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  1. ZAGOR: "SANDY RIVER" (Joe7)

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    Zagor
    By joe 7 il 19 July 2019
     
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    ZAGOR 133-136: SANDY RIVER (analisi di Joe7)
    (La prima parte con l'analisi e la trama della storia si trova qui)

    Testi: Guido Nolitta (Sergio Bonelli)
    Disegni: Franco Donatelli

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    Sandy River, che è un richiamo alla strage degli indiani a Sand Creek 1 sin nel titolo, è una delle storie più amare di Nolitta ed è una di quelle che amo di meno. Ma è raccontata comunque in modo magistrale, come ha sottolineato Ivan nella sua analisi. E' una storia - come quella di Billy Boy - totalmente incentrata a favore degli indiani, condannando gli uomini bianchi senza appello, mostrando con dovizia di particolari solo i loro massacri e nascondendo quelli della controparte.

    Lo stesso Zagor, caso raro, per la maggior parte della storia, ha un vestito indiano e non il suo normale costume. E' una soddisfazione vederlo pestare Raskin, OK, ma dà nello stesso tempo un effetto straniante vederlo senza la sua divisa.

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    Questo fatto di Zagor vestito da indiano comune mostra chiaramente il suo essere totalmente dalla parte degli indiani ed è sicuramente efficace. Questo toglie però la neutralità del personaggio e diminuisce la sua importanza. La posizione filo-indiana di Zagor qui comunque è "accidentale", visto che lui per principio si schiera con le vittime di un'ingiustizia, bianchi o rossi che siano. La riprova sta nel fatto che, quando il piccolo gruppo di soldati guidati dall'amico Bob si ritrova assediato dai Sauk, Zagor accorre in loro aiuto, poiché in quel momento i deboli erano i bianchi. Comunque, al di là degli episodi isolati, non ci sono dubbi che in questa storia la parte della vittima la fanno i pellerossa, quindi non ci sono ambiguità sulla posizione presa da Zagor. Comunque, dal punto di vista semplicemente visivo, senza la sua casacca rossa Zagor si staglia poco sugli altri. E' una cosa chiaramente voluta da Nolitta, ma così si elimina quasi il protagonista dalla storia, dando risalto alla fine a Cinzia Bradmayer, la vera "Zagor" della storia (cioè, colei che risolve la situazione).

    La sua azione "alla garibaldina", in cui Cinzia spara senza aver mai fatto pratica prima (dubito che sia stata una pistolera), sistema Raskin, ma toglie definitivamente la possibilità di un vero confronto tra Raskin e Zagor, che Nolitta non ha voluto fare, visto che in pratica tutta la storia tende a questo finale. In sostanza, Raskin qui fa la fine dello scarafaggio schiacciato in un attimo, diventando un personaggio completamente negativo, un demone da scacciare. Una cosa insolita in Nolitta, abituato a fare dei personaggi in parte buoni e in parte malvagi.

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    Infatti, Raskin diventa un cattivo indecifrabile, il male puro, totale, assoluto, invincibile: più volte dicono a Zagor che Raskin è un avversario troppo forte per lui, che bisogna stare attenti con Raskin, eccetera. In sostanza, la sola presenza di Raskin schiaccia Zagor come mai nessuno aveva fatto prima. Con tanto di baffi e barbetta alla Mefisto, Raskin è il personaggio perfetto da odiare.

    Senza contare che Raskin, fino alla fine, vive in un altro mondo, dove tutti gli indiani sono dei vermi da schiacciare, dove i regolamenti sono tutti da rispettare alla lettera, dove i soldati in pericolo sono tutti da abbandonare se questo compromette la missione, dove la pietà è un lusso da abolire, dove la spietatezza è una buona cosa da esercitare, dove Cinzia Bradmayer è solo una prigioniera da salvare.

    Insomma, Raskin crede, secondo il suo codice morale personale, di essersi comportato benissimo, in modo impeccabile, e, durante la sua esecuzione da parte di Cinzia Bradmayer, ha un momento significativo di stupore: non lo stupore della belva in trappola, ma quello della persona che con lo sguardo si chiede: ma perchè mi vuoi ammazzare? Perchè ce l'hai con me? Cosa ho fatto di male? Raskin è talmente prigioniero della sua malvagità che non capisce nemmeno perchè qualcuno possa avercela con lui. Come ho detto, Raskin, anche morendo, crede sempre di vivere in un altro mondo. Non saprà mai la verità su quello che ha fatto, perchè, fino all'ultimo, è incapace di capirla.

    Nel lettore, più che Raskin, resta in mente però il personaggio di Cinzia, che in pratica è la vera protagonista della storia, attorno a cui tutto gira. Infatti, tutta la guerra indiana provocata da Raskin è come una specie di "guerra di troia" per liberare Cinzia/Elena, la prigioniera dei troiani/indiani.

    Qui, come in altre storie (Tigre, Arrestate Billy Boy, Libertà o morte) Zagor fa solo la parte dello spettatore impotente. In "Sandy River" e storie simili, Nolitta fa un suo personale racconto autoconclusivo, che non può fare in un numero speciale tipo la "Collana Rodeo", anche perchè sono storie fin troppo amare per quel genere di collana, che trattava di avventure in cui il personaggio risolveva la situazione. Un'eccezione è il suo "Uomo del Texas" 2, che ha
    appunto un finale tragico
    : ma in quella collana ci poteva stare. Quindi ha trasferito queste "storie autoconclusive amare" sulla serie di Zagor, forzando un pò la mano al personaggio, che, da protagonista, diventa spettatore. L'estraneità di queste storie nel contesto zagoriano - anche se molto amate da alcuni appassionati - è stata sempre comunque avvertita dai lettori, che le hanno considerate come una specie di trilogia-quadrilogia a sè stante, in un certo senso separate dalla produzione nolittiana classica su Zagor.

    Zagor è un eroe che risolve le situazioni menando le mani o effettuando tattiche da guerriglia. Quindi ha sempre bisogno di un bersaglio materiale, fisico, concreto, con cui scontrarsi. Purtroppo il mero scontro fisico non può fare molto contro gli intrighi di Potere e le decisioni prese in una stanza a Washington. Raskin rappresenta, appunto, un avversario impossibile da sconfiggere a suon di cazzotti, poiché incarna valori astratti come il fanatismo, il pregiudizio, la sete di potere fondata sulla sopraffazione dei più deboli. In breve, Raskin è solo uno strumento; il perverso apparato dietro di lui non può venire intaccato né dai pugni di Zagor né dalle pallottole di Cinzia Bradmayer, poiché non ha una sua vera e propria fisicità. Affrontare un Raskin a cazzotti è inutile; ecco perché Zagor – la cui unica arma è la forza fisica – non può fare molto altro che subire gli eventi. Infatti che altro potrebbe fare? Diventare senatore per cambiare la politica del governo americano nei confronti dei nativi? Forse. Ma in quel caso non sarebbe più l'eroe che serve un ideale di giustizia menando colpi di scure sulla testa dei malvagi. E chissà; forse è proprio questo uno dei messaggi di Nolitta nel proporci storie come "Sandy River" che non tutte le situazioni possono venir risolte opponendo una forza fisica ad un altra forza fisica. Esistono anche forze più sottili, più subdole, di fronte alle quali un semplice eroe forzuto non può fare nulla. Il conflitto Zagor/Raskin ne è un esempio.

    Questa è anche una delle differenze di base tra Tex e Zagor. Oltre ad avere una notevole forza e una grande abilità con le pistole, Tex ha una cosa che Zagor non ha: la sua autorità di ranger, quindi di uomo di legge. Se si mette a confronto Vendetta indiana (descritto qui) con Sandy River, il colonnello Arlington praticamente è la copia di Raskin. Tex lo prende a cazzotti, poi lo sconfigge a livello militare, ma soprattutto lo destituisce grazie alle sue influenze sui superiori di Arlington e grazie al fatto di essere un ranger, quindi un uomo di legge, la cui autorità è rispettata dai bianchi. Senza questo, Tex sarebbe stato solo un pistolero, avrebbe avuto praticamente solo le capacità che ha Zagor, pur in modo diverso, e non sarebbe mai riuscito a battere Arlington, nè quello che lui rappresenta. Inoltre, Arlington stesso fa una fine atroce per opera dell'unica sopravvissuta al suo massacro, Nashiya, che fa la parte di Cinzia Bradmayer: ma qui l'indiana si accanisce contro una persona già sconfitta, non contro un vincente come Raskin.

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    Raskin è un simbolo, più che una persona. L'unica cosa "umana" che vediamo in lui è il desiderio di gloria: ma è una cosa appena accennata, superficiale. Non vediamo mai Raskin da solo coi suoi pensieri. Che so, pensieri umani tipo "finalmente avrò la gloria che mi spetta di diritto" o cose simili. No, è un personaggio disumano, cioè, letteralmente, privo di umanità. Di lui si parla solo delle leggi da rispettare, dei regolamenti da eseguire, dei doveri da compiere, eccetera: è una macchina senza sentimenti, più che un uomo. E' il simbolo di un potere che si autoglorifica , si autocomplimenta per il "bene" che ha fatto, senza neanche vedere la realtà. Non sto dicendo che dare una medaglia o vestirsi da soldato sia un male in sè: lo è invece se si perde il senso della medaglia e della divisa, come in questo caso.

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    L'azione di Cinzia Bradmayer, per quanto sia efficace narrativamente, è inutile: in questo modo, il potere malsano e pervertito che Raskin rappresenta non viene sconfitto. C'è solo la soddisfazione di eliminarlo, ma il suo essere simbolo di un male imbattibile rimane.

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    Inoltre, Cinzia, per quanto siano comprensibili le sue motivazioni, ha commesso un reato: si tratta di omicidio premeditato, una cosa che comporta l'impiccagione o l'ergastolo. Dubito che la testimonianza di Zagor e del suo amico Bob Hackman avrebbero avuto una grande influenza nel processo. Al massimo, avrebbero ottenuto la verità sulle azioni infami di Raskin: ma il reato di Cinzia rimarrebbe tale. A questo proposito mi ricordo una scena di Comanche, dove Red Dust alla fine uccide il criminale Russ Dobbs, disarmato e quindi incapace di rispondere al duello. E Red viene arrestato, anche se ha ammazzato un criminale.

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    Cioè, usare i mezzi dei criminali ti trasformano automaticamente in criminale. Se è permesso uccidere per legittima difesa o per salvare la vita di altri, non si può uccidere in modo premeditato, a sorpresa. Zagor stesso ha avuto la tentazione di uccidere Billy Boy in modo premeditato alla fine del processo-farsa, ma Cico e Benny lo fermano subito: anche se ci fosse riuscito, questo avrebbe solo aggravato la sua posizione.

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    1 Strage di Sand Creek: Si trattò di un massacro di un villaggio di indiani Cheyenne, composto soprattutto da donne e bambini, effettuato da una colonna di soldati chiamata "volontari del Colorado" (a quei tempi, il Colorado non era ancora uno Stato), appunto sul fiume Sand Creek, nel 1864. L'ufficiale responsabile della strage fu il colonnello John Chivington. Il massacro fu effettuato a sorpresa, nonostante i trattati di pace. Samuel Tappan, prima giornalista e promotore della difesa dei diritti degli indiani, poi tenente colonnello, fu il presidente della commissione d'inchiesta della Corte Marziale sulla strage, ottenendo la condanna, ma non l'arresto, di Chivington, che si dimise dalla Milizia dei Volontari del Colorado. In seguito, Tappan guidò la commissione di pace con gli indiani col trattato di Medicine Lodge.

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    In rosso: lo Stato del Colorado, dove avvenne il massacro di Sand Creek.


    Chivington era un protestante, pastore della chiesa metodista; come molti protestanti, che credevano nella predestinazione, reputava tutti i protestanti come esseri creati da Dio e predestinati ad andare in Paradiso, e gli indiani come dei dannati creati da Dio e predestinati ad andare all'inferno, per cui il loro sterminio non solo era permesso, ma anche doveroso, essendo esseri creati malvagi e già dannati per l'eternità. Questi deliri protestanti non c'entrano niente col cristianesimo vero, che è quello cattolico, in cui ogni persona, cristiana o meno, è figlio di Dio: ma erano frequentissimi nelle sette protestanti americane. Una cosa che fa capire meglio i moventi di base del genocidio degli indiani, che non riguardavano solo il possesso delle terre, ma avevano una base religiosa distorta, ma molto seguita. Infatti, Chivington vedeva negli indiani non solo dei nemici, ma anche l'incarnazione stessa di satana. Quando fu condannato (ma non arrestato, come ho detto) per il massacro di Sand Creek, disse di essere dispiaciuto "non per se stesso, ma perchè la sua condanna era una vittoria delle forze del male". La sua cecità somigliava molto a quella di Raskin: ma erano in molti a pensarla come lui, e tutti erano protestanti. Ho parlato di questa caratteristica della guerra contro gli indiani qui.

    2 L'uomo del Texas di Nolitta e Galep, pubblicato nel 1977, è il nono volume della famosa collana "Un uomo un’avventura”.

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    TRAMA: A Little Field, quattro banditi rapinano la banca e uccidono il cassiere: il vicesceriffo cerca di fermarli e ne uccide uno, ma viene a sua volta ucciso (è da notare che il vicesceriffo somiglia a Kit Willer). Lo sceriffo organizza l’inseguimento. Frank, uno dei tre banditi superstiti, che è anche un bruttone barbuto e strabico, uccide gli altri due complici per impossessarsi di tutto il bottino. Una delle due vittime, Roy, il protagonista della storia, sopravvive e viene soccorso dal 3° Cavalleggeri, guidato dal capitano Jerry Vance, un vecchio amico di Roy, che non sa della sua attività di bandito, nè ne vuole sapere, in un segreto rapporto di complicità tra i due. Roy si riprende e medita vendetta nei confronti del traditore Frank: fonde in una sola pallottola le tre che il medico gli ha estratto dal corpo e che Frank gli aveva sparato, deciso a ucciderlo con questa. Intanto, gli scout del 3° Cavalleggeri setacciano il territorio alla ricerca di Cheyennes e trovano una tribù stremata e senza viveri, che intende arrendersi senza combattere. Ma il capitano Vance, assetato di gloria, compie un massacro davanti agli occhi di Roy, che, indignato per lo sterminio, lo uccide usando la stessa pallottola che lui aveva preparato per Frank. I soldati di Vance uccidono Roy per quello che ha fatto.
    Come si vede, la storia ha qualche somiglianza con "Sandy River".


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    Edited by joe 7 - 15/9/2022, 14:57
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