sultano fu molto violento: “Ma ecco che alcune guardie saracene, subito s’avventano su di lui come dei lupi e li arrestano; li malmenano con ferocia e disprezzo; li coprono d’ingiurie; li battono con sferze; li legano con dure catene. Dopo mille tormenti, sfiniti, per disposizione di Dio, vengono tratti alla presenza del Sultano, come Francesco desiderava”. Sulla durezza dell’accoglienza di Francesco presso il Sultano scrive anche un biografo recente, il danese Giovanni Joergensen: “i due frati furono trattati duramente, ma Francesco, a forza di gridare continuamente: «Soldano, Soldano!» (cioè: "Sultano"), poté finalmente ottenere d’esser condotto alla presenza del comandante dei credenti”.

    Sempre dal Bonaventura apprendiamo la grande fede che muove Francesco nel partecipare alla Quinta Crociata, rispondendo alla domanda del Sultano sul motivo della sua presenza in Egitto: “Non da uomo, ma da Dio siamo stati mandati, per mostrare a te e al tuo popolo la via della salute e annunziarvi il Vangelo”. A queste parole, è opinione assai comune tra i biografi di San Francesco, il Sultano rimase particolarmente colpito, tanto che invitò il santo di Assisi a rimanere con lui. Ma Francesco rispose così: “Si, volentieri rimarrò con te, se tu e il tuo popolo vi convertirete a Cristo”. Il Sultano allora sfidò Francesco, addirittura rifacendosi al Vangelo: “Il vostro Dio ha insegnato nei suoi Vangeli che non si deve rendere male per male. Quanto più dunque i cristiani non devono invadere la nostra terra?“. Ma Francesco replicò: “Non sembra che abbiate letto per intero il Vangelo di Cristo, nostro Signore. Altrove dice infatti: ‘Se un tuo occhio ti scandalizza, cavalo e gettalo lontano da te. Con questo, Gesù ci volle insegnare che dobbiamo sradicare completamente un uomo, per quanto caro o vicino — anche se ci fosse caro come un occhio della testa — che cerchi di toglierci dalla fede e dall’amore del nostro Dio. Per questo i cristiani giustamente attaccano voi e la terra che avete occupato, perché bestemmiate il nome di Cristo e allontanate dal suo culto quelli che potete. Se però voleste conoscere il creatore e redentore, confessarlo e adorarlo, vi amerebbero come loro stessi“. Francesco propose al Sultano la prova di Dio: attraversare il fuoco. Se lui fosse sopravvissuto alle fiamme, senza avere alcun danno, lui e il suo popolo si sarebbero convertiti a Cristo. Il Sultano, per paura di una rivolta popolare dei musulmani, rifiutò l’estrema prova: comunque rimase sbalordito dall’enorme fede di Francesco. Inoltre, ucciderlo avrebbe provocato la reazione rabbiosa dei Crociati, che erano vicino al loro campo, per i quali Francesco era un grandissimo santo, un uomo di Dio. Quindi il Sultano preferì lasciar andare via Francesco e gli altri. Va detto che San Francesco mai si oppose alla Crociata, definendola “la santa impresa”, in quanto con essa si sarebbero giustamente restituiti alla Cristianità i luoghi sacri della Redenzione, che furono sottratti dai cristiani con la forza da parte degli Islamici.

    SAN FRANCESCO E LE STIMMATE

    Stimmate
    14 Settembre 1224, giorno dell'Esaltazione della Croce: attorno a quel giorno, San Francesco riceve le stimmate sulla Verna, festeggiate il 17 Settembre. Si tratta di avere le stesse piaghe di Gesù; inoltre, nelle sue mani e nei suoi piedi si formarono come delle escrescenze a forma di chiodi. Fu il primo cristiano stimmatizzato (anche se si pensa che San Paolo abbia avuto le stimmate). Le stimmate indicano una vicinanza più completa all'amore e alla passione del Signore.


    San Francesco tornò in Italia e si ritirò sul monte della Verna, il "crudo sasso" fra Tevere ed Arno, dove ricevette l'ultimo e definitivo sigillo alla Regola, cioè le stimmate, che portò per due anni, fino alla morte.

    nel crudo sasso intra Tevero e Arno (sul monte della Verna tra Tevere e Arno)
    da Cristo prese l’ultimo sigillo, (ricevette da Cristo l'ultimo sigillo (le stimmate),
    che le sue membra due anni portarno. (che il suo corpo portò per due anni.)

    La Verna si trova sull'Appennino toscano. Si tratta davvero di un "crudo sasso", cioè un grande macigno che sembra sorgere all'improvviso dal terreno erboso circostante. Una leggenda narra che il roccioso Monte della Verna si fosse creato a seguito di un forte terremoto, con conseguente eruzione sul crinale della montagna, avvenuto nel momento della morte di Gesù in croce.

    Verna
    Il monte della Verna: qui San Francesco ricevette le stimmate.


    Tommaso conclude la sua narrazione: quando a Dio piacque chiamare a sé da questa vita San Francesco, questi raccomandò ai confratelli la sua donna, la Povertà, quindi la sua anima lasciò il corpo ed egli fu seppellito nudo nella nuda terra, secondo la sua volontà.

    Quando a colui ch’a tanto ben sortillo (Quando a Dio, che l'aveva destinato a un tale bene,)
    piacque di trarlo suso a la mercede (piacque di chiamarlo in Paradiso alla ricompensa)
    ch’el meritò nel suo farsi pusillo, (che egli aveva meritato nel farsi umile,)

    ("pusillo" è un latinismo, dal latino "pusillus", cioè "piccino, meschino", e vuol dire "umile".)

    a’ frati suoi, sì com’a giuste rede, (raccomandò ai suoi confratelli, come a legittimi eredi,)
    raccomandò la donna sua più cara, (la sua donna più cara (la Povertà)
    e comandò che l’amassero a fede; (e comandò loro che l'amassero restandole fedeli;)

    e del suo grembo l’anima preclara (e dal grembo della Povertà la sua anima illustre)
    mover si volle, tornando al suo regno, (volle muoversi, tornando in Paradiso,)
    e al suo corpo non volle altra bara. (mentre al suo corpo non volle altra bara che non fosse la nuda terra.)

    Due-secoli-fa-venne-ritrovato-il-corpo-di-San-Francesco-d-Assisi_articleimage
    La tomba di San Francesco, nella Basilica di San Francesco, ad Assisi. Non potevano certo lasciarlo nella "nuda terra"...


    TOMMASO CRITICA I DIFETTI DEI DOMENICANI

    Dopo aver finito l'elogio a San Francesco, Tommaso d'Aquino invita Dante a pensare quale fu il degno collega di Francesco nel governare la nave della Chiesa in alto mare: e questi fu appunto san Domenico, fondatore dell'Ordine cui appartenne il beato. Chi ne fa parte e si attiene alla Regola, non può che acquistare grandi meriti. Tuttavia, le pecore di questo gregge sono diventate ghiotte di altro cibo (cioè i beni terreni), quindi si allontanano dai loro pascoli (cioè, deviano dalla Regola) e, quanto più vagano, tanto più povere di latte tornano all'ovile. Certo, ci sono alcune fra di esse che si stringono al pastore (si attengono alla Regola), ma sono talmente poche, che occorre poco panno a confezionare le loro cappe.

    Ben son di quelle che temono ‘l danno (Certo, ce ne sono alcune che temono il danno)
    e stringonsi al pastor; ma son sì poche, (e si tengono strette al pastore (seguono la Regola), ma sono così poche)
    che le cappe fornisce poco panno. (che serve poco panno a confezionare le loro cappe.)

    A questo punto, Dante, se ha ascoltato con attenzione, può ben capire quali sono i difetti dell'Ordine Domenicano, e può intendere il biasimo di san Tommaso quando ha detto "U’ ben s’impingua, se non si vaneggia", cioè "ci si arricchisce spiritualmente (nell'Ordine Domenicano), se non si devia dalla Regola."

    COMMENTO

    Questo Undicesimo Canto del Paradiso è dedicato soprattutto a San Francesco, mentre il prossimo, il Dodicesimo, sarà su San Domenico. Le lodi di San Francesco sono state fatte da Tommaso d'Aquino, un domenicano, mentre quelle di San Domenico saranno pronunciate da San Bonaventura, un francescano. Tra l'altro, era consuetudine, nel Medioevo, che, durante le celebrazioni degli ordini mendicanti, un domenicano esaltasse il fondatore dei francescani (san Francesco) e un francescano mettesse in risalto i pregi del fondatore dei domenicani (san Domenico). Inoltre, San Tommaso, nel poema, rimprovera i Domenicani e San Bonaventura rimprovererà i francescani. I due canti, quindi, si riflettono a vicenda, formando un chiasmo, cioè un'inversione reciproca tra due frasi o versi consecutivi.
    Tommaso prende spunto dal dubbio di Dante circa le sue parole sui Domenicani per parlare di San Francesco, farne l'elogio e così rampognare i Domenicani infedeli. Per quanto riguarda l'altro dubbio di Dante, quello su Re Salomone, la risposta sarà data più avanti.

    Dante mette insieme San Francesco (1181–1226) e San Domenico (1170–1221) in questi due canti. Infatti, nel Medioevo, sono sempre stati visti insieme come complementari, essendo vissuti contemporaneamente e avendo aiutato la Chiesa ciascuno a modo suo: San Francesco, l'"Altro Cristo", con la sua povertà e carità, e San Domenico con la sua sapienza, scelti dalla Provvidenza come suoi principi e campioni.

    Nel Cantico del Paradiso sono frequenti gli attacchi contro al Chiesa: quello di S. Tommaso d'Aquino contro i Domenicani è solo un esempio, tra i tanti che seguiranno.

    STRUTTURA SIMBOLOGICA DEL PARADISO

    Se si dividesse il Paradiso in tre parti, riscontreremmo la presenza di figure basilari nel canto iniziale e in quello conclusivo di ciascuna delle tre parti. Vi è come un percorso cronologico, che, dall’epoca contemporanea a Dante, ritorna indietro nel tempo, fino al momento dell’Incarnazione. Potremmo parlare di una prospettiva temporale retrograda. Infatti, nella prima parte, abbiamo il primo canto, in cui troneggia la figura di Beatrice, colei che ha permesso al poeta di incontrare Cristo; mentre nell’Undicesimo canto, cioè questo, che conclude il primo terzo della Cantica, incontriamo san Francesco, che è uno dei santi principali del Duecento e dell’intera storia della Chiesa.

    La seconda parte si aprirà con san Domenico (Canto 12), un santo ancora del Duecento come San Francesco, e si concluderà con san Benedetto nel 22° canto, che fu il fondatore del monachesimo occidentale nel secolo 500: quindi si va indietro nel tempo

    La terza parte, col Canto 23°, introduce il trionfo di Cristo, e, attraverso l’incontro coi grandi apostoli (tra cui san Pietro, san Giacomo, san Giovanni) conduce fino alla Madonna (33° e ultimo Canto), che, col suo «sì», ha permesso l’Incarnazione, rendendosi così Corredentrice dell’umanità e, infine, alla visione della Trinità.

    Dai santi contemporanei di Dante si passa così gradualmente, sempre più indietro, fino a quel momento nel tempo in cui il Mistero, facendosi carne umana, ha mostrato all’uomo il modello da seguire, cioè Gesù Cristo: da allora ogni uomo è chiamato alla santità, cioè all'imitazione di Cristo.

    VITA DI SAN FRANCESCO

    Francesco-e-Lupo
    Il famoso incontro tra San Francesco e il Lupo di Gubbio.


    Nato nel 1181 (o 1182) ad Assisi, figlio di Pietro di Bernardone, mercante di tessuti con la Francia, Francesco cresce affascinato dai cavalieri che conosce attraverso la lettura dei romanzi d’Oltralpe. Perceval e Lancillotto sono solo alcuni esempi che sono per lui il modello ideale a cui vorrebbe assomigliare. Così, a 20 anni, partecipa alla guerra che vedeva contrapposta Assisi a Perugia e viene imprigionato. Più tardi, nel 1204, tenta di raggiungere Gualtieri III di Brienne per unirsi alla Crociata, ma si ammala nei pressi di Spoleto. Un’ennesima sconfitta per uno come lui che intendeva eccellere nel campo delle armi. Sono tutti episodi estremamente significativi nel percorso di conversione. Nel 1205, partito per Roma per ottemperare a compiti assegnatigli dal padre, dona parte dei beni ai poveri. Poi, sulla strada di casa, incontrando un lebbroso, lo abbraccia e lo bacia, riconoscendo in lui il volto di Gesù. Nello stesso anno, sente il crocifisso della chiesa di san Damiano rivolgersi a lui: "Francesco, va’ e ripara la mia casa che, come vedi, è tutta in rovina". Nel 1206, di fronte al vescovo, autorità religiosa e civile, dinanzi al padre e alla cittadinanza, Francesco rinuncia all’eredità paterna, lascia tutte le sue sostanze e inizia una vita nuova, tra la predicazione del Vangelo e la mendicanza. In poco tempo, molti diventano i suoi seguaci, tanto che nel 1209 si reca a Roma per chiedere l’approvazione orale della Regola da papa Innocenzo III. Al 1223, anno dell’approvazione scritta della regola da parte di papa Onorio III, risale secondo la tradizione anche il primo presepe a Greccio: infatti, San Francesco fu l'inventore del Presepe. Dopo aver seguito i Crociati in Terra Santa e aver cercato di convertire i Musulmani, ritornato in Italia, nel 1224, alla Verna, Francesco riceve le stimmate, portando così su di sè la sofferenza e l'amore di Cristo in croce. È anche l’anno in cui Francesco compone il Cantico delle creature, considerato il primo testo della letteratura italiana: fu realizzato dal Santo anche in contrasto con l'eresia catara/albigese, che disprezzava il Creato, considerandolo diabolico. Il 3 ottobre 1226 Francesco ritorna al Cielo. È sera, per questo il dies natalis, il giorno di nascita alla vita eterna, quello in cui si celebra il santo, è il 4 ottobre.

    CANTICO DELLE CREATURE

    san-francesco-d-assisi_300x200


    Altissimu, onnipotente, bon Signore,
    tue so' le laude, la gloria e 'honore et onne benedictione.
    Ad te solo, Altissimo, se konfàno
    et nullu homo ène dignu te mentovare.

    Laudato sie, mi' Signore, cum tucte le tue creature,
    spetialmente messor lo frate Sole,
    lo qual è iorno, et allumini noi per lui.
    Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore,
    de te, Altissimo, porta significatione.

    Laudato si', mi' Signore, per sora Luna e le stelle,
    in celu l'ài formate clarite et pretiose et belle.

    Laudato si', mi' Signore, per frate vento
    et per aere et nubilo et sereno et onne tempo,
    per lo quale a le tue creature dài sustentamento.

    Laudato si', mi' Signore, per sor'aqua,
    la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta.

    Laudato si', mi' Signore, per frate focu,
    per lo quale ennallumini la nocte,
    et ello è bello et iocundo et robustoso et forte.

    Laudato si', mi' Signore, per sora nostra matre terra,
    la quale ne sustenta et governa,
    et produce diversi fructi con coloriti flori et herba.

    Laudato si', mi' Signore, per quelli ke perdonano per lo tuo amore,
    et sostengono infirmitate et tribulatione.
    Beati quelli che 'l sosterrano in pace,
    ca da te, Altissimo, sirano incoronati.

    Laudato si' mi' Signore per sora nostra morte corporale,
    da la quale nullu homo vivente pò scappare:
    guai a quelli che morrano ne le peccata mortali;
    beati quelli che trovarà ne le tue santissime voluntati,
    ka la morte secunda no 'l farrà male.

    Laudate et benedicete mi' Signore' et ringratiate
    et serviateli cum grande humilitate.


    BIBLIOGRAFIA
    https://divinacommedia.weebly.com/paradiso-canto-xi.html

    ---------------------------------------

    1 gli amforismi si riferiscono agli studi medici, perchè "Aforismi" era il titolo dell'opera di Ippocrate, il padre della medicina: nell'opera sono esposti i principi della professione del medico, volti ad una puntuale ricerca delle cause e le misure più efficaci contro le malattie.

    2 Amiclate: Nella Pharsalia (o Farsaglia) del poeta Marco Anneo Lucano, si parla di Amiclate, un pescatore talmente povero da non temere di lasciare la porta della sua capanna aperta durante le scorrerie di Cesare e Pompeo durante la guerra civile: tanto, non potevano rubargli nulla, visto che non aveva nulla.


    (Continua qui)

    QUI TUTTI I LINK SULL'ANALISI SU DANTE

    Edited by joe 7 - 20/1/2024, 17:41
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    Nel 1980 la Marvel pubblicò la biografia a fumetti della vita di San Francesco, intitolata "San Francesco: Brother of the Universe" (https://www.lastampa.it/blogs/2013/04/06/n...vel-1.37243722/).
    Leggendo della vita di questo grande santo mi chiedo che succederebbe se fosse vissuto ai giorni nostri, dove il materialismo e la smania di possesso regnano sovrani.
    O almeno, in questi tempi in cui gli uomini non sono spirituali come un tempo.
     
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    Ne ho sentito parlare di questa biografia di San Francesco: si trattava di un fumetto realizzato da Mary Jo Duffy (sceneggiatrice) e John Buscema (disegnatore). E' stato tradotto in varie lingue: in italiano no, curiosamente. L'idea di creare questo fumetto è venuta alla fine del 1970, quando il frate francescano Campion Lally aveva iniziato una conversazione con Gene Pelc, che all'epoca era il direttore della Marvel Comics in Giappone e un frequente partecipante alla messa nella cappella francescana situata a Tokyo. Il suggerimento di Fra Lally è stato quello di commemorare con un fumetto l'800° anniversario della nascita di San Francesco nel 1982. Pelc apprezzò l'idea e suggerì che un frate francescano collaborasse all'opera.

    Il titolo del fumetto è assurdo: non ha senso chiamare San Francesco "fratello dell'Universo". L'universo non è il fratello di Francesco. E' vero che lui chiamava il Sole "Frate Sole", ma nel senso di dono di Dio, non nel senso di persona. "Fratelli" per San Francesco erano tutti gli uomini, figli di Dio, figli dello stesso Padre. Da qui appunto il termine "frate", cioè fratello.

    Con Francesco "fratello dell'Universo" si trasforma invece il Santo in una specie di santone new age tutt'uno con la Natura con la "n" maiuscola. Ma San Francesco non adorava la natura: la vedeva solo come dono di Dio: non la ammirava in sè, come se fosse l'origine di tutto. Al contrario di Nausicaa, la cui versione orientale è contraria a quella cristiana di San Francesco.

    Pure la scena della stimmatizzazione di San Francesco è ridicola: sembra quella di uno che acquista i superpoteri stile Marvel.

    San Francesco è rappresentato sempre come vogliono loro: o ambientalista, o ribelle (si notano dei cenni nel fumetto al riguardo) o animalista. O come lo scemo del villaggio che ride sempre, parla agli uccellini e dà le pacche sulle spalle a tutti. Ma sono fuori strada.

    Se San Francesco fosse vissuto oggi...ci vorrebbe davvero la grazia di un San Francesco che cammina oggi. Abbiamo davvero bisogno di santi, invece di disumani pianificatori che ti ficcano il naso anche nelle mutande per vedere se sei in regola.

    Gli uomini non erano spirituali nemmeno ai tempi di San Francesco: Gesù gli aveva detto che "la sua casa era tutta in rovina", quindi ai tempi di San Francesco la spiritualità, nella chiesa e fuori, era andata a ramengo come oggi, quindi non è cambiato niente. Per questo avevo detto che oggi c'è bisogno di santi, invece di persone che fanno schemi e piani.
     
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    Sì, la scena delle stimmate l'ho vista anche io on-line e ho avuto il tuo stesso pensiero, tanto più che ho temuto che il fumetto snaturasse il Santo d'Assisi.
     
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    CITAZIONE (Andrea Michielon @ 3/12/2023, 14:22) 
    Sì, la scena delle stimmate l'ho vista anche io on-line e ho avuto il tuo stesso pensiero, tanto più che ho temuto che il fumetto snaturasse il Santo d'Assisi.

    E' molto difficile parlare di San Francesco senza cadere nello sdolcinato o nel retorico. Anche i famosi "Fioretti di San Francesco" sono così. E' un santo troppo particolare, rispetto agli altri: ha percorso una strada che ben pochi possono capire pienamente, una strada dove "persino gli angeli non osano passare", si dice. Chesterton ha provato ad analizzarlo e a capirlo facendo un libro su di lui (semplicemente intitolato "San Francesco d'Assisi"), e credo che sia stato l'unico tentativo serio di avvicinarsi meglio a questo particolare personaggio.
     
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    C'è sempre bisogno di quello slancio, fosse pure un sogno matto...
     
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    CITAZIONE (berlicche677 @ 3/12/2023, 14:56) 
    C'è sempre bisogno di quello slancio, fosse pure un sogno matto...www.youtube.com/watch?v=pUR2QxLJRE8

    E' bello, ma per avere un mondo migliore bisogna prima cominciare migliorando se stessi.
     
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