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  1. DIVINA COMMEDIA DI NAGAI E DI DANTE: PARADISO, CANTO 15 (seconda parte)

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    Divina Commedia
    By joe 7 il 24 Feb. 2024
     
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    PARADISO CANTO 15 - QUINTO CIELO DI MARTE: SPIRITI COMBATTENTI PER LA FEDE - L'AVO CACCIAGUIDA (seconda parte)
    (primo post: qui; precedente post: qui)

    Dante-1
    Il Cielo di Marte dei Combattenti per la fede, dalla Divina Commedia di Nagai.



    CACCIAGUIDA INVITA DANTE A PARLARE

    Quando Cacciaguida - che Dante non ha ancora riconosciuto - nella prima parte di questo Canto ha finito di dire la sua terzina in latino, Dante, sorpreso per le parole dello spirito, si volta verso Beatrice e rimane doppiamente stupefatto: sia per quello che ha detto Cacciaguida nel salutarlo, che per l'ardente bellezza degli occhi della donna, che contengono un sorriso tale da far sprofondare nella beatitudine il poeta.

    Cacciaguida riprende a parlare: ma l'ardore della sua carità, della sua gioia e della sua felicità nel vedere in Paradiso il suo discendente Dante gli fa dire delle cose talmente profonde che Dante non può capire, perchè si tratta di concetti che vanno oltre l'umano. Quando Cacciaguida ha finito di esprimere la sua grande gioia, in quel momento scende al limite della nostra ragione umana e, per prima cosa, loda Dio per quello che vede: "Benedetto sia tu, o Dio uno e trino, che sei tanto cortese verso il mio discendente!" (da notare l'ennesimo richiamo alla Trinità):

    la prima cosa che per me s’intese,
    «Benedetto sia tu», fu, «trino e uno,
    che nel mio seme se’ tanto cortese!».

    Poi Cacciaguida si rivolge a Dante, dicendogli: "Tu, o figlio (cioè "discendente"), hai finalmente esaudito, in questa luce divina in cui ti parlo, il gradito e lontano desiderio che avevo espresso (cioè quello di vederti), leggendo dal gran volume (cioè dalla mente divina), dove ogni cosa è immutabile; e hai esaudito questo mio desiderio, grazie a Beatrice, che ti ha dato le ali per questo alto volo (cioè, ti ha condotto fin qui):

    E seguì: «Grato e lontano digiuno, (e seguì: "(Il mio) gradito e lontano desiderio)
    tratto leggendo del magno volume (che avevo espresso, leggendo dalla mente di Dio (il "magno volume")
    du’ non si muta mai bianco né bruno, (dove non si cambia il bianco nè il bruno (cioè, dove tutto è immutabile)

    solvuto hai, figlio, dentro a questo lume (hai esaudito, o figlio, in questa grande luce)
    in ch’io ti parlo, mercè di colei (in cui ti parlo, (e questo) grazie a colei (Beatrice)
    ch’a l’alto volo ti vestì le piume." (che per l'alto volo ti diede le piume.")

    Cacciaguida continua: "Tu, Dante, ritieni, e giustamente, che il tuo pensiero venga a me da quello divino", cioè: per grazia di Dio, io posso leggerti nella mente, "così come dall'uno, cioè Dio, se lo si conosce, derivano il cinque e il sei". Cioè: se si conosce Dio, l'Uno, da questa conoscenza derivano "il cinque e il sei", cioè tutti gli altri numeri, i pensieri di tutti, in sostanza. E' come dire che, quando si ama Dio, si amano di conseguenza tutti gli altri, tanto da sapere benissimo quello che pensano. Questo è amore, più che telepatia.

    "Per questo" continua l'avo "visto che sai che ti posso leggere nella mente, non mi chiedi direttamente chi sono, nè perché io sembri più felice di tutti gli altri per la tua presenza qui." Ed è vero:

    Tu credi ‘l vero; ché i minori e ‘ grandi (Tu pensi il vero; infatti le anime più e meno beate)
    di questa vita miran ne lo speglio (del Paradiso osservano nello specchio (la mente divina)
    in che, prima che pensi, il pensier pandi; (nella quale, prima ancora che tu pensi, si riflette il tuo pensiero; )

    Tuttavia, Cacciaguida invita lo stesso Dante a parlare con la sua bocca, per fargli quelle domande che lui già sa: così, il suo ardore di carità si manifesterà in modo più completo.

    CACCIAGUIDA SI PRESENTA

    Dante rivolge allora lo sguardo a Beatrice per chiederle se può parlare: lei, naturalmente, sa già la sua richiesta prima ancora che lui lo faccia e gli dà un cenno d'assenso, con un sorriso che fa crescere le ali al suo desiderio di rivolgersi a Cacciaguida.

    Allora il poeta dice al beato che, nelle anime del Paradiso, il sentimento è pari all'intelligenza: Dio, infatti, li ha elevati a una tale altezza che, per loro, conoscere e amare è la stessa cosa. Ma, per i mortali come Dante, che sono ancora imperfetti, non è così: quindi, il poeta dice che può ringraziare lo spirito solamente col proprio cuore per la festosa accoglienza ricevuta, invece che anche con l'intelletto.

    Poi lo supplica di rivelargli il proprio nome, chiamandolo "splendente topazio, che sei incastonato questo prezioso gioiello (la croce)": "vivo topazio / che questa gioia preziosa ingemmi".

    Lo spirito risponde, chiamandolo "O fronda mia", cioè "O mio discendente", e gli dice che è compiaciuto di lui mentre lo aspettava. Si presenta innanzitutto come suo antenato: anzi, come il capostipite della sua famiglia ("io fui la tua radice"). Quindi, fu con Cacciaguida che iniziò la dinastia illustre degli Alighieri.

    Poi continua parlando di suo figlio, Alighiero I, bisnonno di Dante (Cacciaguida infatti è il trisavolo, o trisnonno, di Dante), da cui era iniziato il nome della sua dinastia. Cacciaguida dice che suo figlio Alighiero I, da tempo, si trova in Purgatorio (Dante, curiosamente, non l'aveva incontrato) e gli chiede di pregare per lui: "Colui dal quale deriva il tuo cognome e che gira da più di cent'anni nella I Cornice del Purgatorio, fu mio figlio e tuo bisnonno: è opportuno che tu abbrevi la sua lunga fatica con le tue preghiere."

    Enea
    Enea incontra Anchise, suo padre, nell'Aldilà: è stato il modello dell'incontro tra Dante e Cacciaguida.



    IL DIVERSO DESTINO DEI PARENTI DI DANTE

    E' da notare che nella Divina Commedia Dante ha: un parente all'Inferno, Geri del Bello; un altro in Purgatorio e appena descritto qui, Alighiero I; e appunto il parente in Paradiso, Cacciaguida.

    Geri del Bello è nell'Ottavo Cerchio (detto Malebolge) dell'Inferno, quello dei Fraudolenti: più precisamente, è nella Nona Bolgia, quella dei Seminatori di discordie, ed è accennato nel Canto 29 dell'Inferno. Dante nemmeno parla con Geri del Bello, quindi non è facile ricordarselo. Inoltre, Geri non saluta nemmeno Dante, come fa Cacciaguida: invece, lo accusa puntandogli contro il dito, senza dir nulla, perchè Dante non ha vendicato la sua morte. Infatti, nell'Inferno c'è solo l'accusa: senza contare che qui Dante condanna anche la vendetta per l'uccisione dei parenti. Geri del Bello era il cugino di Alighiero II, il padre di Dante: fu accusato di rissa e percosse in un processo a Prato (infatti Geri è tra i seminatori di discordie). Sembra che l'assassino di Geri sia stato un certo Brodaio dei Sacchetti (il nome della famiglia), e la sua morte fu vendicata trent'anni dopo, con l'omicidio di uno dei Sacchetti. La riconciliazione tra gli Alighieri e i Sacchetti avvenne solo molti anni dopo per volontà delle autorità, tanto furono lunghi e profondi gli odi familiari.

    Alighiero I, figlio di Cacciaguida e bisnonno del poeta, come abbiamo detto, da più di un secolo è nella Prima Cornice del Purgatorio, cioè quella dei Superbi. Il suo nome, che poi divenne il cognome di Dante, deriva da quello degli Aldighieri, che era la famiglia della moglie di Cacciaguida.

    CACCIAGUIDA RIEVOCA LA FIRENZE ANTICA

    Successivamente, prima ancora di dire il suo nome, Cacciaguida descrive a Dante la Firenze in cui era vissuto ai suoi tempi:

    Fiorenza dentro da la cerchia antica, (Ai miei tempi) Firenze era ancora racchiusa nell'antica cinta muraria,)
    ond’ella toglie ancora e terza e nona, (da dove sente ancora le ore canoniche (dalla chiesa di Badia)
    si stava in pace, sobria e pudica. (e se ne stava in pace, sobria e morigerata.)

    Cacciaguida dice che Firenze ai suoi tempi era ancora circondata dalla vecchia cinta muraria, che risale all'anno 900-1000 ed era assai più ristretta di quella dei tempi di Dante (1300), realizzata nel 1173, dopo la morte di Cacciaguida. La "terza" (ore 9 del mattino) e "nona" (ore 15 del pomeriggio) erano le ore canoniche, cioè le ore della preghiera in comune. Cacciaguida fa riferimento all'antica chiesa di Badia. E perchè Cacciaguida ricorda proprio queste due ore? Perchè erano le ore della giornata in cui si iniziava e si finiva il lavoro.

    CHIESA DI BADIA

    Chiesa-Badia


    Si tratta dell'abbazia benedettina di Santa Maria a Firenze, meglio conosciuta come Badia Fiorentina. E' un importante luogo di culto cattolico del centro storico di Firenze; è intitolato alla Vergine Maria. "Badia" è una contrazione popolare della parola "abbazia". A Firenze e dintorni sono esistite cinque abbazie benedettine, situate come ai punti cardinali della città: a nord la Badia Fiesolana, a ovest la Badia a Settimo, a sud l'abbazia di San Miniato, a est la Badia a Ripoli e al centro, appunto, la Badia Fiorentina, l'abbazia per eccellenza di Firenze, frequentata anche da Cacciaguida. Proprio qui, secondo la Vita Nova, Dante vide Beatrice per la prima volta, durante una messa. In seguito, dopo la pubblicazione della Commedia, Boccaccio tenne nell'aula di Santo Stefano, nella Badia Fiorentina, la prima delle celebri letture della Divina Commedia.

    CACCIAGUIDA LODA LA FIRENZE DI UN TEMPO

    Le donne della Firenze dei suoi tempi, continua Cacciaguida, non esibivano sfarzi esagerati come le catenelle, le corone, le gonne ricamate, le cinture, che diventavano più appariscenti della persona ("che fosse a veder più che la persona."). Le figlie, nascendo, non facevano paura al padre per l'uso di sposarsi precocemente e per l'ampiezza della dote (cioè: non facevano dei matrimoni sfrenati oltre ogni misura, nè ridicolaggini e sfarzi ostentati in modo volgare):

    Non faceva, nascendo, ancor paura (La figlia, nascendo, non faceva ancora paura al padre,)
    la figlia al padre, che ‘l tempo e la dote (poiché l'età delle nozze e l'entità della dote)
    non fuggien quinci e quindi la misura. (non erano ancora sproporzionate (oggi le ragazze si sposano presto e con dote eccessiva).

    Inoltre, in città non c'erano case troppo grandi e vuote per il lusso, né i cittadini si davano alla lussuria imitando Sardanapalo1 come invece fanno nella Firenze attuale. Cacciaguida continua coi suoi paragoni, dicendo che il monte Uccellatoio, che sorge alle porte di Firenze, non aveva ancora sormontato il Monte Mario a Roma: questo monte, coi suoi 140 metri d'altezza, è il rilievo più imponente di Roma e uno dei punti più panoramici della città.

    Cacciaguida vuole dire che Firenze, a quei tempi - simboleggiata dal monte Uccellatoio - non aveva ancora raggiunto il grande fasto e decadenza che ha avuto Roma, simboleggiata dal Monte Mario. All'imponenza della Firenze di adesso, cioè quella dei tempi di Dante, seguirà un rapido declino, proprio come accadde a Roma:

    Non era vinto ancora Montemalo (Monte Mario a Roma non era ancora superato)
    dal vostro Uccellatoio, che, com’è vinto (dal vostro monte Uccellatoio, il quale sarà superato)
    nel montar sù, così sarà nel calo. (sia nel crescere sia nella rapida decadenza (Firenze declinerà in fretta come l'antica Roma).

    Cacciaguida vide Bellincione Berti, illustre fiorentino di allora, andare in giro vestito in modo semplice, mentre sua moglie non si ricopriva certo il volto di belletti; altri illustri cittadini (i Nerli e i Vecchietti) si accontentavano di vesti di pelle, mentre le loro spose stavano in casa a lavorare al telaio. Le donne di Firenze a quel tempo erano certe di non morire in esilio, ma in patria; nemmeno erano abbandonate dai mariti, che non andavano fino in Francia a commerciare come i mariti della Firenze attuale. Si dedicavano ad allevare i figli, a filare la lana, a raccontare le leggende della fondazione di Firenze da parte dei Romani.

    A quei tempi antichi, conclude Cacciaguida, tutti sarebbero rimasti stupiti da certe sfacciate donne fiorentine dei tempi di Dante (come Cianghella, famosa per la sua vita dissoluta, e Lapo Salterello, giurista di corrotti costumi). Proprio come oggi i fiorentini depravati dei tempi di Dante rimarrebbero sconvolti davanti a persone di grande virtù come furono Cincinnato (il celebre dittatore romano che vinse gli Equi e poi tornò ad arare il suo campo) e Cornelia (figlia di Scipione l'Africano e madre dei Gracchi, esempio di virtù e onestà per le donne di Roma: Dante, anzi, la mette tra gli "spiriti magni" del Limbo (Quarto Canto dell'Inferno)

    CACCIAGUIDA RIVELA IL SUO NOME E LA SUA STORIA

    Infine, Cacciaguida rivela il suo nome: dice di essere nato in quella bella città di allora, partorito dalla madre, che nelle doglie invocava il nome di Maria, poi fu battezzato nel Battistero di Firenze col nome di Cacciaguida. Si pensa che Cacciaguida sia nato nel 1091 e la sua morte avvenne nel 1148, durante la Seconda Crociata.

    A così riposato, a così bello (In una convivenza così pacifica e bella,)
    viver di cittadini, a così fida (in una comunità così unita di cittadini,)
    cittadinanza, a così dolce ostello, (in una così bella dimora)

    Maria mi diè, chiamata in alte grida; (mi fece nascere mia madre, invocando Maria nelle grida del parto; )
    e ne l’antico vostro Batisteo (e nel vostro antico Battistero di S. Giovanni (di Firenze)
    insieme fui cristiano e Cacciaguida. (fui battezzato col nome di Cacciaguida.)

    Cacciaguida presenta anche la sua famiglia: ebbe due fratelli, Moronto ed Eliseo, e sposò una donna proveniente dalla Val Padana, il cui cognome, Alighieri, è quello ora portato da Dante. Secondo alcuni studiosi, la moglie di Cacciaguida veniva da Ferrara e apparteneva alla famiglia degli Aldighieri. Non si sa perchè il cognome della moglie fu poi trasmesso ai figli.

    In seguito, Cacciaguida seguì l'imperatore Corrado III2 nella Seconda Crociata (1147-1149), dopo che il sovrano lo aveva investito cavaliere, per il suo retto operare. Andò dunque a combattere contro gli infedeli in Terrasanta, usurpata dai popoli islamici a causa della trascuratezza dei papi. Dagli infedeli fu poi ucciso in battaglia (probabilmente nella battaglia campale di Dorileo, in Turchia) e da quella morte giunse alla pace del Paradiso.

    Poi seguitai lo ‘mperador Currado; (Poi seguii l'imperatore Corrado III;)
    ed el mi cinse de la sua milizia, (ed egli mi fece cavaliere,)
    tanto per bene ovrar li venni in grado. (a tal punto gli piacqui con il mio retto operare.)

    Corrado-III
    Re Corrado III di Svevia: fu il re sotto il quale Cacciaguida combattè. Aveva anche il titolo di Imperatore ("lo 'mperador Currado"), ma non gli fu mai riconosciuto.


    Dietro li andai incontro a la nequizia (Lo seguii in Terrasanta, contro la malvagità)
    di quella legge il cui popolo usurpa, (di quella religione (l'Islam) il cui popolo usurpa quei luoghi,)
    per colpa d’i pastor, vostra giustizia. (a causa della trascuratezza dei pontefici.)

    Come si vede, Cacciaguida, essendo stato combattente, non ci va leggero coi musulmani: parla di "religione malvagia", perchè ostacola quella vera di Cristo, e dell'usurpazione dei luoghi santi (infatti furono i cristiani i primi ad abitare in Terra Santa, non i musulmani: quindi la loro fu effettivamente un'usurpazione). Inoltre, Cacciaguida critica il Papa (non quello dei suoi tempi, ma quello dei tempi di Dante, Bonifacio VIII) perchè ha abbandonato l'idea di riconquistare la Terra Santa, istituendo il Giubileo nel 1300: in questo modo, il pellegrinaggio a Gerusalemme fu sostituito per sempre col pellegrinaggio a Roma. Era come dire che ormai Gerusalemme è da considerare inespugnabile e consegnata per sempre in mano ai musulmani. Non si ha l'idea della sensazione di disfatta e sconfitta che provarono i cristiani di allora, come Dante, nel sapere questa triste verità, alla quale dovettero rassegnarsi: Gerusalemme non era più cristiana.

    Quivi fu’ io da quella gente turpa (Lì quella gente maledetta)
    disviluppato dal mondo fallace, (mi strappò dal mondo fallace (mi uccise),
    lo cui amor molt’anime deturpa; (il cui amore svia molte anime;)

    Cacciaguida attacca ancora i musulmani, chiamandoli "gente turpa", cioè "maledetta", dice il traduttore, che però è un eufemismo. "Turpe", infatti, significa: moralmente vergognoso, che offende gravemente la dignità, l’onestà e il pudore; sconcio, sozzo, ributtante (per esempio: un’azione turpe; parole, atti, gesti turpi; una turpe proposta; voleva così soddisfare le sue turpe voglie; uomo, donna di turpi costumi; un turpe individuo; "un turpe monatto andò per levarle la bambina dalle braccia" (Manzoni). Sono termini pesanti, quelli che usa Cacciaguida, che però richiamano la violenza guerresca che c'era a quei tempi. Lì si combatteva sul serio e si moriva sul serio. Quindi non c'erano eufemismi tra di loro. Anche i musulmani non ci andavano leggeri coi cristiani, definendoli "giaurri", cioè "sporchi infedeli".

    e venni dal martiro a questa pace». (e venni da quel martirio direttamente a questa pace».)

    Nella morte violenta per amore di Cristo, vengono espiati tutti i peccati e si raggiunge subito il Paradiso, senza passare per il Purgatorio: è quello che è successo a Cacciaguida e a tutti i martiri per la fede.

    COMMENTO

    Il Canto apre il «trittico» dedicato al personaggio di Cacciaguida e inaugura l'importante discorso relativo alla missione civile e poetica di Dante, non a caso collocato in posizione centrale nella Cantica e nell'intero poema.

    In particolare, questo Canto è caratterizzato da un linguaggio solenne e stilisticamente prezioso, con una fitta serie di rimandi alla classicità e al testo biblico che innalzano notevolmente il tono del dialogo fra il poeta e il suo avo.

    E' evidente il parallelismo tra Anchise e Cacciaguida, che infatti saluta il suo discendente con l'espressione latina sanguis meus, che è ripresa letteralmente dall'Eneide.

    Nel prossimo Canto 17, Cacciaguida profetizzerà a Dante il suo futuro esilio, investendolo quindi della sua missione, proprio come Anchise fa col figlio Enea, che dovrà fondare Roma.

    L'incontro fra Dante e Cacciaguida ha quindi un'importanza che va al di là dell'ambito personale e familiare, in cui potrebbe sembrare circoscritto, e investe la sostanza stessa del poema, con la definizione della missione sacrale di cui il poeta si sente investito e la cui dichiarazione solenne affida all'anima di questo suo oscuro antenato, scelto in quanto martire morto combattendo per la fede e vissuto in una Firenze molto diversa da quella attuale, da cui Dante sarà esiliato.

    La rievocazione della Firenze ideale di Cacciaguida richiama l'accusa di Forese Donati (canto 13 del Purgatorio).

    Il paragone tra Firenze e Roma è significativo, perchè Dante riteneva che gli abitanti della sua città di sangue «puro» discendessero proprio dai Romani, mentre quelli venuti da Fiesole, e in seguito inurbatisi dal contado, avevano contaminato questa originaria purezza, portando in città l'avidità di guadagno, che tutto aveva corrotto. E' anche la tesi sostenuta da Brunetto Latini nel Canto 15 dell'Inferno.

    BIBLIOGRAFIA

    https://divinacommedia.weebly.com/paradiso-canto-xv.html

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    1 Sardanapalo: Re di Assiria del quale favoleggiarono i Greci, identificato con Assurbanipal. La leggenda di Sardanapalo è riferita da numerosi scrittori greci: per esempio, secondo Diodoro, egli sarebbe stato l'ultimo di una serie di trenta re dell'Assiria, e anche il più depravato di tutti. Infatti, Sardanapalo sarebbe vissuto anche come una donna, dedito ai piaceri della gola e della lussuria. Dopo esser riuscito a vincere ripetutamente i numerosi ribelli, fu alla fine assediato nella capitale: si fece bruciare insieme ai familiari e ai suoi tesori. La sua iscrizione funeraria invitava i passanti a mangiare, bere e amare, cioè a godersi la vita senza alcun freno. Visse nel lusso più sfrenato, circondato da comodità, mollezze e piaceri.

    Sardanapalo
    La morte di Sardanapalo, di Eugene Delacroix. Una volta resosi conto della sconfitta imminente, Sardanapalo preferì morire insieme a tutti i suoi averi, piuttosto che consegnarsi ai rivoltosi che stavano assediando il suo palazzo. Le donne dell'harem sono disperate e stanno per essere uccise senza pietà da alcuni uomini al servizio del re; una concubina, accasciata sul letto dove siede Sardanapalo, è già morta. Neanche il cavallo prediletto dal re riesce a sfuggire alla morte. Anche la morte fu un eccesso per lui.


    2 Corrado III: "Lo 'mperador Currado", come lo chiama Cacciaguida, è il re tedesco Corrado III di Svevia (o di Hohenstaufen): regnò tra il 1138 e il 1152. Nel 1146 ascoltò San Bernardo di Chiaravalle predicare la Seconda Crociata (a quei tempi, Gerusalemme era assediata dai Turchi musulmani, che volevano espugnarla, sterminare lì tutti i cristiani, distruggere tutte le chiese, compreso il Santo Sepolcro, ed edificarci al loro posto le moschee per adorare Allah). Corrado partì col re francese Luigi VII per la Terrasanta. Tuttavia, fu sconfitto dai Turchi a Dorileo, in Turchia. Corrado sopravvisse e riuscì a raggiungere Gerusalemme, nonostante l'assedio dai Turchi. Insieme con gli altri crociati, cercò di espugnare Damasco, la roccaforte dei Turchi: ma l'impresa non riuscì e la Seconda Crociata finì con un fallimento. Corrado ritornò in Germania, dove morì.

    (Continua qui)

    QUI TUTTI I LINK SULL'ANALISI SU DANTE

    Edited by joe 7 - 9/3/2024, 21:44
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    Con la sua opera, Dante ha evidenziato bene l'importanza della Fede cristiana.
    Cacciaguida dovrebbe essere preso come esempio da seguire in questi nostri tempi bui, dove il decadimento della società si sta ripetendo come nel passato.
     
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    CITAZIONE (Andrea Micky 3 @ 24/2/2024, 20:59) 
    Con la sua opera, Dante ha evidenziato bene l'importanza della Fede cristiana.
    Cacciaguida dovrebbe essere preso come esempio da seguire in questi nostri tempi bui, dove il decadimento della società si sta ripetendo come nel passato.

    In ogni tempo il cristiano è sempre crociato: cioè è testimone, e questo è sempre andare controcorrente.

    D'altra parte, essere cristiani veri non è mai stato comodo: Gesù non ha promesso a nessuno una villa con piscina, ma tribolazioni, pur con le sue consolazioni e il suo aiuto, e, dopo di esse, la vita eterna. Anche nei tempi bui, la sostanza è sempre la stessa.
     
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    D'altra parte, essere cristiani veri non è mai stato comodo: Gesù non ha promesso a nessuno una villa con piscina, ma tribolazioni

    Lieto di non accettare l'invito (ammesso che l'immenso illuminato padrone del blog lo abbia veramente capito).
    Ma Go Nagai in tutto questo? La sua versione si è eclissata o tutto è una scusa per fare dell'intransigente proselitismo?
    Non dovrebbe essere un blog di manga?
     
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    Il Paradiso di Nagai è la parte più breve del manga: interi canti sono riassunti in poche pagine o in poche vignette, quindi c'è poco da commentare al riguardo.

    Nel mio blog posto quello che voglio, manga o altro. Tu non sei obbligato a leggerlo, nè io sono obbligato a scriverlo nel modo che piace a te.
     
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