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  1. DIVINA COMMEDIA DI NAGAI E DI DANTE: PARADISO, CANTO 16 (seconda parte)

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    Divina Commedia
    By joe 7 il 16 Mar. 2024
     
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    PARADISO CANTO 16 - QUINTO CIELO DI MARTE: SPIRITI COMBATTENTI PER LA FEDE - CACCIAGUIDA PARLA DELLA DECADENZA DI FIRENZE
    (primo post: qui; precedente post: qui)

    Cacciaguida-2
    Cacciaguida saluta con gioia Dante: in questo Canto parlano dell'amata città di Firenze, ormai rovinata.


    Cacciaguida inizia a rispondere alle domande di Dante (quando è nato, chi sono stati i suoi avi, quali erano le persone importanti a Firenze ai suoi tempi) e lo fa con una voce dolce e soave: parla però in una lingua diversa dal fiorentino moderno (cioè quello ai tempi di Dante, ovvio): un fiorentino antico.

    e come a li occhi miei si fé più bella, (e non appena ai miei occhi (la luce di Cacciaguida) diventò più bella,)
    così con voce più dolce e soave, (con voce pure più dolce e gradevole,)
    ma non con questa moderna favella, (benché non parlasse questo linguaggio moderno,)

    Dante qui vuole spiegare che Cacciaguida sta parlando in un fiorentino che non è il suo, cioè quello "moderno" del 1300 ("moderna favella"), ma piuttosto con una parlata fiorentina più antica e dunque diversa da quella dei suoi tempi, in accordo con quanto lui stesso afferma nel De Vulgari Eloquentia, circa il mutamento della lingua comunemente usata nel corso del tempo. Da notare che "volgare" qui non è detto nel nostro senso dispregiativo, ma nel senso di "lingua comune", quella detta dal "volgo", cioè dalle persone comuni, senza significati dispregiativi. Ne ho parlato qui.

    LA NASCITA DI CACCIAGUIDA

    L'avo spiega che, dal giorno dell'Annunciazione a Maria a quello della sua nascita, il pianeta Marte si è trovato in congiunzione con la costellazione del Leone 580 volte, quindi sono trascorsi 1091 anni.

    dissemi: "Da quel dì che fu detto ‘Ave’ (mi disse: "Dal giorno in cui l'arcangelo Gabriele disse 'Ave' a Maria,)
    al parto in che mia madre, ch’è or santa, (fino a quello in cui mia madre, che ora è santa,)
    s’alleviò di me ond’era grave, (mi partorì,)

    al suo Leon cinquecento cinquanta (questo pianeta (Marte, indicato come "questo foco" nel verso successivo) si è ricongiunto alla costellazione del Leone 550)
    e trenta fiate venne questo foco (e 30 volte (580 in tutto),
    a rinfiammarsi sotto la sua pianta. (riscaldandosi sotto la sua zampa. (quella della costellazione del Leone)

    Perchè Cacciaguida parla di Marte? Perchè siamo nel Cielo di Marte. E perchè Cacciaguida si mette a parlare dell'Annunciazione a Maria? Perchè questo fatto è avvenuto all'inizio dell'anno 1 del nostro calendario (lasciamo stare le discussioni che ci sono al riguardo), visto che, in quel momento, Gesù fu concepito: quindi è la data di inizio della nostra era. Per questo Cacciaguida usa quel momento come punto di partenza per contare gli anni. Ora, visto che Marte, nella sua rivoluzione (cioè il suo girare intorno al Sole) attraversa la costellazione del Leone ogni due anni circa, e che nel momento dell'Annunciazione, secondo Dante, Marte era appunto nella costellazione del Leone, Cacciaguida dice che è nato dopo 580 giri di Marte in quella costellazione: facendo i conti, quindi, Cacciaguida è nato nel 1091.

    GLI AVI DI CACCIAGUIDA

    Riguardo ai suoi avi, Cacciaguida dice ben poco: lui e i suoi antenati nacquero nell'"ultimo sesto" di Firenze, cioè l'ultimo sestiere. Un sestiere è la sesta parte della città: Cacciaguida dice che si tratta del sestiere da dove corre "il vostro annual gioco", cioè il Palio di Firenze. Quindi si tratta della zona di Porta San Pietro, lungo la Via degli Speziali, dove si trova il Mercato Vecchio. E' nella vecchia cinta muraria della città, cosa che prova l'antica nobiltà di Cacciaguida e dei suoi avi.

    1-Mercato-vecchio-prima
    Il Mercato Vecchio prima e il Mercato Vecchio dopo: qui nacquero Cacciaguida e i suoi antenati. Il Mercato Vecchio fu smembrato e demolito nel 1888, in pieno Risorgimento dopo l'Unità d'Italia, in una vergognosa speculazione edilizia. Tutta la popolazione della zona fu evacuata e tutte le proprietà furono espropriate. Demolirono gli edifici del Ghetto, di via degli Speziali e di Calimala. Molte furono le antiche testimonianze architettoniche del passato che furono sacrificate senza pensarci troppo: chiese antiche, case-torri, sedi di Arti. Al suo posto fu realizzata Piazza della Repubblica. È famoso il commento che il pittore macchiaiolo Telemaco Signorini, grande amante degli aspetti pittoreschi e popolari di questa parte di città che soleva ritrarre spesso nelle sue opere, lasciò in risposta a un impiegato comunale, che gli chiedeva se, durante la demolizione del mercato, avesse gli occhi lacrimosi per quelle "porcherie" che venivano giù: "No, piango sulle porcherie che vengono su".


    Inoltre, ai tempi di Cacciaguida non doveva esserci il Palio, visto che lui lo indica come "il vostro annual gioco". Non aggiunge altro, dicendo che basta sapere solo questo: dice che è preferibile tacere chi fossero e da dove venissero i suoi avi.

    Basti d’i miei maggiori udirne questo: (Dei miei avi basti udire questo,)
    chi ei si fosser e onde venner quivi, (poiché chi essi fossero e da dove venissero)
    più è tacer che ragionare onesto. (è più opportuno tacere che non narrare.)

    Cacciaguida vuol dire semplicemente che è più opportuno ("onesto") tacere dei suoi antenati, non che è meglio nascondere qualche fatto poco onorevole.

    LA CAUSA DELLA DECADENZA DI FIRENZE: L'IMMIGRAZIONE

    Ora Cacciaguida risponde all'ultima domanda di Dante: cioè chi erano le famiglie nobili di allora che c'erano a Firenze. Alla sua epoca, gli abitanti che potevano portare armi (la nobiltà, in sostanza) erano circa un quinto di quelli della Firenze attuale, circoscritta "tra Marte e ‘l Batista", cioè dalla zona tra Ponte Vecchio (dov'era il frammento della statua attribuita a Marte), e il Battistero di S. Giovanni: infatti sono le zone che indicano gli estremi nord e sud della vecchia città. E' come se avesse detto "tutta Firenze". Ma, anche se erano meno di adesso, continua Cacciaguida, la popolazione di Firenze era pura fino all'ultimo artigiano e non mescolata a quella del contado, come avviene attualmente. Cacciaguida identifica questo "contado" con la gente di "Campi, di Certaldo e di Fegghine", cioè gli attuali Campi Bisenzio, Certaldo e Figline Valdarno, i paesi della provincia fiorentina.

    Quanto sarebbe meglio, lamenta Cacciaguida, che quelle genti che dico fossero ancora vicine ai confini di Firenze e non facessero parte della cittadinanza, e quanto sarebbe meglio che Firenze avesse ancora il suo confine che aveva prima, presso Galluzzo e Trespiano (erano delle borgate a poca distanza dalla città, che un tempo ne segnavano il confine), invece di ospitare queste persone e sostenere il puzzo del "villano d'Aguglione" (Baldo d'Aguglione, giurista e uomo politico. Nel 1299 fu coinvolto in uno scandalo di corruzione, di cui si parla nel Purgatorio, Canto 12, vv. 104-105) e del villano "da Signa" (Bonifazio di Ser Rinaldo Morubaldini, giurista di parte Bianca, passato poi ai Neri e che contribuì all'esilio di Dante) che ha già l'occhio pronto a compiere baratterie (corruzioni).

    Cacciaguida ce l'ha anche con la Chiesa: se non avesse ostacolato l'autorità di Cesare (l'Imperatore tedesco), dei bifolchi non sarebbero diventati dei cittadini di Firenze. Cittadini "fiorentini" che adesso esercitano il cambiare valute e il mercanteggiare ("cambia e merca"). Fiorentini che sarebbero rimasti a "Simifonti", dove i loro avi andavano a chiedere l'elemosina o a trafficare. Simifonti (oggi Semifonte) è un castello della Val d'Elsa, un'area della provincia di Firenze. Dante intende dire che, se la Chiesa non avesse usurpato l'autorità imperiale facendo come voleva, questi villani sarebbero rimasti lì dove andava "l'avolo alla cerca", cioè dove i loro avi chiedevano l'elemosina oppure vendevano la merce.

    Se la Chiesa non avesse fatto così, continua Cacciaguida, Montemurlo sarebbe ancora dei conti Guidi (cioè: il castello di Montemurlo, che apparteneva ai conti Guidi, era un avamposto difensivo medievale: fu però ceduto a Firenze, inurbandosi e perdendo la sua funzione di difesa); inoltre, i Cerchi sarebbero ancora nel piviere di Acone (i Cerchi erano una famiglia di mercanti che provenivano dal piviere - cioè gruppo di parrocchie - di Acone in Val di Sieve, fuori da Firenze: invece, sempre "per colpa della Chiesa", questi mercanti dei Cerchi erano entrati in Firenze), e forse i Buondelmonti sarebbero rimasti in Val di Greve (i Buondelmonti avevano un castello in Val di Greve che fu distrutto da Firenze, per cui essi si trasferirono in città: altri "estranei").

    Montemurlo
    Il Castello di Montemurlo, nel Comune omonimo, in Provincia di Prato. Sorto come avamposto difensivo nel Medioevo, appartenne alla famiglia Guidi. Fu trasformato in un complesso residenziale e signorile alla metà del '500.



    UNA SPIEGAZIONE NECESSARIA

    Ora, l'argomento non è chiaro: che c'entra la Chiesa con l'arrivo dei nuovi fiorentini? Dante vuol dire che si trattava di una falsa visione di misericordia che aveva la Chiesa, o meglio gli uomini di Chiesa (bisogna sempre specificarlo: la Chiesa è una cosa, gli uomini di Chiesa un'altra) in cui si era voluto far entrare in Firenze tutti quanti, buoni e cattivi, senza nemmeno valutarli. Questa visione "pauperistica" della Chiesa (molto simile alla Chiesa di oggi, compresi i Governi, cioè il Cesare di oggi, che sostengono la libera immigrazione, facendo entrare chiunque, delinquenti e persone normali), fu dannosissima allora per Firenze come lo è oggi per l'Italia e per il mondo.

    E cosa c'è di male nel cambiare valuta e fare i mercanti? Di per sé, niente. Ma sono lavori che possono favorire la tentazione del "guadagno facile", cioè il vendere e scambiare delle cose di poco valore per cose di grande valore, facendo così le scarpe agli altri. Insomma, il commercio e lo scambio di denaro è una forte tentazione per la furbizia. E anche per diventare avidi e gretti. Guadagnare soldi senza fatica, in questo modo, per la visione cristiana non è accettabile. Non ti permette di vivere in modo sano. E questo spiega perchè le scommesse, il totocalcio, la schedina, il gioco e cose simili non sono cose accettabili dal punto di vista cristiano: perchè sono guadagni facili, ottenuti senza sudore nè sacrificio, che non ti permettono di amministrarli bene, facendoli solo sprecare. Facile avuto, facile perduto, dice il proverbio; inoltre, in questo modo, non si vive in modo sano. Una scommessa di poco conto in una partita a carte, per esempio, ci può stare: ma se si passa il tempo nelle sale da gioco è invece un brutto affare.

    jpg
    L'industriale Fujido del Grande Mazinga è un esempio del livello a cui si può arrivare col commercio avido e senza morale.



    CACCIAGUIDA CONDANNA L'IMMIGRAZIONE SELVAGGIA

    E Cacciaguida conclude, dicendo quanto sia dannosa l'immigrazione selvaggia:

    Sempre la confusion de le persone (Sempre la mescolanza delle genti)
    principio fu del mal de la cittade, (ha causato il male delle città,)
    come del vostro il cibo che s’appone; (come l'aggiunta di cibo ad altro cibo non digerito è fonte di malanni;)

    e cieco toro più avaccio cade (e un toro cieco cade più presto)
    che cieco agnello; e molte volte taglia (di un cieco agnello; e spesso taglia)
    più e meglio una che le cinque spade. (una sola spada più e meglio di cinque spade assieme.)

    Cioè: un toro cieco è la potente Firenze che non vede il danno che porta l'immigrazione; e una sola spada, cioè l'immigrazione selvaggia, sempre costante e mai ferma, porta più danni di cinque spade, che vengono da parti diverse e non vanno a fondo come l'altra. In sostanza, la mescolanza delle genti provoca sempre il male delle città (e delle nazioni, possiamo aggiungere).

    Cacciaguida dice poi a Dante che, se vede come sono cadute in rovina Luni e Orbisaglia (città disabitate e in rovina ai tempi di Dante), e che Chiusi e Senigallia stanno per fare la stessa fine (a causa del clima malarico della zona), non gli sembrerà una cosa inaudita, o difficile da credere, il vedere come le casate vadano in decadenza, dal momento che anche le città hanno una fine. Tutte le cose terrene hanno una fine, anche se gli uomini non sempre lo capiscono, perchè alcune cose hanno una lunga durata, mentre la vita umana ha una vita più breve: quindi quelle cose sembra che durino di più solo perchè l'uomo muore prima di esse.

    Le vostre cose tutte hanno lor morte, (Le cose terrene sono tutte mortali,)
    sì come voi; ma celasi in alcuna (proprio come voi; ma ciò è meno visibile in alcune cose)
    che dura molto, e le vite son corte. (che durano molto, mentre la vita umana è assai più breve.)

    Cacciaguida continua: e come la Luna, con le sue fasi lunari, copre e scopre senza sosta le spiagge con le maree, così la Fortuna fa con le sorti di Firenze. Quindi non ti deve sembrare una cosa strana quello che adesso dirò delle grandi famiglie fiorentine, la cui fama ora è stata cancellata dal tempo.

    LE ILLUSTRI FAMIGLIE FIORENTINE

    Nobilt-fiorentina
    La nobiltà ai tempi della Firenze di Cacciaguida.


    Cacciaguida passa in rassegna le principali famiglie fiorentine, già in decadenza ai suoi tempi, nonostante fossero ancora illustri: parla degli Ughi e dei Catellini, i Filippi, i Greci, gli Ormanni e gli Alberighi che erano illustri cittadini, già allora quando declinavano; e vide famiglie anticamente potenti, come i Sannella, i dell'Arca, i Soldanieri, gli Ardinghi e i Bostichi. Presso Porta San Pietro, che ora è deturpata dalla viltà dei Cerchi (che tradirono Firenze), un tempo abitavano i Ravignani (un'importante famiglia fiorentina), da cui erano discesi il conte Guido Guerra (uno dei tre sodomiti fiorentini visti nel 16° Canto dell'Inferno) e Bellincione Berti, che fu poi capostipite dei Bellincioni.

    Un'altra famiglia fiorentina citata da Cacciaguida è quella della Pressa, che sapeva già come governare ("sapeva già come / regger si vuole"), segno che era stata una famiglia di grande autorità. Poi quella dei Galigai, che avevano già in casa l'elsa e l'impugnatura della spada dorata (cioè, erano cavalieri).

    Poi Cacciaguida cita a ruota libera molte altre famiglie:
    - i Pigli, una famiglia assai insigne con "la colonna del Vaio", cioè la striscia di vaio. Si tratta dello stemma di famiglia, che era una striscia verticale ("colonna") del vaio (che è la pelliccia dello scoiattolo) in campo rosso.
    - i Sacchetti, i Giuochi, i Fifanti, i Barucci, i Galli
    - i Chiaramontesi, detti "quei ch’arrossan per lo staio.", cioè che "arrossiscono per la frode dello staio": furono coinvolti infatti in uno scandalo. Durante Chiaramontesi, frate della penitenza, fu sovrintendente per la vendita del sale e alterò la misura ufficiale dello staio, togliendo da esso una doga di legno e arricchendosi: fu condannato a morte.
    - i Donati, il ceppo da cui nacquero i Calfucci;
    - i Sizi e gli Arrigucci erano già condotti a coprire alte cariche politiche;

    Poi passa alla famosa famiglia ghibellina degli Uberti (quella di Farinata), che fu rovinata dalla loro superbia (furono banditi da Firenze), e quella dei Lamberti, il cui stemma delle palle d'oro rendeva illustre Firenze in tutte le sue imprese. Ora sono entrambe estinte, e anche i Lamberti furono poi banditi da Firenze.

    Fecero una brutta fine anche gli avi dei Visdomini e dei Tosinghi, che ora approfittano del fatto che la sede vescovile è vacante per arricchirsi. Cacciaguida condanna anche la famiglia di Filippo Argenti, il dannato che Dante aveva incontrato nel Canto 8 dell'Inferno (gli Iracondi immersi nello Stige): si tratta della famiglia degli Adimari, "l’oltracotata schiatta", cioè la tracotante famiglia, pronta a infierire sui deboli ma servile verso i potenti. A quel tempo stavano crescendo, pur avendo umili origini.

    Già si erano inurbati da Fiesole (quindi non erano fiorentini) i Caponsacchi, come pure i Giudi e gli Infangati. Anzi, sembra incredibile, ma nell'antica cinta muraria si entrava attraverso una porta intitolata alla famiglia della Pera (famosi banchieri).

    Coloro che si fregiavano dell'insegna di Ugo di Toscana ebbero da lui la dignità cavalleresca, anche se uno di loro (Giano della Bella) oggi parteggia per il popolo, dice Cacciaguida. A dirlo sembra una cosa buona, ma qui Cacciaguida intende il comportarsi in modo populista (atteggiamento ideologico che esalta in modo demagogico e velleitario il popolo come depositario di valori totalmente positivi).

    Cacciaguida parla delle famiglie dei Gualterotti e degli Importuni e Borgo Santi Apostoli (un'antica strada di Firenze) sarebbe stata più tranquilla, se non avesse acquistato dei nuovi vicini. A quei tempi, la casata degli Amidei, sempre in quella zona, era onorata: ma fu da lì che nacquero le disgrazie di Firenze, a causa della giusta indignazione per quello che fecero i Buondelmonti - "i nuovi vicini" di cui parlava Cacciaguida - che ha mandato in rovina ("v'ha morti") la città e pose fine al vivere lieto dei Fiorentini. O Buondelmonte, quanto male facesti a fuggire le nozze con una giovane degli Amidei, seguendo i consigli altrui! Infatti, Buondelmonte dei Buondelmonti rifiutò di sposare una degli Amidei, che forse aveva già compromesso.

    o Buondelmonte, quanto mal fuggisti (o Buondelmonte, quanto male facesti a sfuggire)
    le nozze sue per li altrui conforti! (le nozze con una giovane di quella famiglia, seguendo i consigli altrui!)

    Infatti, per questo gli Amidei lo uccisero e da lì si scatenarono le guerre intestine tra Guelfi e Ghibellini, che lacerarono Firenze. Cacciaguida si lamenta addirittura che il Buondelmonti non sia morto prima: se Dio lo avesse fatto annegare nel torrente Ema quando si era inurbato (cioè entrato ad abitare a Firenze), questo avrebbe evitato a Firenze tanti lutti e ci sarebbe stata molta gioia.

    Molti sarebber lieti, che son tristi, (Molti che oggi sono tristi sarebbero lieti)
    se Dio t’avesse conceduto ad Ema (se Dio ti avesse annegato nell'Ema,)
    la prima volta ch’a città venisti. (la prima volta che ti inurbasti a Firenze.)

    Invece fu destino che egli fosse assassinato, proprio il giorno di Pasqua, presso il frammento della statua vicino a Ponte Vecchio: fatto che scatenò le guerre civili.

    Cacciaguida conclude, dicendo di essere vissuto a Firenze con queste famiglie, in una città tranquilla e pacifica, che non aveva motivo di lamentarsi. Il popolo fiorentino, a quel tempo, era giusto e glorioso, tanto che la città non subì alcuna sconfitta militare: " ‘l giglio / non era ad asta mai posto a ritroso": qui si allude all'usanza di allora di trascinare lo stemma della città vinta in battaglia, con l'asta rovesciata: cosa che secondo Cacciaguida non accadde mai al giglio di Firenze, il suo stemma. Né allora l'insegna cittadina era ancora diventata rossa di sangue per le divisioni interne.

    COMMENTO

    Questo Canto è il secondo momento del trittico dedicato all'incontro con Cacciaguida, che nel Canto successivo dovrà svelargli l'alta missione di cui è investito dalla Provvidenza: cioè scrivere la Divina Commedia. Infatti, questo incontro è collocato proprio al centro della Cantica del Paradiso per la sua importanza, ed è caratterizzato da una certa elevatezza di stile.

    Questo Canto, però, è meno sostenuto degli altri, perchè il discorso è più generale e verte sulla decadenza morale di Firenze, di cui vengono messe in luce le cause: prima di tutto, la venuta delle genti non fiorentine e non abituate al pensiero nobile dei Fiorentini, cioè le arti, la cultura, il rispetto dell'altro, la cura delle proprie tradizioni. Tutta paccottiglia per i nuovi arrivati, ai quali interessavano solo il denaro, il guadagno, il possesso, e ogni furberia. Da qui la corruzione e il degrado.

    Questa affermazione era già stata detta da Brunetto Latini nell'Inferno, Canto 15 e soprattutto da Dante stesso nel Canto 16 dell'Inferno, quando aveva spiegato ai tre sodomiti fiorentini che la causa della corruzione morale della città erano la "gente nova" e "i sùbiti guadagni" (cioè, i guadagni facili, che sono sempre disonesti), che avevano generato orgoglio e dismisura.

    Dante dice che, anticamente, la popolazione fiorentina era pura, perchè discendeva dai Romani, che avevano fondato la città dopo la distruzione di Fiesole. I fiorentini furono poi mescolati ai superstiti della stessa Fiesole, che non erano altrettanto nobili: poi, nel corso del Duecento, i nuovi venuti dal contado, Fiesolani e altri, avevano provocato una vera confusione di genti, che è stata la causa di tutti i mali della città. Infatti, come avevo detto prima, i nuovi venuti si dedicavano soprattutto al commercio e al cambio di valuta, dunque ad attività fondate sullo scambio di denaro e sul guadagno facile, diffondendo col proprio esempio l'avidità e la corruzione, fonte prima delle discordie civili, che insanguinarono Firenze nel primo Trecento e portarono all'esilio dello stesso poeta.

    Dante qui scrive parole durissime contro l'immigrazione e contro la Chiesa, (oggi si scaglierebbe anche contro i governi) che si rende complice di questa tratta di uomini.

    Qui si è accusato Dante di razzismo: ma quello che lui dice ha un valore simbolico molto alto. Infatti, trascurare la propria religione, la propria tradizione, la propria lingua, il proprio paese, la propria cultura, non farà altro che far venire da fuori gente a cui della religione, tradizione, lingua, importerà meno di niente, e il loro solo interesse sarà occupare la terra dove sono arrivati e scacciare via gli altri, oppure scontrarsi con loro, oppure sottometterli. E' una situazione molto attuale, di cui nessuno se ne rende conto; e chi se ne rende conto, teme di essere tacciato di razzismo e sta zitto. Ma il problema non sono tanto gli immigrati, quanto il fatto che gli stessi popoli che vivono nei paesi dove vanno gli immigrati trascurano la propria fede e le proprie tradizioni. E chi semina vento, raccoglie tempesta.

    Cacciaguida fa un lungo elenco di nomi di famiglie nobili fiorentine, molte delle quali a noi sconosciute: tuttavia, rappresentano degli esempi della transitorietà della gloria terrena (quante sono le persone famose che avete conosciuto tempo fa e che adesso non solo non ci sono più, ma non se ne parla nemmeno? Parecchie, immagino), nonché della nobiltà di sangue che all'inizio Dante aveva definito "poca" e che è destinata a scomparire, se non è accompagnata da un agire virtuoso.

    Tra gli esempi fatti da Cacciaguida, i più evidenti sono quello degli Uberti, la grande famiglia ghibellina di Farinata (Canto 10 dell'Inferno), che fu cancellata da Firenze, e quello dei Buondelmonti, che, a causa dell'oltraggio a una fanciulla degli Amidei, avevano originato le divisioni politiche nella città. Anzi, la figura di Buondelmonte dei Buondelmonti, che ruppe la promessa di matrimonio e fu ucciso nell'ambito di una vendetta familiare, diventa quasi emblematica della decadenza morale della città, in quanto l'uomo apparteneva a una famiglia inurbatasi a Firenze in tempi antichi. La sua uccisione fu l'inizio delle discordie intestine che poi avrebbero insanguinato Firenze, alimentate da superbia, invidia e avarizia, come detto da Ciacco nel 4° Canto dell'Inferno. Cacciaguida conclude la rassegna con questo sinistro presagio, precisando che la Firenze in cui lui ha vissuto era molto diversa e godeva di una pace duratura, prevalendo sempre sui suoi nemici e mantenendo intatta la sua gloria, cosa che non si può certo dire della città dalla quale Dante è stato esiliato.

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    Farinata, della nobile famiglia degli Uberti, che Dante incontra tra gli Eretici all'Inferno.



    LA GENTE NOVA E I "SUBITI GUADAGNI": DANTE CONTRO LA CIVILTA' MERCANTILE

    Dante si scaglia anche contro la civiltà dei Comuni, che a quei tempi si stava sviluppando: una civiltà tutta fondata sul commercio e sulla circolazione del denaro, da lui vista come fonte di corruzione e di decadenza politico-morale (abbiamo già spiegato prima il motivo). Questo sembra strano e inspiegabile per noi, che anzi ammiriamo il commercio e la figura del commerciante: ma lo era anche allora, visto che lo stesso Boccaccio, oltre a essere grande ammiratore e contemporaneo di Dante, esaltava proprio la figura del mercante.

    Dante indica l'avidità di guadagno e la cupidigia come le fonti della corruzione e del disordine, sia politico, che morale e culturale, che affliggeva l'Italia del Trecento, bollando la circolazione del denaro - che da lì iniziò a circolare in quantità altissime: oggi ci sono dei miliardari che potrebbero comprare intere nazioni - come il fattore destinato ad alimentare le ingiustizie. Nel Paradiso (Canto 9), Folchetto di Marsiglia si scaglia proprio contro "il maladetto fiore", cioè la moneta del fiorino, diffusa in Europa proprio dai banchieri di Firenze, che finanziavano le monarchie e corrompevano gli uomini di Chiesa.

    E il denaro è stato causa della rovina della stessa Firenze (simbolo del mondo civile e cristiano), da cui sono scomparsi onore e cortesia, a causa della "gente nova" e i "sùbiti guadagni", ovvero la propensione agli affari e alle corruzioni da parte dei contadini inurbatisi in città, diffondendo a Firenze il degrado morale.

    Il mercante, dice Dante, spesso cerca di lucrare (cioè guadagnare in modo illecito) attraverso l'uso del denaro; è portatore di qualità negative come l'astuzia e l'occhio aguzzo; tenta di ottenere un guadagno spesso raggirando il prossimo. Tutte caratteristiche che Boccaccio e il Trecento esaltavano, in quanto appartenenti a una mentalità più simile alla nostra. E' il lato oscuro del commercio, che Dante vuole mettere in evidenza. L'avidità di denaro infatti porta gli uomini a compiere ogni sorta di misfatto, e ciò è fonte di sofferenza per tutti quelli che, come lui, si battono per il bene e per la corretta applicazione delle leggi. Se il denaro è fonte del male, allora Dante tuona contro tutti coloro che ne fanno un idolo.

    BIBLIOGRAFIA
    https://divinacommedia.weebly.com/paradiso-canto-xvi.html

    (Continua qui)

    QUI TUTTI I LINK SULL'ANALISI SU DANTE

    Edited by joe 7 - 23/3/2024, 17:39
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    In questo canto, Dante affronta i problemi del nostro tempo con secoli di anticipo e da un bello schiaffo al politically correct, che vede gli immigrati tutti buoni perché tali.
    Per quanto riguarda i guadagni facili, nella Bibbia, nelle lettere di San Paolo a Timoteo, viene proprio detto che "Il desiderio di denaro é la radice di tutti i Mali".
    Ormai bisognerebbe dire che "Il Politically Correct é la radice di tutti i mali".

    La situazione di Firenze e tutto il discorso della sua decadenza mi hanno ricordato la storia "Asterix e la Obelix SPA".
     
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    CITAZIONE (Andrea Micky 3 @ 17/3/2024, 14:23) 
    In questo canto, Dante affronta i problemi del nostro tempo con secoli di anticipo e da un bello schiaffo al politically correct, che vede gli immigrati tutti buoni perché tali.

    Tra le tante cose che non si devono dire oggi perchè equivale a una bestemmia, quella sugli immigrati è una delle più note. Chi dice che non tutti gli immigrati sono buoni e non tutti sono dei santi discesi dal cielo è automaticamente un razzista. Quindi si preferisce tacere e accettare questo modo di pensare che è non solo idiota, ma anche privo di ragione. Il politicamente corretto infatti è l'assenza di ragione e l'obbedienza acritica a quello che ti dicono senza mai pensare. Si obbedisce per timore il più delle volte, non per convincimento. E' uno dei tanti esempi della mancanza di libertà e di espressione che c'è oggi. Non si pensa, si obbedisce.

    Dante in questo canto dice una cosa talmente scomoda che urtava anche gli uomini di allora. Il suo cenno sulla Chiesa - quella cattocomunista e permissiva - che fa entrare chiunque senza mai controllare è incredibilmente attuale. Vedo poi che a distanza di secoli non è che le cose siano cambiate molto.

    CITAZIONE (Andrea Micky 3 @ 17/3/2024, 14:23) 
    Per quanto riguarda i guadagni facili, nella Bibbia, nelle lettere di San Paolo a Timoteo, viene proprio detto che "Il desiderio di denaro é la radice di tutti i Mali". Ormai bisognerebbe dire che "Il Politically Correct é la radice di tutti i mali".

    Il politicamente corretto permette di guadagnarci sopra, quindi siamo sempre lì: sull'avidità e sulla sete di denaro.

    CITAZIONE (Andrea Micky 3 @ 17/3/2024, 14:23) 
    La situazione di Firenze e tutto il discorso della sua decadenza mi hanno ricordato la storia "Asterix e la Obelix SPA".

    Infatti il villaggio va in rovina proprio a causa della decadenza che ha provocato Assurdus con la sua immissione di denaro e la sete di guadagno che lui ha fatto svegliare nei Galli. E' significativo il fatto che questa sia stata proprio l'ultima storia completa fatta da Goscinny (quella sui Belgi era incompleta).

    PS: Per chiarire le cose, ho messo l'immagine dell'industriale Fujido del Grande Mazinga al posto di Scrooge: esprime ancora meglio l'avidità del commercio senza morale.
     
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