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  1. DIVINA COMMEDIA DI NAGAI E DI DANTE: PARADISO, CANTO 9 (prima parte)

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    Divina Commedia
    By joe 7 il 16 Sep. 2023
     
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    PARADISO CANTO 9 - TERZO CIELO DI VENERE - SPIRITI AMANTI: CUNIZZA DA ROMANO (prima parte)
    (primo post: qui; precedente post: qui)

    Cunizza-da-Romano-1
    Dante incontra Cunizza da Romano, peccatrice pentita.


    PROFEZIA DI CARLO MARTELLO

    Siamo sempre nel Terzo Cielo di Venere, quello degli Spiriti Amanti, e Dante ha appena ascoltato la risposta di Carlo Martello d'Angiò nel canto precedente. Dante ora si rivolge a Clemenza, la moglie di Carlo Martello, come se lei fosse ancora viva: ma era già morta all'epoca degli avvenimenti della Commedia (lei morì infatti nel 1295, mentre la Commedia è ambientata nel 1300). Potrebbe essere quindi la figlia, che si chiamava anche lei Clemenza. Tuttavia, l'espressione di Dante "Carlo tuo" sembra riferirsi a un rapporto coniugale. E' possibile che, in un certo modo, si fosse rivolto ad entrambe. Dice quindi che il loro parente beato, Carlo Martello, oltre ad aver detto quanto descritto nel precedente canto, gli ha profetizzato anche gli inganni che i suoi discendenti dovranno subire. E' probabile che Dante faccia riferimento all'usurpazione del regno di Napoli da parte del fratello di Carlo Martello, Roberto d'Angiò, ai danni del figlio Caroberto. Però Dante non dice nulla al riguardo, perchè Carlo Martello gli aveva raccomandato di tacere: consiglia di lasciare passare il tempo ("Taci e lascia muover li anni"), perchè tali azioni in futuro saranno punite da Dio. Alla fine delle sue parole, Carlo Martello d'Angiò torna a rivolgersi a Dio, il "Sol che la riempie / come quel ben ch’a ogne cosa è tanto" (cioè al Sole (Dio) che lo ricolma come quel bene che è più grande di qualunque cosa). Dante allora prorompe in una dura invettiva contro i cattivi cristiani, che si distolgono dai beni celesti per ricercare cose vane:

    Ahi anime ingannate e fatture empie, (Ahimè, anime fuorviate e creature malvagie,)
    che da sì fatto ben torcete i cuori, (che distogliete i cuori da un bene simile)
    drizzando in vanità le vostre tempie! (e indirizzate la vostra mente verso cose vane!)

    CUNIZZA DA ROMANO E IL FRATELLO EZZELINO DA ROMANO

    Cunizza
    Cunizza da Romano: passato passionale, cuore gentile.


    La luce di una beata, Cunizza da Romano, si avvicina a Dante: il suo splendore gli fa capire che desidera parlare con lui. Il poeta allora volge uno sguardo interrogativo a Beatrice e lei gli fa un cenno d'assenso. Dante, allora, parla alla beata, senza sapere ancora la sua identità: senza dirgli le sue intenzioni, la prega di rispondergli senza che lui le chieda niente, confidando nel fatto che i beati possono leggere i pensieri degli altri. Cunizza inizia a parlare in modo affettuoso, come fa una persona alla quale piace fare del bene.

    Prima di continuare, presento un attimo il personaggio: Cunizza da Romano fu una donna dal passato tempestoso e poi concluso nella penitenza. Era una delle figlie del signore di Treviso, Ezzelino II da Romano: ma lei è famosa soprattutto per essere stata la sorella del famigerato Ezzelino da Romano (ufficialmente chiamato Ezzelino III), la cui fama fu terribile e sanguinaria, tanto da essere chiamato "figlio del diavolo". Dante lo mette all'Inferno, nel Settimo Cerchio dei Violenti, più precisamente nel Primo Girone del Settimo Cerchio, quello riservato ai Violenti contro il prossimo e i Tiranni. Insieme agli altri tiranni, Ezzelino è immerso nel fiume bollente di sangue del Flegetonte. Nella sua vita, tra le tante atrocità, aveva incendiato la città di Montagnana e fece numerose efferatezze e torture. Fu scomunicato dal Papa tre volte e Sant'Antonio da Padova andò da lui, ben consapevole però del fatto che neanche un santo può salvare una persona arrivata a quei livelli di malvagità. E infatti continuò la sua vita di crudeltà fino alla morte, avvenuta dopo uno scontro finale a Cassano d'Adda, in cui i Guelfi e i Ghibellini si unirono per sconfiggerlo, insieme al suo esercito, con cui stava per invadere tutto il Nord Italia. Fu portato a Soncino, in Lombardia, dove morì in prigionia nel 1259, a causa delle ferite riportate in battaglia. Rifiutò sia le medicine che i sacramenti. Si parla però anche di suicidio: infatti, una leggenda dice che Ezzelino aveva chiesto, dalla sua cella, che cessassero i rintocchi delle campane, che lo infastidivano. Ma il campanaro non lo ascoltò e continuò. Allora, per lo sdegno, Ezzelino si tolse le bende dalla testa e si uccise, probabilmente sbattendo la sua testa contro il muro. Fu sepolto in terra non consacrata nei pressi di Soncino, anche se la sua tomba è andata perduta: nessuno sa dove si trovi. Ancor oggi, a Soncino, il mercoledì di ogni settimana, alle 9,15 (il giorno e l'ora della morte di Ezzelino) si ricorda il fatto col rintocco di una campana, che tenga lontana l'"anima dannata". Lo si potrebbe definire il "dracula italiano", tanto è stata terribile la sua fama: se non impalava come l'originale Vlad Tepes, poco ci manca.

    Ezzelino-da-Romano
    Vlad Tepes, o Dracula, di Dago: in pratica la copia di Ezzelino da Romano, il terribile fratello di Cunizza.



    LA VITA DI CUNIZZA

    Cunizza da Romano nacque intorno al 1198 e sposò nel 1222, a 24, anni il signore di Verona, Riccardo di San Bonifacio, per suggellare la pace tra le due famiglie dei da Romano e dei San Bonifacio. Ma, in seguito, ci fu una nuova rottura e, come conseguenza, avvenne il clamoroso - a quei tempi - rapimento di Cunizza da parte del trovatore Sordello da Goito (lo stesso Sordello incontrato da Dante nell'Antipurgatorio - Canto 6 del Purgatorio e seguenti), probabilmente per iniziativa del fratello di lei Ezzelino (non è da escludere, tuttavia, che tra i due, Cunizza e Sordello, ci fosse stata una concreta relazione amorosa). Cunizza, poi, ebbe un'altra relazione con un giudice trevigiano, Enrico da Bovio, con cui fuggì e che fu poi ucciso; si sposò ancora per due volte. Dopo la fine della potenza dei da Romano e la morte del terribile fratello Ezzelino, Cunizza abbandonò Treviso e finì a Firenze, pentita ed intenta a fare opere pietose. Non è escluso che Dante l'abbia conosciuta in tale occasione. Morì nel 1279 o poco dopo, venendo ben presto raffigurata come una donna dai costumi spregiudicati e libertini in campo amoroso, all'inizio, ma successivamente ravvedutasi e dedita a una vita pia e ad opere di carità.

    Tornando al poema, Cunizza dichiara che in quella terra (la Marca Trevigiana) compresa tra la Repubblica di Venezia e le sorgenti di Brenta e Piave, sorge un colle non molto alto, da dove discese Ezzelino da Romano, che esercitò il suo tirannico dominio su tutta la regione. Poi lei si rivela a Dante: l'anima che gli parla è quella della sorella di Ezzelino, Cunizza, e risplende in questo Cielo, perché in vita subì l'influsso del pianeta Venere, cioè di aver amato con passione, anche se la donna perdona a se stessa questa inclinazione e non se ne rammarica, ciò che forse può sembrare difficile da capire alla gente. Perchè, se ha molto peccato, ha anche molto amato, ed è stato proprio quell'amore che alla fine le ha fatto scoprire Cristo:

    "In quella parte de la terra prava ("In quella parte della malvagia terra)
    italica che siede tra Rialto d'Italia (che è compresa fra Rialto (Venezia)
    e le fontane di Brenta e di Piava, (e le sorgenti di Brenta e Piave (la Marca Trevigiana, cioè la terra di Treviso, chiamata "marca" perchè gestita dal marchese Ezzelino)

    si leva un colle, e non surge molt’alto, (sorge un colle non molto alto (il colle di Romano, vicino a Bassano del Grappa, su cui era il castello degli Ezzelini: da qui il cognome "da Romano")
    là onde scese già una facella (da dove discese una torcia incendiaria (Ezzelino da Romano)
    che fece a la contrada un grande assalto. (che esercitò un tirannico dominio sulla regione.)

    D’una radice nacqui e io ed ella: (Entrambi nascemmo dagli stessi genitori (fummo fratelli)
    Cunizza fui chiamata, e qui refulgo (fui chiamata Cunizza e risplendo in questo Cielo)
    perché mi vinse il lume d’esta stella; (perché fui sopraffatta dall'influsso di questo pianeta (Venere)

    ma lietamente a me medesma indulgo (ma con gioia perdono a me stessa)
    la cagion di mia sorte, e non mi noia; (la causa di questa mia sorte e non me ne rammarico;)
    che parria forse forte al vostro vulgo." (cosa che, forse, potrebbe sembrare difficile da capire per la gente").

    E' da notare che la facella (fiaccola incendiaria), cioè Ezzelino, ricorda il mito di Ecuba, regina di Troia, che sognò di partorire una torcia quando generò Paride, mentre una leggenda analoga circolava anche riguardo alla madre di Ezzelino.

    LE PROFEZIE DI CUNIZZA CONTRO GLI ARROGANTI

    Don-Rodrigo
    Don Rodrigo dei Promessi Sposi: esempio di arroganza e prepotenza come quelli descritti da Cunizza riguardo alla città di Padova, a Rizzardo da Camino e Alessandro Novello (noto più per il tradimento da lui commesso che per atti di arroganza)


    Cunizza indica a Dante l'anima che gli è più vicina (Folchetto di Marsiglia, di cui parleremo più avanti), dicendo che egli ebbe grande fama nel mondo e che essa durerà ancora per almeno cinquecento anni, o cinque secoli. Gli uomini, aggiunge Cunizza, dovrebbero cercare di lasciare dietro di sé un buon ricordo sulla Terra: la gente della Marca Trevigiana (cioè, la sua stessa gente) a questo non pensa, nè se ne pente. Cunizza considera la Marca Trevigiana come un'area assai vasta attorno a Treviso (che si trova in Veneto): si tratta di un'area "compresa tra il Tagliamento e l'Adige". Il Tagliamento è un fiume che attraversa da Nord a Sud il Friuli-Venezia Giulia, mentre l'Adige è il secondo fiume più lungo d'Italia, che attraversa il Trentino-Alto Adige e poi il Veneto passando per Verona e entrando nel mare Adriatico a sud del Veneto, vicino al confine con l'Emilia. La Marca Trevigiana, quindi, comprende una metà del Veneto e una metà del Trentino, grosso modo.

    Tuttavia, profetizza Cunizza, presto i Padovani (che sono Guelfi, cioè ufficialmente fedeli al Papa e avversari dell'Imperatore come Dante - che non era comunque "avversario" dell'Imperatore, però desiderava da lui un comportamento retto - ma, in sostanza, arroccati solo ai loro interessi) arrosseranno col proprio sangue l'acqua della palude del Bacchiglione, presso Vicenza, per essere stati restii al loro dovere verso l'Imperatore. Infatti, Padova e Vicenza si contesero le acque del Bacchiglione, facendolo deviare di volta in volta per i loro interessi, nonostante i divieti dell'Imperatore. E Padova subirà una dura sconfitta nel 1314 (da ricordare che la Commedia è ambientata nel 1300, anche se è stata scritta dopo) da parte dei Vicentini di Cangrande Della Scala (condottiero di Verona; fu amico e protettore di Dante), bagnando appunto col loro sangue il Bacchiglione. Cunizza parla di "palude", non di fiume, riferendosi al Bacchiglione, perchè si tratta di un fiume artificiale: attraversa il Veneto da Nord a Sud, unendosi poi al Brenta e sfociando nel Mar Adriatico. E le continue deviazioni provocate dai Padovani e Vicentini diedero appunto origine alla formazione di paludi.

    Cunizza poi profetizza riguardo a Rizzardo da Camino, attuale signore di Treviso ("dove il Sile e il Cagnano si uniscono": si tratta dei fiumi che si uniscono proprio a Treviso. Oggi il Cagnano è chiamato Botteniga). Rizzardo, il successore di Ezzelino da Romano, è pieno di superbia e "signoreggia" a Treviso: ben presto sarà ucciso in una congiura (nel 1312), conclude Cunizza ("tal signoreggia e va con la testa alta, / che già per lui carpir si fa la ragna": "domina con superbia, / tanto che già per lui si tesse la ragnatela", cioè si ordisce la congiura che lo eliminerà.) Infatti governò in modo talmente dispotico ed arrogante da attirarsi presto l'odio della nobiltà di Treviso, che fece la congiura che lo uccise. E' da notare che Rizzardo era figlio di Gherardo da Camino, precedente signore di Treviso (sempre dopo la morte di Ezzelino da Romano), che fu elogiato da Marco Lombardo nel Purgatorio, nella terza cornice degli Iracondi (Canto 16). Marco Lombardo lo chiamò "il buon Gherardo". Che purtroppo ebbe come figlio una pezza. Capita.

    L'ultima profezia di Cunizza si riferisce ad Alessandro Novello, trevigiano e vescovo di Feltre (città del nord del Veneto, nella provincia di Belluno). Accolse dei fuggitivi ferraresi, scappati dopo aver ordito una congiura contro il governatore di Ferrara, Pino della Tosa, e promise loro protezione. Fare queste promesse è vincolante: tuttavia, Alessandro, probabilmente corrotto con denari, li tradì, riconsegnandoli a Pino de la Tosa, che li giustiziò.

    Piangerà Feltro ancora la difalta (Rimpiangerà Feltre (detto qui Feltro), inoltre, il tradimento)
    de l’empio suo pastor, che sarà sconcia (del suo empio vescovo (Alessandro Novello), che sarà talmente odioso)
    sì, che per simil non s’entrò in malta. (che nessuno fu mai imprigionato per un atto simile (la "malta" indicava la prigione).

    Cunizza, conclude, legge tali profezie nella mente dei Troni, che sono gli angeli che gestiscono il Settimo Cielo di Saturno, attraverso i quali Dio esercita la sua giustizia e pronuncia queste severe condanne.

    BIBLIOGRAFIA

    https://divinacommedia.weebly.com/paradiso-canto-ix.html

    (Continua qui)

    QUI TUTTI I LINK SULL'ANALISI SU DANTE

    Edited by joe 7 - 30/9/2023, 13:59
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