Il blog di Joe7

  1. DIVINA COMMEDIA DI NAGAI E DI DANTE: PARADISO, CANTO 10 (seconda parte)

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    Divina Commedia
    By joe 7 il 21 Oct. 2023
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    PARADISO CANTO 10 - QUARTO CIELO DEL SOLE - I 12 SPIRITI SAPIENTI DELLA PRIMA CORONA - SAN TOMMASO D'AQUINO (seconda parte)
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    Tommaso-d-Aquino
    San Tommaso d'Aquino, domenicano, Dottore della Chiesa e autore della Summa Theologica, che collega la Fede alla Ragione parlando di ogni cosa (appunto, una "Summa"). E' la base del pensiero razionale.



    ASCESA AL QUARTO CIELO DEL SOLE: L'ORDINE TOLEMAICO (IL SOLE CHE GIRA ATTORNO ALLA TERRA) NON E' SBAGLIATO, NELLA PROSPETTIVA DI FEDE

    Il Sole, che riflette sulla Terra il suo influsso benefico e misura il tempo, si trova, come abbiamo detto, nel punto equinoziale, e viaggia seguendo un'orbita a forma di spirale ascendente e discendente ("si girava per le spire"). Infatti, Dante seguiva il sistema tolemaico, in cui si riteneva che il Sole ruotasse davvero intorno alla Terra. Vero o no che fosse, questo non ha importanza: quello che conta è che la Terra è davvero più importante del Sole, perchè è lì che vive l'uomo, fatto ad immagine e somiglianza di Dio, ed è lì che Dio si è fatto uomo. Quindi la Terra è davvero al centro dell'Universo: se non fisicamente, lo è però in ordine di importanza. E il Sole, essendo sì più grande della Terra, ma mano importante di questo corpo celeste, sia nel sistema tolemaico che in quello copernicano effettivamente "gira" intorno alla Terra: se non fisicamente, lo fa in ordine di importanza. Perchè qui non stiamo facendo un trattato di astronomia, ma di fede, in cui l'ordine di importanza dei pianeti, delle stelle, del Sole deve esser tale da mettere sempre e comunque la Terra al primo posto. Senza togliere nulla a Copernico e agli astronomi, che possono esporre liberamente le loro teorie scientifiche: qui siamo su due piani diversi, che non si contraddicono, ma si completano.

    tolomeo
    Il sistema tolemaico: il Sole gira intorno...

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  2. DIVINA COMMEDIA DI NAGAI E DI DANTE: PARADISO, CANTO 10 (prima parte)

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    Divina Commedia
    By joe 7 il 14 Oct. 2023
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    PARADISO CANTO 10 - QUARTO CIELO DEL SOLE - L'ORDINE DIVINO DEL CREATO (prima parte)
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    Trinit
    Padre, Figlio e Spirito Santo: la Santissima Trinità, Dio Trino e Uno.


    DANTE CONTEMPLA L'ORDINE DEL CREATO, IMMAGINE DELLA TRINITA'

    Dante interrompe un attimo il racconto, rivolgendosi al lettore: infatti, da adesso in avanti, che si è raggiunto il Quarto Cielo del Sole, riservato agli Spiriti Sapienti, a Dante è stato spalancato praticamente l'intero Paradiso, in un modo tale che non avrà più tempo di dare spiegazioni al lettore. Tanto alta ora è la sua contemplazione, che avrà solo il tempo di descrivere ciò che vede, consapevole dell'impossibilità di spiegarlo chiaramente a chi è ancora sulla Terra.

    Per prima cosa, il poeta fiorentino osserva che Dio ha creato i Cieli con una tale perfezione, che non è possibile guardare questo spettacolo senza godere del suo valore. E' come osservare qualcosa di incredibilmente bello, tanto da farti ammutolire e restare a bocca aperta. Ecco le parole di Dante:

    Guardando nel suo Figlio con l’Amore (La prima e indicibile Potenza, cioè il Padre - citato nel terzo verso - guardando il Figlio con l'Amore, cioè lo Spirito Santo)
    che l’uno e l’altro etternalmente spira, (che spira eternamente da entrambi,)
    lo primo e ineffabile Valore (La prima e indicibile Potenza (il Padre): è il soggetto della frase, citato all'inizio di questa parafrasi per chiarezza)

    quanto per mente e per loco si gira (creò l'armonioso movimento dei Cieli)
    con tant’ordine fé, ch’esser non puote (in modo così perfetto, che non è possibile ammirarlo)
    sanza gustar di lui ch...

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  3. DIVINA COMMEDIA DI NAGAI E DI DANTE: PARADISO, CANTO 9 (terza e ultima parte)

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    Divina Commedia
    By joe 7 il 7 Oct. 2023
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    PARADISO CANTO 9 - TERZO CIELO DI VENERE - SPIRITI AMANTI: RAAB, CONCLUSIONE (terza parte)
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    Raab
    Raab, la prostituta di Gerico, nasconde gli inviati di Giosuè.


    Siamo sempre nel Canto 9, che descrive il Terzo Cielo di Venere, dove ci sono gli spiriti amanti. Dopo Carlo Martello d'Angiò e Cunizza da Romano, si è presentato anche Folchetto di Marsiglia. Quest'ultimo vuole appagare tutti i desideri di Dante: ha capito subito, infatti, che il poeta vorrebbe sapere di chi è l'anima vicino a lui, che sfolgora come un'acqua cristallina colpita dal raggio di sole. Folchetto spiega che si tratta di Raab, la prostituta di Gerico, comparsa nel Libro di Giosuè dell'Antico Testamento. Infatti, Giosuè mandò in esplorazione a Gerico due spie, prima della conquista della città: loro trovarono alloggio e nascondiglio proprio nella casa di Raab. Lei aveva capito - non si sa come - che il loro Dio aveva consegnato Gerico, città pagana e ormai corrotta da mille abiezioni, ad Israele. Raab li fece sfuggire ai soldati di Gerico, che li cercavano, nascondendoli in cataste di fieno. Poiché il Signore avrebbe consegnato Gerico a Israele, Raab chiese agli esploratori di intercedere per risparmiare lei e la sua famiglia, quando Israele avrà conquistato Gerico. E così avvenne: al momento della presa della città, Raab e la sua famiglia furono risparmiati e da quel momento lei abitò in mezzo ad Israele. Ovviamente, Raab smise per sempre di esercitare il "lavoro" della prostituzione. Dio ricompensò la sua fede non solo risparmiando la vita a lei e ai familiari, ma facendola diventare poi antenata di Davide e dello stesso Messia, Gesù. Ecco come Folchetto presenta Raab (che qui non parla):

    Or sappi che là entro si tranquilla (Ora sappi che lì dentro gode la pace)
    Raab; e a nostr’ordine congiunta, (Raab; e, unita al nostro Cielo,)
    di lei nel sommo grado si sigilla. (esso riceve l'impronta di lei al massimo grado (è lo spirito più luminoso).

    Da questo cielo, in cui l’ombra s’appunta ...

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    Last Post by joe 7 il 7 Oct. 2023
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  4. DIVINA COMMEDIA DI NAGAI E DI DANTE: PARADISO, CANTO 9 (seconda parte)

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    Divina Commedia
    By joe 7 il 30 Sep. 2023
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    PARADISO CANTO 9 - TERZO CIELO DI VENERE - SPIRITI AMANTI: FOLCHETTO DI MARSIGLIA (seconda parte)
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    Folchetto-3
    Folchetto di Marsiglia, prima e dopo: poeta e trovatore pieno di avventure amorose, poi vescovo combattente e santo.


    Siamo sempre al Terzo Cielo di Venere, dove Dante ha appena ascoltato Cunizza da Romano. Lei, dopo aver parlato, tace, rivolta ad altro, cioè alla contemplazione di Dio: torna a danzare in cerchio come faceva prima, piena di gioia, allontanandosi, mentre lo spirito che lei aveva indicato prima, Folchetto di Marsiglia, sembra a Dante splendente come un rubino rosso colpito dal sole. Prima di andare avanti, è meglio spiegare chi è il nuovo beato.

    FOLCHETTO DI MARSIGLIA

    Folchetto di (o da) Marsiglia era detto anche Folco di Tolosa. Nacque a Marsiglia da famiglia genovese. Fu mercante, trovatore, musicista: è famoso ancor oggi come poeta. La sua figura come trovatore era famosissima e riconosciuta nelle corti di Barcellona, Tolosa e Provenza. Lo stesso Dante lo stimava profondamente già da tempo, fin dalla stesura del suo libro "De Vulgari Eloquentia". L'attività della Scuola poetica Siciliana iniziò proprio con la traduzione di una lirica di Folchetto di Marsiglia da parte del poeta Jacopo (o Giacomo) da Lentini, citato nel Purgatorio nel Canto 24, alla Cornice dei Golosi. Folchetto ebbe una vita sregolata e piena di amori: cantò il suo amore appassionato per la moglie del visconte di Marsiglia e fu per questo costretto ad allontanarsi dalla corte. Si dice che, alla morte della donna tanto amata, Folchetto si convertì ed entrò nell'ordine cistercense, divenendo in breve abate del monastero di Torronet. Successivamente, fu eletto vescovo di Tolosa (da qui il secondo nome Folco di Tolosa). Insieme a San Domenico, aderì alla crociata del visconte e condottiero di Tolosa Simone IV di Montfort contro gli eretici Catari (o Albigesi). Assistette alla fondazione dei primi monaste...

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    Last Post by joe 7 il 30 Sep. 2023
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  5. DIVINA COMMEDIA DI NAGAI E DI DANTE: PARADISO, CANTO 9 (prima parte)

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    Divina Commedia
    By joe 7 il 16 Sep. 2023
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    PARADISO CANTO 9 - TERZO CIELO DI VENERE - SPIRITI AMANTI: CUNIZZA DA ROMANO (prima parte)
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    Cunizza-da-Romano-1
    Dante incontra Cunizza da Romano, peccatrice pentita.


    PROFEZIA DI CARLO MARTELLO

    Siamo sempre nel Terzo Cielo di Venere, quello degli Spiriti Amanti, e Dante ha appena ascoltato la risposta di Carlo Martello d'Angiò nel canto precedente. Dante ora si rivolge a Clemenza, la moglie di Carlo Martello, come se lei fosse ancora viva: ma era già morta all'epoca degli avvenimenti della Commedia (lei morì infatti nel 1295, mentre la Commedia è ambientata nel 1300). Potrebbe essere quindi la figlia, che si chiamava anche lei Clemenza. Tuttavia, l'espressione di Dante "Carlo tuo" sembra riferirsi a un rapporto coniugale. E' possibile che, in un certo modo, si fosse rivolto ad entrambe. Dice quindi che il loro parente beato, Carlo Martello, oltre ad aver detto quanto descritto nel precedente canto, gli ha profetizzato anche gli inganni che i suoi discendenti dovranno subire. E' probabile che Dante faccia riferimento all'usurpazione del regno di Napoli da parte del fratello di Carlo Martello, Roberto d'Angiò, ai danni del figlio Caroberto. Però Dante non dice nulla al riguardo, perchè Carlo Martello gli aveva raccomandato di tacere: consiglia di lasciare passare il tempo ("Taci e lascia muover li anni"), perchè tali azioni in futuro saranno punite da Dio. Alla fine delle sue parole, Carlo Martello d'Angiò torna a rivolgersi a Dio, il "Sol che la riempie / come quel ben ch’a ogne cosa è tanto" (cioè al Sole (Dio) che lo ricolma come quel bene che è più grande di qualunque cosa). Dante allora prorompe in una dura invettiva contro i cattivi cristiani, che si distolgono dai beni celesti per ricercare cose vane:

    Ahi anime ingannate e fatture empie, (Ahimè, anime fuorviate e creature malvagie,)...

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    Last Post by joe 7 il 16 Sep. 2023
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  6. DIVINA COMMEDIA DI NAGAI E DI DANTE: PARADISO, CANTO 8

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    Divina Commedia
    By joe 7 il 9 Sep. 2023
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    PARADISO CANTO 8 - TERZO CIELO DI VENERE - SPIRITI AMANTI: CARLO MARTELLO D'ANGIO'
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    Dante-Carlo-d-Angi-Martello
    Dante e Beatrice incontrano Carlo Martello d'Angiò (non c'entra nulla col Carlo Martello vincitore dei musulmani a Poitiers).



    Dante interrompe un momento la narrazione, spiegando che il mondo pagano credeva - a suo rischio - che la dea Venere (detta "la bella ciprigna", perché nata dalle acque del mare intorno all'isola di Cipro) diffondesse, dal pianeta che porta il suo nome, la tendenza all'amore sensuale: "folle amore", lo chiama Dante. Infatti, più che amore, si trattava solo di passione erotica, al passaggio da un letto all'altro, senza amore vero, ma giustificato per "l'influsso di una dea", e favorendo così la degradazione umana. Infatti non si possono fare cose simili in totale libertà senza alla fine degradarsi, sia nell'anima che nel corpo. Lo si vede oggi infatti nel luridume della pornografia in rete e nei fumetti, soprattutto i manga giapponesi, assai pieni di perversioni sessuali. Tutte cose che oggi sono assai in voga e sbandierati come normalità nei mass media: LGBT, omosessualità, gender eccetera.

    Quindi gli antichi, nel loro errore, adoravano non solo Venere, ma anche sua madre Dione1 e il figlio Cupido2, raccontando che lui si era seduto in grembo a Didone.3 I pagani identificavano quindi come Venere proprio "la stella / che 'l sol vagheggia or da coppa or da ciglio", cioè la stella che il Sole corteggia ora da dietro, ora di fronte, a seconda del fatto che Venere sia mattutino (quindi compare prima del Sole) o vespertino (quindi compare alla sera dopo il Sole). Questo non avviene nello stesso giorno, ovviamente, ma in diversi momenti dell'anno.

    Dante non si è accorto di essere asceso al Terzo Cielo di Venere: però lo comprende quando vede che la bellezza di Beatrice è diventata ancora maggiore di prima. Più lei si avvicina a Dio, più diventa bella e luminosa. Dante, in tutta quella luce dei Terzo Cielo, vede delle luci che ruotano in cerchio più o meno veloci, simili a faville che si distinguono nella fiamma, oppure a una voce modulante che si sente insieme a una voce ferma. Sono gli ...

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    Last Post by joe 7 il 9 Sep. 2023
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  7. DIVINA COMMEDIA DI NAGAI E DI DANTE: PARADISO, CANTO 7

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    Divina Commedia
    By joe 7 il 2 Sep. 2023
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    PARADISO CANTO 7 - SECONDO CIELO DI MERCURIO - LA CROCIFISSIONE DI CRISTO
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    Crocifissione
    Beatrice mostra a Dante Adamo ed Eva, scacciati dal Paradiso, e la riparazione con la nascita, morte e risurrezione di Gesù.



    GIUSTINIANO SI ALLONTANA

    Siamo sempre nel Paradiso, nel Secondo Cielo di Mercurio, dove ci sono gli Spiriti operanti per la gloria terrena. Dante ha appena parlato con l'imperatore Giustiniano, dell'Impero Romano d'Oriente. Alla fine del suo discorso, Giustiniano intona un canto in cui inneggia a Dio, Signore degli eserciti, che illumina gli spiriti di questo Cielo:

    "Osanna, sanctus Deus sabaòth, ("Osanna, o santo Dio degli eserciti,)
    superillustrans claritate tua (che illumini dall'alto con la tua luce)
    felices ignes horum malacòth!". (i beati fuochi di questi regni!")

    "Sabaoth" è un termine ebraico e significa "degli eserciti": appunto "Dio degli eserciti". Oggi il termine è visto come troppo "aggressivo" ed è stato sostituito nella Messa con "Dio dell'Universo". Malacòth è un altro termine ebraico che significa "dei regni": l'originale è "mamlacoth", che Dante ha alterato per farlo "adattare" al poema. Superillustrans, cioè "che illumini dall'alto", è una creazione di Dante: il latino ha solo superillustris, cioè "illustrissimo". Questo canto è un'invenzione dantesca: "Osanna sanctus Deus" riecheggia il Sanctus della Messa, che oggi è detto in italiano, e cioè:

    "Santo, santo, santo il Signore Dio dell’universo;
    i cieli e la terra sono pieni della tua gloria.
    Osanna, osanna nell’alto dei cieli.
    Benedetto colui che viene nel nome del Signore....

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    Last Post by joe 7 il 3 Sep. 2023
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  8. DIVINA COMMEDIA DI NAGAI E DI DANTE: PARADISO, CANTO 6 (seconda parte)

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    Divina Commedia
    By joe 7 il 1 July 2023
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    PARADISO CANTO 6 (seconda parte) - SECONDO CIELO DI MERCURIO - SPIRITI OPERANTI PER LA GLORIA TERRENA: L'IMPERATORE GIUSTINIANO E LA TEOLOGIA DELLA STORIA; ROMEO DI VILLANOVA
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    Giustiniano-Teodora
    Il famoso mosaico di Ravenna che rappresenta l'Imperatore Giustiniano e l'imperatrice Teodora.


    GIULIO CESARE

    Giustiniano continua a raccontare a Dante la storia di Roma, o meglio dell'Aquila Imperiale, cioè l'autorità dell'Impero in terra, che passa lungo i secoli. Nel periodo vicino alla nascita di Cristo, per preparare la Sua venuta il Cielo, cioè Dio, volle che il mondo fosse in pace: per questo, l'Aquila Imperiale venne presa in mano da Giulio Cesare. Ecco le parole di Giustiniano al riguardo:

    Poi, presso al tempo che tutto ’l ciel volle (Poi, quando fu vicino il tempo in cui il Cielo volle)
    redur lo mondo a suo modo sereno, (far diventare tutto il mondo sereno a sua immagine (per la nascita di Cristo),
    Cesare per voler di Roma il tolle. (Cesare assunse il segno dell'aquila per volere di Roma.)

    Cesare realizzò straordinarie imprese in Gallia lungo i fiumi Varo, Reno, Isère, Loira, Senna, Rodano:

    E quel che fé da Varo infino a Reno, (E ciò che esso (l'Aquila Imperiale, con Cesare) fece dal fiume Varo fino al fiume Reno,)
    Isara vide ed Era e vide Senna (lo videro l'Isère, la Loira, la Senna)
    e ogne valle onde Rodano è pieno. (e ogni valle di cui è pieno il Rodano)

    I fiumi citati sono tutti della Gallia e videro le imprese di Cesare. Il Varo (fiume a est de...

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    Last Post by joe 7 il 2 July 2023
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  9. DIVINA COMMEDIA DI NAGAI E DI DANTE: PARADISO, CANTO 6 (prima parte)

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    Divina Commedia
    By joe 7 il 24 June 2023
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    PARADISO CANTO 6 (prima parte) - SECONDO CIELO DI MERCURIO - SPIRITI OPERANTI PER LA GLORIA TERRENA: L'IMPERATORE GIUSTINIANO E LA STORIA DI ROMA
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    Giustiniano-e-Teodora
    L'Imperatore Giustiniano e l'Imperatrice Teodora1, con in mano il "Corpus Iuris Civilis".


    LA FONDAZIONE DI COSTANTINOPOLI

    Dante arriva al Cielo di Mercurio, il Secondo Cielo, insieme a Beatrice: lì si trovano coloro che hanno operato bene, ma lo fecero anche per desiderio di gloria. Dante, nel Canto precedente, aveva chiesto all'anima beata di Giustiniano chi sia lui e perchè si trova in questo Secondo Cielo: è forse riservato ad un gruppo particolare di anime come la sua, come ha raccontato Piccarda Donati? Giustiniano risponde, volendo parlare prima di tutto dell'Impero, che una volta lui rappresentava. Quindi inizia subito con Costantino, che spostò l'Aquila Imperiale (cioè la Capitale dell'Impero, e quindi la sua autorità) da Roma a Costantinopoli nel 330.

    "Poscia che Costantin l’aquila volse ("Dopo che Costantino portò l'aquila imperiale)
    contr’al corso del ciel" (contro il corso del cielo" (cioè da Occidente a Oriente)

    Infatti, l'Impero Romano, ai tempi dell'Imperatore Costantino, aveva raggiunto la sua massima espansione e Roma era troppo distante per poter gestire la sua autorità. Di conseguenza, nel 330 Costantino scelse come nuova capitale dell'Impero la città di Bisanzio, a causa della sua posizione geografica: infatti, Bisanzio era al centro di eccellenti vie di comunicazione, sia terrestri che marine, verso i principali centri dell'impero; inoltre, dominava gli stretti strategici del Bosforo e dei Dardanelli, permettendo sia il controllo del Mediterraneo che del Mar Nero. Costantino la chiamò Nuova Roma, ma ben presto la città fu chiamata semplicemente Costantinopoli, la "città di Costantino": forse perchè di Roma ce n'è una sola. Successivamente, Costantinopoli mantenne il suo nome anche dopo che fu invasa dai Turchi nel 1453 e divenne la nuova capitale dell'Impero Ottomano, che fu sconfitto dopo la I Guerra Mondiale e decadde nel 1922. Nel 1923 fu fondata la repubblica di Turchia: la capitale fu trasferita da Costantinopoli ad Ankara e nel 1930 Costantinopoli fu chiamata ufficialmente Istanbul, che significa "nella Città".

    Tornando a Giustiniano, questi osserva che Costantino andò contro il normale sviluppo che sempre aveva seguito la civiltà, cioè dall'Oriente all'Occidente (tutta la civiltà, infatti, ha sempre seguito nei secoli il "corso del sole", da Est a Ovest: dai Fenici, agli Egiziani, a Roma, alla Spagna, all'America e così via). Infatti, prima, l'Aquila Imperiale aveva viaggiato da Est, cioè dalla Troade (penisola della Turchia dove si trovano le rovine di Troia), insieme a Enea, fino a Ovest, nel Lazio, dove Enea sposò Lavinia e fondò Roma. Con Costantino, l'Aquila Imperiale ("l’uccel di Dio" la chiama Giustiniano) tornò da dove era partita (infatti Costantinopoli era vicina all'antica Troia), e ci rimase per duecento anni, lì nell'estremità dell'Europa ("ne lo stremo d’Europa si ritenne"), da un Imperatore all'altro, fino a quando giunse nelle mani di Giustiniano (infatti divenne imperatore nel 527, proprio duecento anni dopo il trasferimento della capitale da Roma a Costantinopoli).

    GIUSTINIANO SI PRESENTA

    E a questo punto Giustiniano rivela il suo nome a Dante, insieme a quello che fece sotto l'ispirazione dello Spirito Santo, cioè l'emanazione del Corpus Iuris Civilis, una compilazione omogenea della legge romana, che è tutt'oggi alla base del diritto civile, l'ordinamento giuridico più diffuso al mondo:

    Cesare fui e son Iustiniano, (Fui imperatore romano e mi chiamo Giustiniano)
    che, per voler del primo amor ch’i’ sento, (sono colui che, ispirato dallo Spirito Santo (definito da Giustiniano "Primo Amor")
    d’entro le leggi trassi il troppo e ‘l vano. (eliminai dalle leggi ciò che era superfluo e ciò che era inutile (cioè, perfezionò la legge romana)

    Prima di dedicarsi a tale opera, egli però aveva aderito all'eresia monofisita, credendo che in Cristo vi fosse solo la natura divina2. Però Papa Agapito lo aveva ricondotto alla vera fede3 e a quella verità che, adesso, egli contempla in Dio, "come tu vedi che in un giudizio contraddittorio c'è una frase vera e una falsa", spiega Giustiniano a Dante. Cioè l'errore del monofisismo e la verità della fede cristiana qui gli appare evidentissima. Non appena l'imperatore tornò alla vera fede, Dio gli ispirò l'alta opera legislativa (il Corpus Iuris Civilis) e si dedicò tutto ad essa, affidando le spedizioni militari al generale Belisario4, che ebbe il favore del Cielo nelle sue guerre contro i barbari. Col Corpus, Giustiniano raccolse e semplificò l'immensa legislazione romana, con un codice che è tuttora alle origini del nostro diritto. Con un efficace chiasmo ("Cesare fui e son Iustiniano") l’Imperatore sottolinea che nell’eternità non contano le cariche che abbiamo ricoperto in vita: un imperatore può trovarsi all’Inferno, come Federico II, o in Paradiso, e in maniera analoga può accadere a papi, cardinali, vescovi. Saremo nell’aldilà senza maschere, mansioni, cariche, ricchezze, nudi solo con la nostra anima e con l’amore con il quale abbiamo risposto all’amore di Dio.

    Giustinianook
    Papa Agapito fa comprendere a Giustiniano gli errori dei monofisiti.


    GIUSTINIANO: ENEA FONDA ROMA

    Fin qui, Giustiniano avrebbe risposto alla prima domanda di Dante, ma la sua risposta lo obbliga a far seguire un'aggiunta, affinché il poeta si renda conto quanto sbagliano coloro che si oppongono al simbolo sacro dell'aquila (i Guelfi) e coloro che se ne appropriano per i loro fini (i Ghibellini). Ci torneremo più avanti. Il Simbolo Imperiale, continua Giustiniano, è degno del massimo rispetto, e ciò è iniziato dal primo momento in cui Pallante morì eroicamente per assicurare la vittoria di Enea. Infatti, Pallante, amico di Enea, combatté contro Turno, re dei Rutuli: pur mostrando grande valore, fu ucciso da Turno e fu il primo a morire perchè venisse edificato l'Impero Romano, voluto dalla Provvidenza Divina.

    ALBA LONGA, GLI ORAZI E I CURIAZI

    Giustiniano ripercorre le vicende storiche dell'Aquila Imperiale:

    Tu sai ch’el fece in Alba sua dimora (Tu (Dante) sai che esso (il simbolo dell'Aquila Imperiale) dimorò ad Alba Longa,)
    per trecento anni e oltre, (infino al fine più di trecento anni fino al momento)
    che i tre a’ tre pugnar per lui ancora. (in cui Orazi e Curiazi lottarono ancora per lui.)

    Cioè: l'Aquila Imperiale dimorò per trecento anni in Alba Longa: infatti era stata la città fondata da Ascanio, figlio di Enea. Da Ascanio discese la dinastia dei Re Albani, fino a giungere ai re Numitore e Amulio: Numitore avrebbe dovuto essere il re, ma il fratello minore Amulio lo spodestò dal trono e costrinse Rea Silvia, la figlia di Numitore (e quindi sua nipote) a non avere figli, che potrebbero minacciare il suo possesso del trono. Infatti, la obbligò ad essere vestale, cioè sacerdotessa della dea Vesta, deputata alla verginità. Ma lo stesso dio Marte rese incinta Rea Silvia, che partorì i fratelli Romolo e Remo: furono abbandonati nel bosco da Amulio, ma una lupa li allattò. Diventati grandi, Romolo e Remo scacciarono Amulio dal trono e ci misero il loro zio Numitore. Per ringraziarli, Numitore permise a Romolo e Remo di fondare una loro città, appunto Roma. Col crescere della potenza di Roma sotto il re Tullo Ostilio, le due città vennero a contrasto. Su proposta del re di Alba Longa, Mezio Fufezio, la contesa fu decisa da una disfida fra tre fratelli romani, gli Orazi, e tre fratelli di Alba Longa, i Curiazi, disfida vinta dai campioni romani. In seguito, Alba Longa fu distrutta dai Romani e non fu mai più ricostruita. I suoi abitanti furono trasferiti a Roma e si insediarono sul Celio, andando a ingrandire così la stessa Urbe.

    Lupa-capitolina
    La Lupa Capitolina, simbolo di Roma, con Romolo e Remo.


    LA FINE DEL REGNO DI ROMA E L'INIZIO DELLA REPUBBLICA

    Seguì poi il ratto delle Sabine e l'oltraggio a Lucrezia che causò la cacciata dei re di Roma e le prime vittorie contro i popoli vicini a Roma.

    E sai ch’el fé dal mal de le Sabine (E sai cosa fece (il simbolo dell'Aquila) dal ratto delle Sabine)
    al dolor di Lucrezia in sette regi, (fino all'oltraggio a Lucrezia, all'epoca dei sette re di Roma,)
    vincendo intorno le genti vicine. (vincendo i popoli circonvicini.)

    Infatti, Romolo, dopo aver fondato Roma, si era reso conto che le donne in città erano poche. Si rivolse alle popolazioni vicine per stringere alleanze e ottenere delle donne con cui procreare e popolare la nuova città. Al rifiuto dei vicini, rispose con l'inganno: organizzò un grande spettacolo per attirare gli abitanti della regione, soprattutto Sabini, e rapire le loro donne: appunto il "ratto delle Sabine". Ci fu guerra coi popoli circostanti, che volevano riavere le loro donne, ma alla fine furono le stesse Sabine a volere la pace e ad accettare il matrimonio coi Romani. Successivamente, Roma ebbe sette re, fino a Tarquinio il Superbo: suo figlio Sesto Tarquinio, invaghitosi della matrona Lucrezia, che era sposata, la violentò. Lucrezia, successivamente, si suicidò davanti ai suoi parenti per riparare al disonore. Avvenne poi una rivolta che fece scacciare Sesto Tarquinio e il re: da allora nacque la Repubblica Romana, che iniziò la conquista della penisola italica.

    LE GUERRE CONTRO BRENNO E I POPOLI ITALICI

    In seguito, i Romani portarono l'Aquila Imperiale contro i Galli di Brenno, contro Pirro e contro altri popoli italici: guerre che diedero gloria a Torquato, a Quinzio Cincinnato, ai Deci e ai Fabi.

    Sai quel ch’el fé portato da li egregi (Sai che cosa fece (il simbolo dell'Aquila Imperiale), portato dai nobili)
    Romani incontro a Brenno, incontro a Pirro, (Romani contro Brenno e Pirro,)
    incontro a li altri principi e collegi; (e contro altre repubbliche e monarchi dell'Italia;)

    onde Torquato e Quinzio, che dal cirro (per cui Torquato e Quinzio Cincinnato, che fu detto così)
    negletto fu nomato, i Deci e ‘ Fabi (per la chioma trascurata, nonché Deci e Fabi)
    ebber la fama che volontier mirro. (ebbero la fama che io volentieri onoro.)

    Brenno, capo dei Galli, mise a ferro e fuoco Roma, ma fu respinto alla fine dal condottiero Furio Camillo. Famosa è la frase di Brenno, che mostra la sua spietatezza: "Vae victis!" cioè "Guai ai vinti!" Quando i Romani proposero di dare a Brenno dell'oro perchè non distrugga Roma, Furio Camillo rispose: "Non con l'oro, ma col ferro si riscatta la patria!"

    Nuova-immagine
    Furio Camillo mette la sua spada sulla bilancia, sottolineando la sua frase.


    Pirro, re dell'Epiro (una regione tra l'Albania e la Grecia), attaccò Roma. Nel primo scontro, tuttavia, il suo esercito subì perdite così gravi da dare luogo al detto popolare "vittoria di Pirro", cioè una vittoria che costa più al vincitore che al vinto. Nel 257, Pirro fu sconfitto dal console Curio Dentato nei pressi di Malevento, che da allora prese il nome di Benevento. Costretto a rientrare in Epiro, Pirro fu poi ucciso in una campagna contro Sparta. Essendo stato un crudele dittatore, Dante lo mette nell'Inferno tra i Violenti contro il prossimo (Assassini e Tiranni): è completamente immerso nel fiume bollente di sangue Flegetonte (Primo Girone del Settimo Cerchio; Canto XII dell'Inferno). Torquato e Quinzio furono due famosi condottieri romani. Tito Manlio Torquato fu vincitore dei Galli e dei Latini e fu famoso per la sua severità: infatti, condannò a morte suo figlio, perchè aveva contravvenuto ai suoi ordini e aveva attaccato un manipolo di Latini. Lucio Quinzio Cincinnato fu nominato console e dittatore nella guerra contro gli Equi: ottenuta la vittoria, Cincinnato tornò ad occuparsi delle sue proprietà terriere, divenendo esempio di patriottismo e disinteresse verso il potere, inteso principalmente come servizio. Dante lo chiama qui "dal cirro negletto", cioè dalla chioma trascurata, come dovrebbe significare il nome "cincinnato": ma in latino il termine significa "riccioluto". Ciò non toglie che potesse avere davvero la chioma trascurata: "cirro" tra l'altro significa "ricciolo". I Deci e i Fabi furono delle famiglie romane che si distinsero per il loro eroismo contro le guerre di espansione di Roma: Publio Decio Mure, padre e figlio, vinsero i Sanniti e i Latini, morendo entrambi in battaglia. E gli uomini della famiglia Fabia si distinsero nelle guerre contro i Veienti; il più noto membro della famiglia Fabia, Quinto Fabio Massimo, il Temporeggiatore, ricoprì il consolato cinque volte e, dopo la sconfitta al fiume Trasimeno contro Annibale, fu l'ispiratore di una singolare tattica di logoramento contro il generale cartaginese che, sebbene lunga e contrastata, portò alla vittoria finale nella seconda guerra punica.

    ANNIBALE E LA SECONDA GUERRA PUNICA

    Annibale-2
    La tremenda discesa lungo le Alpi con gli elefanti.


    L'Aquila Imperiale poi sbaragliò i Cartaginesi che passarono le Alpi al seguito di Annibale, là dove nasce il fiume Po; sotto le insegne imperiali conobbero i loro primi trionfi Scipione e Pompeo, e l'aquila parve amara al colle di Fiesole, sotto il quale nacque Dante.

    Esso atterrò l’orgoglio de li Aràbi (Esso (il simbolo dell'Aquila) abbatté l'orgoglio dei Cartaginesi)
    che di retro ad Annibale passaro (che al seguito di Annibale passarono)
    l’alpestre rocce, Po, di che tu labi. (le Alpi, dalle quali tu, o fiume Po, discendi.)

    Sott’esso giovanetti triunfaro (Sotto di esso trionfarono, da giovani,)
    Scipione e Pompeo; e a quel colle (Scipione e Pompeo; e a quel colle (Fiesole)
    sotto ’l qual tu nascesti parve amaro. (sotto il quale tu (Dante) sei nato parve amaro.)

    Dante qui descrive in poche battute tutta la Seconda Guerra Punica, che avvenne tra Roma e Cartagine per il predominio del mondo intero allora conosciuto. Il condottiero cartaginese Annibale Barca invase la Spagna occupando la città di Sagunto, alleata di Roma, provocando così la Seconda Guerra Punica. Varcò le Alpi con le sue schiere di armati e i suoi elefanti: vinse ripetutamente i Romani fino alla battaglia campale di Canne, dove Roma conobbe la disfatta (216 a.C). Quinto Fabio Massimo, il Temporeggiatore, cercò di attaccare Annibale con tattiche logoranti, dando tempo al condottiero Publio Cornelio Scipione di attaccare direttamente Cartagine, sconfiggendo Asdrubale, il fratello di Annibale. Quest'ultimo fu costretto così a tornare a Cartagine e affrontare Scipione: ma fu sconfitto nella battaglia di Zama, vicino a Cartagine, in Africa. Questa vittoria valse a Scipione il soprannome di Africano. Annibale scelse l'esilio da Cartagine: inseguito dai romani, si suicidò a Lybissa (oggi Gebze), in Turchia, vicino a Bisanzio. Dante cita anche Pompeo: non per le sue vittorie contro i Cartaginesi (Pompeo visse dopo questi fatti), ma sempre per "aver portato l'Aquila Imperiale" nelle sue battaglie contro Mitridate e nella sua conquista della Spagna. Inoltre, Dante chiama i Cartaginesi "Arabi" come richiamo al pericolo costante dei Musulmani in Africa, che avevano preso il posto dei Cartaginesi, e, come loro, minacciavano la civiltà cristiana. Fiesole è un comune toscano, vicino a Firenze, di origini etrusche. Durante la guerra con Catilina, fu distrutta dai Romani e al suo posto Giulio Cesare fondò Firenze. La cosa è citata anche nell'Inferno dal dannato Brunetto Latini, nel girone degli Omosessuali o Violenti contro Natura (Inferno, Canto XV). A causa della sua ribellione contro l'Aquila Imperiale, Dante chiamò "amaro" il colle di Fiesole.

    Annibale
    Annibale, nel suo accampamento in marcia verso Roma, riceve la testa del fratello Asdrubale, che gli manda Scipione. In questo modo, Annibale capisce che Cartagine è assediata.



    BIBLIOGRAFIA

    https://divinacommedia.weebly.com/paradiso-canto-vi.html

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    1 Teodora: Basilissa e moglie di Giustiniano, non compare nè è citata nella Divina Commedia, probabilmente perchè aveva sostenuto l'eresia monofisita: Dante comunque non la colloca in nessuno dei Tre Regni. Di origini umili e dalla giovinezza dissoluta, ad un certo punto cambiò vita e conobbe il nuovo console Giustiniano. I due si sposarono e Giustiniano divenne poi Imperatore (Basileo) di Bisanzio e Teodora divenne imperatrice, cioè Basilissa. Seppe governare insieme a Giustiniano, nonostante parteggiasse per i monofisiti (Giustiniano era cattolico). Famosa è la scena del suo coraggio davanti a Giustiniano durante la rivolta di Nika (così detta dal motto dei ribelli, Nika, cioè "vinci"): nel 532 Costantinopoli brucia, a causa dei rivoltosi di fazioni avverse all'Imperatore (detti Verdi e Azzurri), chiedendone la deposizione e, al suo posto, l’ascesa al trono del senatore Flavio Ipazio. Sembra che sia giunta la fine di Giustiniano: infatti, l’imperatore tentenna e discute con il consiglio i particolari della resa e della fuga. Ma Teodora interviene, dicendo al marito di non fuggire da codardo: lei è pronta a morire da imperatrice. Se il marito vuole andarsene, lei rimarrà a Costantinopoli per andare incontro al proprio destino. Gli ricorda che «il trono è un glorioso sepolcro e la porpora il più bel sudario». Giustiniano, colpito dalla fermezza di Teodora, desiste dai propositi di fuga: in poco tempo viene organizzata la reazione imperiale. I generali Narsete e Belisario soffocano nel sangue la rivolta e Flavio Ipazio e i suoi più stretti sostenitori sono messi a morte.

    giustiniano1
    Teodora dice a Giustiniano di non fuggire.



    2 Monofisiti: eresia fondata dal monaco bizantino Eutiche, che sostiene che la natura umana di Gesù era assorbita da quella divina: quindi in lui era presente solo la natura divina e non quella umana. Quindi era umano solo in apparenza. In questo modo, però, si nega l'Incarnazione, cioè che Dio si è fatto uomo, e quindi si nega la salvezza dell'uomo, anima e corpo. Solo un Dio che si fa uomo, che si fa vera carne, e che quindi ha anche una natura umana vera, come hanno tutti gli uomini, può davvero salvare l'uomo, sia nell'anima che nel corpo.

    3 Agapito: fu papa nel 533-536. Si recò a Costantinopoli per trattare la pace tra i Goti e Giustiniano, e in quell'occasione convinse l'Imperatore del suo errore sul monofisismo.

    4 Belisario: fu il più abile dei generali di Giustiniano. Sconfisse i Vandali e i Goti nel nord Italia. Inoltre fondò l'Esarcato di Ravenna (un esarcato è un distretto amministrativo dell'Impero gestito da un vicerè, chiamato Esarca: in questo caso, Belisario). Tuttavia suscitò l'invidia della corte, che riuscì ad accusarlo di complotto contro l'Imperatore. Caduta presto l'accusa, Belisario fu riabilitato.

    (Continua qui)

    QUI TUTTI I LINK SULL'ANALISI SU DANTE

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    Last Post by joe 7 il 24 June 2023
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  10. DIVINA COMMEDIA DI NAGAI E DI DANTE: PARADISO, CANTO 5

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    Divina Commedia
    By joe 7 il 17 June 2023
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    PARADISO CANTO 5 - IL PROBLEMA DEI VOTI. PASSAGGIO AL SECONDO CIELO DI MERCURIO: SPIRITI OPERANTI PER LA GLORIA TERRENA. INCONTRO CON L'IMPERATORE GIUSTINIANO
    (primo post: qui; precedente post: qui)

    BEATRICE SPIEGA A DANTE IL VALORE DEL VOTO, O GIURAMENTO

    Giuramento
    Il giuramento è una cosa seria.


    Beatrice spiega a Dante che, se la sua luce lo abbaglia, questo non lo deve stupire, perchè lei vede nella mente di Dio e, immergendosi in Lui, il suo splendore aumenta sempre di più. Infatti Beatrice, a differenza di Dante, ha una perfetta visione di Dio - come tutti i beati, ciascuno secondo la loro completezza - cosa che diventa sempre più evidente a mano a mano che ci si avvicina a Lui. Beatrice vede comunque che nell'intelletto di Dante risplende ora la luce di Dio ("l'etterna luce"), la Verità, che richiama ancora più luce:

    l’etterna luce, / che, vista, sola e sempre amore accende (la luce eterna di Dio, che è la sola ad accendere il desiderio di essere sempre più conosciuta non appena viene vista)

    Beatrice si dice pronta a rispondere alla domanda di Dante circa la possibilità di riparare al voto inadempiuto (come quello di Piccarda Donati) attraverso le buone opere. Ma questo non è possibile.

    Per spiegare meglio il perchè, è necessario chiarire che Dio ha dato agli uomini e agli angeli, le uniche creature dotate di intelletto, il dono più prezioso che ci sia: la libertà di scelta, o libera volontà. Ci sono tutte le altre religioni che negano questa libertà, però sbagliano: l'uomo - e con lui gli angeli - sono stati creati completamente liberi. In particolare l'uomo, che è stato creato ad immagine e somiglianza di Dio, ha la libera volontà, come ce l'ha Dio. Questo chiarisce quindi l'importanza del voto, perchè con esso si sacrifica appunto - e lo si fa liberamente - la propria libera volontà.

    E' chiaro che il voto deve essere gradito a Dio (non si può fare il voto di un'azione malvagia, tipo "giuro che ammazzerò tizio") e abbia il consenso di chi lo fa.
    ...

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    Last Post by joe 7 il 17 June 2023
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