INFERNO, CANTO 24 - OTTAVO CERCHIO O MALEBOLGE - SETTIMA BOLGIA: I LADRI; VANNI FUCCI, DETTO "LA BESTIA"(primo post: qui; precedente post: qui)
I serpenti mordono i ladri, che bruciano e poi ritornano come prima
Siamo ancora nell'
Ottavo Cerchio o Malebolge, dedicato ai
Fraudolenti e composto da dieci Bolge. I poeti stanno andando verso la
Settima Bolgia, quella dedicata ai
Ladri. Dante è stupito nel vedere Virgilio corrucciato per le parole di
Catalano (il dannato della precedente bolgia, quella degli Ipocriti, che gli ha rivelato l'inganno del diavolo Malacoda), ma poi si tranquillizza nel rivederlo subito dopo sereno come prima. E fa il confronto col contadino che, alla fine dell'inverno, vede la terra ancora coperta di brina, scambiandola per neve e se ne preoccupa; si accorge però che la brina si è sciolta e, riconfortato, esce contento a pascolare pecore. Virgilio osserva con attenzione la rovina di pietre da attraversare per raggiungere la Settima Bolgia (non ci sono ponti perchè sono tutti crollati, quindi bisogna risalire arrampicandosi), poi sorregge Dante, aiutandolo nella salita. Lo spinge verso uno spuntone di roccia, cui aggrapparsi. La salita è dura, ma aiuta il fatto che le Malebolge sono comunque un piano inclinato verso il basso, come la parete di un imbuto. Ogni bolgia, che in sostanza è un fosso, ha il muro interno più breve e meno ripido di quello esterno. Con enormi sforzi, i due poeti raggiungono la sommità dell'argine. E Dante fa notare che i loro vestiti, che sono delle tuniche, non permettono certo i movimenti più adatti per uno sforzo simile. Virgilio è solo spirito, ma Dante è anche corpo e resta senza respiro. Quindi si siede appena arrivato: ma Virgilio lo rimprovera, dicendogli che non si raggiunge la fama stando seduto o sotto le coperte. E senza fama la vita di un uomo passa come fumo nell'aria e schiuma nell'acqua. Lo esorta ad alzarsi e a vincere la sua stanchezza, dal momento che devono compiere una ben più ardua salita fino al Cielo. Le parole del maestro hanno l'effetto di scuotere Dante, che si alza e si dice pronto a proseguire il cammino. I due poeti prendono il ponte che sovrasta la Settima Bolgia: è assai più stretto
e disagevole di quello percorso sopra la Quinta Bolgia (la Sesta aveva i ponti crollati). Dante parla per non apparire troppo stanco, ma, ad un tratto, sente una voce proveniente dalla Bolgia, che pronuncia parole incomprensibili. Dante è già arrivato al punto più alto del ponte e anche da lì non capisce quello che sente, salvo che chi sta parlando sembra che si stia muovendo. Guardando nel fondo della Bolgia, non vede nulla per l'oscurità, quindi prega Virgilio di raggiungere l'argine che separa la Bolgia dalla successiva e il maestro volentieri acconsente. I due percorrono tutto il ponte sino all'argine tra la Settima e l'Ottava Bolgia e da qui Dante può vedere che la fossa della Settima Bolgia è piena di orribili serpenti, tutti diversi tra loro, e lo spettacolo è così spaventoso da fargli ancora paura al ricordarlo. Il deserto di Libia
1 non produce rettili più numerosi e orrendi di quelli, nè l'Etiopia o l'Arabia. In questo ammasso di serpenti corrono dei dannati nudi e terrorizzati: i
ladri. Hanno le mani legate dietro la schiena da serpi che insinuano il capo e la coda attorno ai fianchi, annodandosi davanti al ventre. Cercano rifugio o elitropia
2 (nascondiglio), impossibile da trovare.
La Bolgia dei Ladri, immagine presa da Dorè.
Un dannato è assalito da un serpente, che lo morde sulla nuca: lo sventurato arde e in un batter d'occhio si trasforma in cenere, per poi cadere a terra, raccogliersi e tramutarsi di nuovo nella stessa figura di prima, in modo assai simile alla Fenice
3, che muore e rinasce ogni cinquecento anni. Il dannato si rialza e ha l'aria sgomenta, come colui che cade a terra vittima di un'ossessione diabolica o di una paralisi. Virgilio gli chiede chi sia e il dannato risponde di essere finito lì dalla Toscana poco tempo prima. Il suo nome è
Vanni Fucci, detto La Bestia, e Pistoia è la città in cui è nato, vivendo un'esistenza degna di una bestia. Dante prega Virgilio di dire al dannato di non scappare e di chiedergli quale colpa lo abbia condotto all'Inferno, dal momento che il poeta dice di averlo conosciuto in vita. Il peccatore sente le parole di Dante e non si nasconde, rivolgendo a lui il viso con vergogna; poi dichiara di dolersi più del fatto di essere visto da lui in questa misera condizione che non di aver perso la vita. Non potendo negare una risposta a Dante, afferma di scontare il furto degli arredi sacri nel duomo di Pistoia, falsamente attribuito ad altri. Poi ingiunge al poeta di ascoltare il suo annuncio, perché una volta tornato sulla Terra non goda di averlo visto tra i dannati: profetizza che a Pistoia (ultima roccaforte dei Guelfi Bianchi) e a Firenze i Guelfi Bianchi andranno in rovina
4 (e Dante è un
Guelfo Bianco, mentre il Fucci è un Guelfo Nero). Vanni conclude dicendo che ha fatto questa profezia solo con lo scopo di fare del male a Dante.
Vanni Fucci incontra Dante e fa fosche profezie su di lui
COMMENTOIl Canto è dedicato alla presentazione della Bolgia dei ladri, la cui descrizione occuperà anche il Canto successivo. Ha uno stile particolarmente ricercato, specie nel descrivere le metamorfosi dei dannati, descrivendo vari tipi di serpenti. Il Canto è un «crescendo» che culmina nelle parole irose del ladro pistoiese Vanni Fucci. Era un Guelfo Nero, quindi rivale di Dante, ed era una persona violenta e rissosa: partecipò a razzie e saccheggi. Il Comune di Firenze lo condannò in contumacia (cioè nell'assenza del colpevole) per rapina e omicidio. La figura di Vanni Fucci è in parte simile a quelle di Farinata e Capaneo, in quanto anch'essi disdegnavano la giustizia divina: ma il ladro si mostra ancor più furente e dominato dall'ira e, soprattutto, si duole di essere visto da Dante in questa miserabile condizione. Vanni non ha dunque nulla della grandezza tragica di quei personaggi e sfoga tutto il suo malanimo verso Dante, specie per essere costretto a rispondere alla sua domanda e svelare quale peccato lo abbia condotto lì, cioè il furto degli arredi sacri nel duomo di Pistoia che falsamente era stato attribuito ad altri (come sempre il racconto dantesco svela la verità della condizione ultraterrena, ristabilendo la verità e attribuendo le giuste responsabilità ad ognuno).
IL DANTE DI NAGAIVanni Fucci non è citato nel manga, ma il dannato che minaccia Dante dicendo: "Mi hai visto, eh?" spaventandolo è preso sicuramente da lui. Inoltre, qui il Fucci diventa serpente e poi ritorna uomo, cosa che nel poema non accade: è però la seconda parte della punizione che sarà spiegata nel canto successivo. Nagai invece mostra tutto insieme, sia l'incenerimento che la trasformazione. Ma è meglio approfondire questo nel Canto successivo, perchè Nagai nel manga li presenta tutti e due assieme.
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1 L'accenno alla Libia fa riferimento al
Bellum civile (o
Pharsalia) di Lucano: il poeta latino aveva descritto i serpenti del deserto africano (chelidri, iaculi, faree, cencri, anfisibene: gli stesi citati da Dante) attraversato dai soldati di Catone, vittime anch'essi di orrende metamorfosi.
2 L'elitropia citata da Dante:
Tra questa cruda e tristissima copia (In mezzo a questa orrenda e tristissima calca)correan genti nude e spaventate, (correvano dannati nudi e spaventati,)sanza sperar pertugio o elitropia: (senza speranza di un rifugio o dell'elitropia)era, secondo i lapidari medievali, una pietra dalle magiche virtù, tra cui quella di curare dal morso di serpente e di rendere invisibili chi si poneva sotto di essa (dal Decamerone di Boccaccio)
3 La similitudine della Fenice (vv. 106-111) è tratta quasi letteralmente dalle
Metamorfosi di Ovidio:
"Gli Assiri la chiamano Fenice; non si nutre di biada o d'erba, ma di lacrime di incenso e di succo d'amomo. Essa, quando ha compiuto i cinque secoli di vita, si fabbrica un nido tra i rami e sulla cima di una tremula palma con gli artigli e il becco immacolato, e qui, non appena ha steso foglie di casia e leggere spighe di nardo e cinnamo trito con bionda mirra, vi si sdraia sopra e muore tra i profumi"4 Vanni Fucci predice la presa di Pistoia da parte del condottiero
Moroello Malaspina nel 1306, rendendo impossibile il rientro degli esuli di parte Bianca a Firenze. Le profezie nell'Inferno sull'esilio di Dante sono in tutto quattro:
- la prima è quella di
Ciacco (Canto 6), -
- la seconda è di
Farinata Degli Uberti (Canto 10)-
- la terza è messa in bocca a
Brunetto Latini (Canto 15)-
- infine, quella di
Vanni Fucci.
BIBLIOGRAFIA:https://divinacommedia.weebly.com/inferno-canto-xxiv.html(Continua qui)QUI TUTTI I LINK SULL'ANALISI SU DANTEEdited by joe 7 - 2/4/2022, 16:36
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