Il blog di Joe7

  1. DIVINA COMMEDIA DI NAGAI E DI DANTE: PURGATORIO, CANTO 30

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    Divina Commedia
    By joe 7 il 22 April 2023
     
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    PURGATORIO CANTO 30 - EDEN: APPARE BEATRICE, SCOMPARE VIRGILIO
    (primo post: qui; precedente post: qui)

    Beatrice-e-Dante-Ary-Scheffer
    Beatrice compare davanti a Dante. Per essere precisi, anche se qui non si vede, Beatrice ha un velo sul volto. Inoltre, la sua veste non è bianca, anzi, è di tre colori: bianco (il velo sui capelli, cioè la fede), verde (il mantello: la speranza) e rosso (l'abito: la carità)


    I SETTE CANDELABRI

    Dante definisce i sette candelabri dorati, visti nel precedente capitolo, come il "settentrion del primo cielo": è una definizione piena di significati. Infatti, "settentrione", in questo caso, non indica il Nord, ma è un latinismo: significa "septem triones", cioè "sette buoi". E' il nome latino della costellazione dell'Orsa Maggiore, composta appunto da sette stelle, che è molto importante per i naviganti perchè, indicando il Polo Nord, permette loro di tornare al porto. I sette candelabri, che indicano i sette doni dello Spirito Santo e rappresentano l'Orsa Maggiore, permettono all'uomo navigante nella vita di raggiungere il Porto, cioè il Paradiso. Inoltre, Dante li definisce stelle del Primo Cielo, cioè l'Empireo, che è il più alto dei Cieli, dove si trova Dio. Sono perfette e offuscate solo dal peccato: il peccato, infatti, impedisce di ricevere i sette doni.

    Quando il settentrion del primo cielo, (Quando la costellazione formata da sette stelle dell'Empireo (cioè i candelabri,)
    che né occaso mai seppe né orto (che non ha mai conosciuto alba ("occaso") o tramonto, ("orto")
    né d’altra nebbia che di colpa velo, (né è mai stata offuscata da nebbia se non quella del peccato,)

    e che faceva lì ciascun accorto (e che lì indicava a ciascuno)
    di suo dover, come ‘l più basso face (il suo dovere, proprio come l'Orsa Maggiore)
    qual temon gira per venire a porto, (indica la via a chiunque gira il timone per giungere in porto,)

    fermo s’affisse... ( si fermò...)

    L'EMPIREO E LA STRUTTURA BASE DEL PARADISO

    Visto che Dante qui inizia a fare riferimento al Paradiso, e che questi riferimenti diverranno più frequenti, qui mi fermo un attimo a presentarvi la sua struttura in anticipo: poi ne parleremo meglio quando arriveremo al libro del Paradiso.

    Dante qui parla del "Primo Cielo", cioè l'Empireo (dal greco empýrios: infuocato, ardente). Si tratta del più alto dei cieli: è il luogo della presenza fisica di Dio, dove risiedono gli angeli e le anime accolte in Paradiso. La Terra, nella visione dantesca e cristiana, è al centro dell'universo (non tanto fisicamente, quanto per la sua importanza) ed è circondata da otto sfere concentriche: gli Otto Cieli del Paradiso, che Dante attraverserà. In ciascuno dei primi sette Cieli ha sede un pianeta. Nell'ordine, contando dall'interno verso l'esterno: il Cielo della Luna, poi quello di Mercurio, di Venere, del Sole, di Marte, di Giove e di Saturno;1 l'Ottavo Cielo è quello delle stelle (come dire: "tutte le altre stelle"). Infine si arriva al Nono Cielo, detto Primo Mobile. Non contiene alcun astro visibile, ma origina e alimenta il movimento di tutti gli altri otto Cieli sottostanti. Inoltre, il numero dei Cieli, che sono nove, richiamano la Trinità di Dio (tre volte tre, appunto nove). Al di sopra di questi nove cieli, esiste uno spazio esterno, appunto l'Empireo, dove risiedono Dio, gli angeli e le anime dei beati. Non è un'ulteriore sfera, perchè il suo vero centro è Dio. Inoltre, non è limitato dalle dimensione, né è costituito da materia, come gli altri cieli, ma è piuttosto un luogo spirituale, fuori dal tempo e fuori dallo spazio. Non ha senso, infatti, dire che Dio "sta lì ", come se fossimo nel campo fisico: sono concetti oltre la nostra comprensione. Mentre infatti i Nove Cieli, compreso il Primo Mobile, sono in perpetuo movimento, l'Empireo è eternamente immobile (anche qui è un modo di dire: non è che sia "fotografato": semplicemente, è al di là della comprensione umana). Le "sette stelle" indicate da Dante, che lui paragona a quelle dell'Orsa Maggiore e che colloca nell'Empireo, sono intese in senso metaforico, essendo i Sette Doni dello Spirito Santo, cioè di Dio. Nell'Empireo ci sono le tribune su cui si siedono i beati, ognuno nel posto a lui destinato, a forma di anfiteatro, che il poeta paragona ad una "candida rosa"; poi ci sono le gerarchie degli angeli, che egli raffigura disposti su nove Cerchi Concentrici, ad immagine dei nove Cieli; e al centro di questi nove cerchi, un punto luminosissimo, che è Dio, la cui visione (in cui Dante arriva a scorgere i misteri della Trinità e dell'Incarnazione) costituisce la conclusione della Commedia.

    080-a
    La struttura del Paradiso dantesco. Sarà meglio spiegata quando ci arriveremo.



    ARRIVA BEATRICE

    I sette candelabri si arrestano e i ventiquattro anziani vestiti di bianco (che rappresentano i 24 libri dell'Antico Testamento e precedevano il carro trasportato dal Grifone), si voltano verso il carro: uno di loro canta tre volte ad alta voce Veni, sponsa, de Libano2, imitato poi dagli altri. Cento angeli si alzano in volo dal carro, rispondendo al canto a loro volta, con una voce simile a quella dei beati che il Giorno del Giudizio risorgeranno dalle loro tombe e canteranno col loro nuovo corpo. Cantano Benedictus qui venis, cioè "Benedetto colui che viene"3 gettando dei gigli in alto e da ogni parte, cantando anche: "Manibus, oh, date lilia plenis!"4 Ad un certo punto, come quando si vede il sole coperto dai veli che rendono il cielo roseo, mentre sorge, permettendo così di fissare lo sguardo sull'astro, Dante vede una donna che appare, coperta dalla nuvola di fiori gettata dagli angeli: indossa un velo bianco che le copre il volto e sul capo porta una ghirlanda di ulivo. Ha un mantello verde e una veste color rosso vivo. Dante, anche se non ha potuto vederla in faccia, avverte nel suo spirito la potenza dell'amore e riconosce in quella figura la donna amata in vita, Beatrice. Il bianco, il verde e il rosso rappresentano, come si è detto, rispettivamente la fede, la speranza e la carità; il velo bianco è anche simbolo di purezza, mentre la ghirlanda di ulivo simboleggia la sapienza. La veste rossa ricorda anche l'abito di colore sanguigno indossato da Beatrice al primo incontro col poeta (da Vita nova, capitolo II).

    ADDIO, VIRGILIO!

    334-335
    Dante chiama Virgilio.


    Turbato, Dante si volta alla sua sinistra, con l'ansia del bambino che corre da sua madre quando ha paura o è turbato, per dire a Virgilio che ogni goccia del suo sangue sta tremando, perchè "conosce i segni dell'antica fiamma amorosa."5 Nella Vita Nova, Dante racconta il suo primo incontro con Beatrice, e in quell'occasione Dante aveva nove anni: per questo fa il paragone con un bambino, cioè "prima della fine della puerizia", cioè della fine dell'infanzia. Infatti, l'infanzia ai tempi di Dante finiva a dieci anni, e a undici si era considerati adulti (l'adolescenza non esisteva nel Medioevo, nè è mai esistita: è una creazione menzognera dell'età moderna che fu realizzata all'inizio del '900). Il poeta si accorge che non può più rivolgersi alla sua guida: Virgilio ormai è scomparso, e questo provoca a Dante un enorme dolore, che si sente abbandonato da colui che l'aveva assistito come un padre, e la bellezza dell'Eden intorno a lui non gli impedisce di abbandonarsi a un pianto dirotto:

    Ma Virgilio n’avea lasciati scemi (Ma Virgilio ci aveva lasciati privi di sé, ("scemi" significa, nella forma poetica, "mancanti")
    di sé, Virgilio dolcissimo patre, (Virgilio, dolcissimo padre,)
    Virgilio a cui per mia salute die’mi; (Virgilio, al quale mi affidai per la mia salvezza;)

    né quantunque perdeo l’antica matre, (e tutto ciò (l'Eden) che perse l'antica madre (Eva)
    valse a le guance nette di rugiada, (non impedì alle mie guance, pulite dalla rugiada)
    che, lagrimando, non tornasser atre. (di tornare sporche ("atre") per il mio pianto.)

    Tre volte compare qui il nome «Virgilio»: un numero particolare, dal valore sacrale, visto che simboleggia la Trinità. Il maestro se n’è andato senza un abbraccio, senza parole, disdegnando i lunghi addii, senza profusione di lacrime. Lo ha lasciato in compagnia della nuova maestra, che lo accompagnerà nel cammino verso l’alto e verso Dio.

    BEATRICE RIMPROVERA DANTE

    Beatrice-rimprovera-Dante
    Per una miglior comprensione, l'autore del disegno ha rappresentato Beatrice col volto senza il velo che lo copre: ma bisogna ricordare che lei resta velata davanti a Dante per tutto questo canto e per il successivo.


    Proprio in quel momento, Beatrice, sempre al di là del fiume Lete, si rivolge a Dante e, chiamandolo per nomel'unica volta, in tutta la Commedia, in cui Dante viene chiamato col suo nome), gli dice di non piangere tanto per la dipartita di Virgilio, perchè ora dovrà versare altre lacrime per ben altri motivi:

    "Dante, perché Virgilio se ne vada, ("Dante, per il fatto che Virgilio se ne sia andato)
    non pianger anco, non pianger ancora; (non piangere così presto, non piangere ancora,)
    ché pianger ti conven per altra spada". (poiché dovrai piangere per altri motivi").

    Compare qui per ben tre volte il verbo «piangere», ma soprattutto è la prima e unica volta che ci imbattiamo nel nome di Dante in tutta la Commedia, e questo non è casuale. Solo nell’incontro con Qualcuno che ci abbraccia così come siamo - cioè con Dio - possiamo anche noi abbracciarci e riconoscerci. È anche l'esperienza di tutti i giorni: solo in un affetto ci si riconosce veramente. Solo nell’incontro con Cristo l’uomo diventa se stesso, prende reale consapevolezza di se stesso, di tutta la portata delle sue esigenze di felicità, di giustizia, di amore, di bene. Nell'incontro con Dante, Beatrice, dice il poeta, appare simile ad un ammiraglio che percorre il ponte della sua nave per osservare i marinai che lavorano, sia lì che sulle altre navi, spronandoli a fare bene il loro lavoro. Dante, quindi, si volta a sentire il suo nome pronunciato da lei: nome che, dice, qui è costretto a citare.

    quando mi volsi al suon del nome mio, (quando mi voltai al suono del mio nome)
    che di necessità qui si registra, (che sono costretto a citare in questi versi,)

    Beatrice fissa -attraverso il velo - i suoi occhi su di lui: Dante si accorge che il suo volto, incoronato dall'ulivo (chiamato da Dante "fronde di Minerva"6), è coperto. Nonostante questo, avverte i suoi occhi su di lui. La donna amata ha un atteggiamento altero, duro e intransigente ed esorta Dante a guardarla bene: rivela il suo nome ("Guardaci ben! Ben son, ben son Beatrice." Lei parla in plurale, che è tipico dei re: è il "plurale maiestatis") e lo accusa. Come ha osato Dante accedere al Paradiso Terrestre, dove l'uomo è felice?
    In sostanza, Beatrice fa capire a Dante che lui è qui per grazia, non certo perchè ne è degno o perchè sta facendo un viaggio nel parco divertimenti. Dante è confuso e vergognoso: abbassa lo sguardo verso le acque del fiume Lete, ma, poiché si vede riflesso in esse e si vergogna, volge allora gli occhi all'erba. Beatrice è severa con lui tanto quanto lo è la madre che rimprovera aspramente il figlio. Infatti, dice Dante, "d’amaro sente il sapor de la pietade acerba", cioè: "l'affetto che si manifesta col rimprovero ha un sapore amaro".

    GLI ANGELI INTERCEDONO PER DANTE

    Beatrice tace, e gli angeli allora intercedono per Dante, consolandolo col Salmo XXX: "In te, Domine, speravi", non andando oltre il versetto che dice "I miei piedi" (cioè il nono versetto)7. Davanti alle dure parole di Beatrice, Dante, risentito, trattiene le lacrime: ma poi, al sentire le parole di compassione degli angeli, che sembrano intercedere per lui presso Beatrice, in pratica dicendole: "Donna, perchè lo avvilisci?" Dante si sente sciogliere il gelo che ha nel cuore e scoppia in un pianto dirotto, come era successo prima per la scomparsa di Virgilio. Per spiegare i suoi sentimenti, Dante si paragona alla neve sull'Appennino, che si ghiaccia al soffiare dei venti freddi, e poi inizia a liquefarsi quando arrivano i venti caldi:

    Sì come neve tra le vive travi (Come la neve si ghiaccia tra gli alberi (le "vive travi")
    per lo dosso d’Italia si congela, (dell'Appennino ("lo dosso d'Italia")
    soffiata e stretta da li venti schiavi, (colpita dai venti freddi della Schiavonia (i "venti schiavi": la Schiavonia è il termine antico di Slavonia, una regione della Croazia, da cui partono dei venti gelidi)

    poi, liquefatta, in sé stessa trapela, (poi, liquefatta, si scioglie poco a poco,)
    pur che la terra che perde ombra spiri, (non appena l'Africa ("la terra che perde ombra", cioè è sempre al sole ed è vicino all'Equatore, dove l'ombra a mezzogiorno è più corta) manda i suoi venti caldi,)
    sì che par foco fonder la candela; (così che sembra una candela sciolta dal fuoco;)

    BEATRICE ACCUSA DANTE DI TRAVIAMENTO

    Beatrice resta in piedi, al fianco sinistro del carro trasportato dal grifone, e si rivolge agli angeli, dicendo che essi, per la loro stessa natura, possono vedere nella luce di Dio tutto ciò che accade nel mondo ("di conseguenza, sapete ciò che sto per dire a Dante su di lui", dice in modo sottinteso). Per questo, le parole che adesso dirà saranno rivolte a Dante, più che agli angeli, così che egli abbia dolore e pentimento per sue colpe. Beatrice inizia spiegando che il poeta, grazie a benefici influssi celesti, che indirizzano ciascun essere al suo fine, secondo la virtù della stella8 che presiede alla sua nascita (Dante aveva già parlato di queste "influenze": danno un'impostazione base al carattere delle persone, ma non tolgono il libero arbitrio) e anche per speciale grazia divina, nella sua gioventù mostrò di avere in potenza ogni virtù ("in potenza": cioè, capace di svilupparsi ulteriormente) e di poter compiere ammirevoli imprese.
    Tuttavia, un terreno buono, se lasciato incolto o esposto a cattive sementi, diventa tanto più selvaggio quanto più era buono. Infatti, "corruptio optimi pessima": cioè "non c’è niente di peggio che la corruzione del meglio". Significa che chi può diventare un gran santo, se non usa i suoi talenti, diventa un grande criminale. Per esempio, Hitler, coi suoi grandi talenti, avrebbe potuto diventare un gran santo: invece divenne un gran diavolo.
    Beatrice continua: finché lei fu in vita, coi suoi "giovani occhi" guidò Dante sulla retta via, ma, dopo la sua morte, il poeta la dimenticò, per dedicarsi ad altre donne e ad altri interessi. Dopo che lei aveva accresciuto la sua bellezza diventando beata, Dante, nonostante questo, le voltò le spalle, seguendo ingannevoli immagini di bene, che non mantengono alcuna promessa. Beatrice tentò di richiamarlo alla virtù apparendogli in sogno, e con altri avvenimenti: ma a lui non importò nulla. Dante si traviò a tal punto che, per salvarlo, non c'era altra strada che mostrargli i dannati all'Inferno: per questo, lei fece visita a Virgilio nel Limbo, pregandolo, con le lacrime, di soccorrere il poeta. La suprema volontà divina sarebbe infranta, se Dante bevesse l'acqua del Lete - che gli farà dimenticare il ricordo dei suoi peccati - senza prima pentirsi dei suoi peccati e piangerne.

    jpg
    La venuta di Beatrice di Gustave Dorè, ripresa poi da Nagai.



    COMMENTO

    Ovviamente, Beatrice è la protagonista assoluta del Canto: la sua apparizione era stata annunciata più volte negli ultimi canti precedenti. Beatrice rappresenta il primo fondamentale traguardo raggiunto da Dante nel suo percorso di redenzione. Questo canto è diviso in due parti:
    - la prima è dedicata al preludio dell'apparizione della donna e alla scomparsa di Virgilio, col primo rimprovero di Beatrice;
    - la seconda presenta il pianto di Dante e le dure accuse di traviamento che lei gli rivolge.
    Virgilio scompare, per lasciare il posto alla nuova guida di Dante, in quanto allegoria della ragione umana, che cede il passo alla teologia. Al di là del senso allegorico, in ogni caso, Dante è toccato da un profondo dolore per l'abbandono di colui che l'ha assistito per i due terzi del viaggio, e la sua disperazione è sottolineata dalla triplice ripetizione "Virgilio...", nonché dall'appellativo dolcissimo patre con cui il poeta latino è qualificato. Da notare anche la citazione dell'Eneide ("conosco i segni dell'antica fiamma amorosa"), con cui Dante indica il riconoscimento di Beatrice, che è l'ultimo commosso omaggio al maestro perduto.
    Beatrice accusa Dante di averne tradita la memoria con un peccato di natura morale, amando cioè altre donne, e intellettuale, trascurando la teologia per intraprendere studi filosofici che portano all'ateismo e all'allontanamento dalla fede. Per questo, Beatrice era scesa nel Limbo per invocare l'aiuto di Virgilio e mostrargli le "perdute genti", cioè i dannati, per riportarlo sulla diritta via. Fuor di metafora: condurlo alla salvezza attraverso un percorso di espiazione. Ora Dante ha scontato i suoi peccati e si è riappropriato della sua innocenza perduta, pronto a essere illuminato dalla grazia per proseguire il suo viaggio. Beatrice sottolinea la necessità che Dante si renda conto della cattiva strada intrapresa a suo tempo e ammetta le sue colpe, attraverso un sincero pentimento manifestato attraverso il pianto, prima di essere immerso nel Lete, le cui acque cancelleranno in lui ogni ricordo del peccato compiuto.

    IL TRAVIAMENTO DI DANTE

    La selva oscura della scena iniziale del poema, oltre a simboleggiare il disordine morale e civile dell'Italia (e del mondo) del tempo, rappresenta anche il peccato personale di Dante, che rischia di portarlo alla dannazione. Nel Prologo non vengono forniti ulteriori dettagli al riguardo, ma nel corso dell'opera alcuni indizi permettono di avanzare qualche ipotesi. In realtà, già poco prima, nell'incontro con Forese Donati, Dante aveva parlato all'amico della vita da entrambi condotta quando Forese era ancora vivo, tale da rendere "grave il memorar presente": evidente allusione al reciproco scambio di insulti della Tenzone, ma anche a uno stile di vita gaudente e disordinato che, forse, li aveva visti compagni di bagordi e che, nel caso di Dante, si riferiva a relazioni amorose con altre donne dopo la morte di Beatrice, periodo nel quale era avvenuto lo scambio di sonetti ingiuriosi con l'amico-rivale. Beatrice pare alludere ad amori peccaminosi e sensuali cui Dante si sarebbe dedicato dopo la sua morte terrena, cosa che il poeta stesso aveva in parte ammesso nella Vita nova, descrivendo la «donna gentile», una giovane nobildonna che lo aveva consolato della perdita di Beatrice, senza contare la Petra cantata nelle Petrose che era oggetto di una passione amorosa ben più carnale dell'amore spiritualizzato al centro del libello. Dante si dedicò anche agli studi filosofici, da cui sarebbe poi nato il Convivio e che, proprio in quest'opera, Dante identifica la «donna gentile» della Vita nova come allegoria della filosofia, per cui è lecito supporre che Dante abbia anche tradito la memoria di Beatrice, in quanto allegoria della teologia, per darsi a studi filosofici che allontanavano dalla fede, commettendo un peccato di orgoglio, di natura intellettuale, ancora più grave di qualche amore disordinato e sensuale. Perchè, se è possibile liberarsi dagli amori sensuali con l'impegno e l'aiuto dall'alto, è più difficile liberarsi dalla superbia intellettuale, che ti fa pensare di fare a meno di Dio e ti porta a non credere davvero nelle verità di fede. Ciò non significa che si debba pensare a un Dante eretico, ma è indubbio che i suoi studi filosofici, culminati nel Convivio, siano stati poi interpretati come una sorta di eccessivo amore per i beni e la scienza terrena, se non proprio come avversione a Dio. Il metaforico viaggio per mare che Dante aveva intrapreso nel Convivio era terminato in un naufragio, non diversamente da quello metaforico di Ulisse, giunto in prossimità del Purgatorio, colpevole non meno di Dante di superbia e orgoglio intellettuale nel non voler sottostare ai decreti divini in materia di conoscenza.

    IL DANTE DI NAGAI

    jpg
    Una Beatrice piuttosto anonima - e senza alcun velo - dice a Dante che sarà la sua guida. Qui Dante piange per la commozione di vedere Beatrice, non per il pentimento.


    Qui le variazioni sono parecchie. Per prima cosa, nel manga Dante si rivolge a Virgilio, parlandogli delle tre donne che sta guardando, che simboleggiano le virtù teologali - fede, speranza e carità - e che vede durante la processione col carro e il grifone nel capitolo precedente: ed è in quel momento che si accorge che Virgilio non c'è più. Nella Commedia, invece, questo momento accade più avanti, in questo capitolo, quando Dante vuole dire a Virgilio dei suoi sentimenti per Beatrice, appena lei compare: è lì che Dante si accorge della sua assenza. Nel manga, inoltre, la scena della scomparsa di Virgilio è stata prolungata:

    Dante: Non è vero, maestro? Quei movimenti silenziosi sono davvero... (riferito alle tre donne) Eh? Maestro? Virgilio! Dove sei? Dove sei andato? Perchè non sei al mio fianco? Virgilio!
    Virgilio: (fuori campo) Vai, Dante!
    Dante: Eh?
    Virgilio: (fuori campo) Io posso guidarti solo fin qui.
    Dante: Virgilio! VIRGILIO! (Dante resta solo. Inizia il libro del Paradiso. Dante è seduto su una roccia, sempre nel giardino dell'Eden, da solo) Ora che sono in cima alla montagna del Purgatorio, come farò a salire fino al Paradiso? Non ne ho la più pallida idea...(all'improvviso compaiono degli angeli) Eh? Ma quella...(compare Beatrice trasportata dagli angeli) BEATRICE!
    Beatrice scende, trasportata sempre dagli angeli, e dice a Dante:
    Beatrice: Da ora in poi sarò io la tua guida.

    Virgilio dice a Dante, fuori campo, le sue ultime parole nel manga: ultime parole che, però, nella Commedia originale, non ci sono. Inoltre, non c'è neanche un cenno sul rimprovero di Beatrice e sul pentimento di Dante. Infatti, in Oriente (ma lo stesso discorso si potrebbe dire di tutte le religioni non cristiane), non c'è il concetto di colpa e di redenzione, quindi questo passaggio non sarebbe stato comprensibile ai giapponesi. Il loro "Dio", infatti, è indistinto, non è una Persona: si identifica col mondo, con l'universo, con loro stessi, col Tutto, in un ciclo infinito e incomprensibile di reincarnazioni. Quindi non ha senso che ci sia una "colpa", che è una cosa che implica, appunto, un rapporto tra persone, mentre il "Dio" orientale non è una persona: è indistinguibile, infatti, dal mondo e dall'uomo (il termine usato in questi casi è "immanenza": Dio è il mondo).
    Il fatto di Beatrice che compare sorridendo e fa subito da guida a Dante trasforma il dramma della Commedia e della fede cristiana in un viaggio a Gardaland, dove si passa da una giostra all'altra: perchè qui Dante si spaventa, è felice, ma in sostanza, semplicemente, si diverte, perchè non ha nessuna colpa da confessare e da espiare. Quindi non ha nessuna vera partecipazione personale a quello che vede. Infine, un'ultima differenza: il Paradiso, nel manga, inizia con questo capitolo, mentre invece siamo ancora nel Purgatorio.

    BIBLIOGRAFIA
    https://divinacommedia.weebly.com/purgatorio-canto-xxx.html

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    1 Dante indica i pianeti fino ad allora visibili ad occhio nudo, quindi fino a Saturno: Galileo avrebbe inventato il cannocchiale solo nel '600. Urano, per la sua bassa luminosità, era considerato una stella, non un pianeta. Fu riconosciuto come pianeta solo alla fine del'700. Nettuno, ancora più lontano, fu scoperto solo nella metà dell'800, e solo grazie a dei calcoli matematici e non ad osservazioni astronomiche. Plutone, il più lontano di tutti, fu scoperto solo nel 1930 e il suo stato di pianeta effettivo fu sempre messo in dubbio: fino al 2005 fu considerato un pianeta, ma in quell'anno le successive analisi astronomiche hanno portato a considerarlo come un "pianeta nano", cioè in formazione, più che un pianeta vero e proprio.
    2 "Veni, sponsa, de Libano": è stato preso dal Cantico dei Cantici (cap 4, vers. 8), il libro dell'Antico Testamento che parla dell'amore tra l'uomo e la donna: "Veni de Libano, sponsa mea, / veni de Libano, veni" cioè: "Vieni con me dal Libano, o sposa, con me dal Libano, vieni!" Il Libano era considerato un paese difficile e pericoloso, da cui l'amato chiama la sua amata perchè possa essere al sicuro con lui. Spesso questi versi sono stati interpretati come l'amore tra Cristo e la sua Chiesa, sposa di Cristo.
    3 "Benedictus qui venis", "Benedetto colui che viene": sono le parole rivolte a Gesù al suo ingresso in Gerusalemme. L'invocazione si riferisce a Beatrice, che, essendo associata all'immagine di Cristo, per questo è indicata col maschile.
    4 "Manibus, oh, date lilia plenis!" E' una citazione dell'Eneide, libro VI, verso 883 (con l'interposizione di "oh" per quadrare la misura dell'endecasillabo): sono le parole con cui Anchise, il padre di Enea, celebra la figura di Marcello, il nipote di Augusto, destinato a una morte precoce.
    5 "conosce i segni dell'antica fiamma amorosa." Sono le stesse parole di Didone, la regina di Cartagine, innamorata di Enea, nell'Eneide (libro IV, verso 23: adgnosco veteris vestigia flammae).
    6 "fronde di Minerva" cioè ramoscelli di ulivo. L'ulivo era un albero sacro a Minerva, dea della sapienza, perchè la leggenda dice che fu lei a creare l'ulivo. E' segno di sapienza e umiltà.
    7 Il Salmo intonato dagli angeli è il 30° (XXX): "In te, Signore, mi rifugio: che non sia confuso per sempre, scampami nella tua giustizia. Protendi verso di me il tuo orecchio: vieni presto a liberarmi, sii per me rocca di scampo, rifugio inaccessibile per la mia salvezza. Sì, mia rupe e mia rocca sei tu: per riguardo al tuo nome, tu mi guiderai e al riposo mi condurrai. Mi trarrai dalla rete che per me hanno nascosta, poichè sei tu il mio rifugio; nelle tue mani affido il mio spirito; riscattami, Signore, Dio fedele. Ho in odio quanti van dietro alla vanità degli idoli, ho posto invece la mia fiducia nel Signore. Voglio gioire ed esultare nella tua misericordia, con la quale avrai guardato alla mia afflizione e avrai compreso le angustie dell'anima mia, non consegnandomi nelle mano del nemico, ma ponendo al sicuro i miei piedi." Gli angeli si fermano con queste parole, perchè sono già rappresentative di tutto il Salmo.
    8 Dante era nato sotto il segno dei Gemelli, che disponeva alle lettere e alla scienza.

    (Continua qui)

    QUI TUTTI I LINK SULL'ANALISI SU DANTE

    Edited by joe 7 - 5/5/2023, 22:36
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    La stella dell'Orsa Maggiore é anche il simbolo di Kenshiro: una velata allusione al cristianesimo?
    La sparizione di Virgilio e il rimprovero di Beatrice sono fra le ultime parti che ricordo della Commedia.
    Il concetto "Dio é tutto "della religione orientale é molto diverso dal nostro e (sarà stupido) mi spinge a
    chiedermi perché certi mangaka usano il nostro concetto di Dio nelle loro opere solo per stravolgerlo (nei manga Dio spesso é rappresentato come un tiranno che gestisce il modo con delle regole ingiuste).

    Edited by Andrea Michielon - 2/6/2023, 19:03
     
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    CITAZIONE (Andrea Michielon @ 22/4/2023, 16:55) 
    La stella dell'Orsa Maggiore é anche il simbolo di Kenshiro: una velata allusione al cristianesimo?

    No, semplicemente perchè fa effetto. Però Kenshiro ogni tanto dice che la scuola di Hokuto ha DUEMILA ANNI di storia. Lo fa apposta? :|

    CITAZIONE (Andrea Michielon @ 22/4/2023, 16:55) 
    La sparizione di Virgilio e il rimprovero di Beatrice sono fra le ultime parti che ricordo della Commedia.

    Da adesso in poi, infatti, entriamo nella parte della Commedia di cui non si ricorda nessuno!

    CITAZIONE (Andrea Michielon @ 22/4/2023, 16:55) 
    Il concetto "Dio é tutto "della religione orientale é molto diverso dal nostro e (sarà stupido) mi spinge a chiedermi perché in certi mangaka usano il nostro concetto di Dio nelle loro opere solo per stravolgerlo (nei manga Dio spesso é rappresentato come un tiranno che gestisce il modo con delle regole ingiuste).

    Perchè seguono la logica degli atei, comunisti, non credenti, agnostici eccetera. Che sono tutti occidentali. Insomma, seguono la moda occidentale, non il pensiero orientale. Perchè lo fanno? Perchè è popolare farlo, tutto qui.
     
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    Esiste un anime basato su una visual novel intitolato Angel Beats! che mischia religione orientale e cristianesimo, come sempre stravolto.
    La trama: un adolescente appena deceduto frequenta una scuola nell'aldilà dove gli insegneranno come reincarnarsi: lì incontra una sua coetanea, convinta che la sua ora e quella di altre anima sia giunta troppo presto.
    E così i due organizzeranno una rivolta contro Dio, per farsi ridare ciò che é stato ingiustamente tolto a loro e agli altri studenti.
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    CITAZIONE (Andrea Michielon @ 24/6/2023, 12:00) 
    Esiste un anime basato su una visual novel intitolato Angel Beats! che mischia religione orientale e cristianesimo, come sempre stravolto.
    La trama: un adolescente appena deceduto frequenta una scuola nell'aldilà dove gli insegneranno come reincarnarsi: lì incontra una sua coetanea, convinta che la sua ora e quella di altre anima sia giunta troppo presto.
    E così i due organizzeranno una rivolta contro Dio, per farsi ridare ciò che é stato ingiustamente tolto a loro e agli altri studenti.
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    E' una delle tante storie blasfeme che fanno in Giappone, e non solo.

    L'idea del Purgatorio qui non c'entra nulla col Cristianesimo: si presenta invece sempre la solita reincarnazione, che non esiste. Si muore una volta sola: poi c'è il Giudizio, e si va o all'Inferno o in Paradiso, se necessario attraverso il Purgatorio.

    Inoltre, la reincarnazione non contempla la presenza di un Dio-Persona come il Cristianesimo, quindi non ha senso ribellarsi contro un Dio che non c'è. Esiste solo il continuo via vai di anime che muoiono e si reincarnano, in un cerchio continuo, dove, alla fine di tantissime reincarnazioni-purificazioni, si raggiunge il Nirvana, che non è il Paradiso, ma l'annullamento di se stessi e lo sprofondare nel Nulla.

    Decisamente una visione spaventosa: infatti, quando gli orientali credono nel Cristianesimo, per loro è un gran sollievo sapere di essere in verità liberi da questo spaventoso incubo delle reincarnazioni.
     
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